La maternità surrogata oggi: strumento di procreazione democratico o sfruttamento del corpo femminile?
Con l’espressione Maternità surrogata o Gravidanza per altri (Gpa) si intende il processo in cui una donna si fa carico della gestazione della prole di un’altra persona o di una coppia, consegnandola a quest’ultimi una volta partorito.
Tale pratica si declina in due modalità: la prima, definita altruistica riserva questa possibilità solo ai conoscenti della gestante e senza retribuzione di quest’ultima; la seconda definita retribuita o lucrativa prevede invece un guadagno da parte della gestante.
Spesso si ricorre a questa pratica a causa della sterilità di uno dei due partner, ma a questo si aggiungono pratiche perverse in cui i genitori scelgono il figlio che preferiscono, dando adito alle dinamiche commerciali di qualsiasi altra merce e mercato.
La questione è molto complessa sotto un punto di vista giuridico e biogiuridico, quello etico e bioetico.
In questo sistema le donne non sono considerate persone, ma alla stregua di animali da allevamento intensivo, che valgono per quanto producono: i figli non sono altro che la loro merce, il loro ultimo prodotto risultato di un processo meccanico ed eterodiretto.
Oltre ad analisi etiche e psicologiche del fenomeno è necessario porre l’attenzione anche sulle dinamiche legislative che sottendono a tale pratica. Ogni paese regolamenta ciò in modo diverso e questo crea non poche difficoltà al bambino, nel caso in cui la madre surrogata e i genitori richiedenti si trovino in due paesi diversi. Infatti, non venendogli forniti dei documenti nel paese in cui è stato concepito e non essendo riconosciuto dalla madre genetica, il paese in cui viene accolto non gli concede la cittadinanza.
È noto il caso Manji, bambino commissionato da una coppia giapponese ad una madre surrogata indiana e nato nel 2008 mentre i genitori richiedenti stavano divorziando. Si è subito creata una conflittualità tra le varie parti, che è stata risolta a danno del bambino che è stato affidato alla nonna paterna di 74 anni e che di fatto non ha dei genitori.
Come già detto, la legislazione sull’argomento cambia di paese in paese.
In India tale pratica inizialmente non era regolamentata, non esistevano leggi né registri che ne individuassero i limiti e tutelassero in qualche modo le donne che si prestavano a questo servizio, ma nel 2016, con la legge Surrogacy Regulation Bill, si è tentata una regolamentazione della pratica, decidendo che una donna potesse prestarsi a tale servizio solo in termini altruistici, quindi senza essere retribuita, a beneficio di amici e conoscenti e solo per una volta. Oltre a ciò il ricorso a questa pratica è stato impedito a omosessuali, single e stranieri.
La mancanza di una regolamentazione pregressa, e di un registro che annotasse le gestazioni avvenute nel paese, ha però reso difficile l’attuazione di tali provvedimenti. Alcuni sostengono che non vi sia una reale differenza tra i due tipi di pratiche, in quanto anche in quella altruistica le donne che si prestano vengono sempre retribuite con un rimborso spese.
Tale legge però ha tentato di arginare un sistema di sfruttamento del corpo femminile originato soprattutto dalle condizioni di indigenza in cui si trovano le donne indiane che vi si prestano. Queste donne infatti, in cambio del benessere economico, mettono a repentaglio la propria salute sottoponendosi a una continua sollecitazione dei propri organi riproduttori.
In Israele è legale solo la maternità surrogato di tipo altruistico ma la gestante deve essere della stessa religione dei futuri genitori, non deve avere avuto più di un figlio e che non sia nato con un parto cesareo.
Nel Regno Unito la forma retribuita non è legale al contrario di quella altruista che è stata legalizzata nel 1985 con il Surrogacy Arrangmements Act.
In Russia sono legali entrambe le forme ma solo per le coppie eterosessuali e il costo oscilla tra i 60000 e gli 800000 euro.
Negli Stati Uniti la pratica è legale solo in otto stati federali, primo fra tutti la California. La maternità surrogata americana è molto richiesta e allo stesso tempo molto dispendiosa, arrivando a costare tra i 90mila e i 150mila dollari. Tra i primi paesi acquirenti vi è la Cina, dove la pratica è invece illegale: dato lo sviluppo economico del paese e la fine della politica del figlio unico, gli abitanti possono permettersi di pagare cifre ingenti di denaro per avere più figli e, inoltre, è considerato prestigioso che la madre surrogata sia di nazionalità americana.
Oltre a prediligere il servizio americano, nel paese si è sviluppato anche un mercato nero online e la ricerca della madre surrogata parte proprio da offerte sui social networks che gli acquirenti scorrono in cerca del pacchetto più adeguato alle loro esigenze.
In Ucraina la maternità surrogata è accessibile ad un prezzo concorrenziale rispetto agli Stati Uniti, oscillando infatti tra i 30000 e i 700000 dollari, motivo per cui gli italiani interessati alla maternità surrogata vi fanno ricorso.
Nel nostro paese il divieto della pratica è stato confermato nel 2017 dalla Corte Costituzionale, ma questo non impedisce agli italiani di usufruire di questa pratica all’estero, incorrendo poi nei difficili processi di riconoscimento del figlio.
Tuttavia è recente il caso di Maria Sole Giardini – donna nata senza utero perché affetta dalla sindrome di Rokitanskj – che si appoggia all’associazione Luca Coscioni (che tutelò il suicidio assistito di dj Fabo), per richiedere di poter servirsi della Gpa per avere un figlio; esso configurerebbe come caso unico che però avrebbe anche la funzione di mettere in discussione l’attuale proibizione della pratica.
Oltre ad essere una dinamica lesiva nei confronti della dignità della donna, questo fenomeno è divenuto anche simbolo della manifestazione della spersonalizzazione e della meccanizzazione della madre genetica e del figlio, che vengono considerati come un contenitore ed un contenuto privi di diritti.
Chiara Celeste Nardoianni
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