Non chiamateli Rasta! Storia di religione e di (ri)appropriazione
Corrente religiosa di discendenza ebreo-cristiana, associata dai più alla musica del cantante Bob Marley, il Rastafarianesimo sostiene la necessità dei popoli neri di affrancarsi dalla secolare dominazione dei bianchi per creare una società giusta e libera nei territori africani.
Questa religione affonda le sue radici nell’Etiopismo, un movimento nazionalista del primo Novecento che aveva lo scopo di riunire ed emancipare – politicamente, spiritualmente e culturalmente – tutte le popolazioni nere sotto la monarchia etiope.
Fu il sindacalista Marcus Garvey a diffondere in Giamaica la dottrina della Bibbia amarica secondo cui un re africano, incarnazione del Cristo, avrebbe posto fine al colonialismo, estirpato il male e permesso il rientro della sua gente dispersa secoli prima con la Diaspora Nera.
E in seguito al 1930, con l’incoronazione a imperatore di Etiopia di ras Tafari Maconnèn (da qui il termine rastafarianesimo), rinominato Hailé Selassié I, i neri giamaicani videro nel Principe Temibile la nuova incarnazione di Gesù Cristo e nello stesso Marcus Garvey un odierno Giovanni Battista.
I precetti seguiti dai rastafariani si presentano come una fusione sincretica di principi biblici e cultura caraibica: il rispetto dei Comandamenti; l’opposizione alla corruzione di Babilonia, la città schiava del denaro; il consumo di marijuana, erba divina, ritenuto un vero e proprio sacramento che aiuta a curare le malattie e a comunicare con Dio; l’adozione di una dieta vegetariana e il divieto di radersi barba o capelli fino all’ottenimento della liberazione spirituale e del ritorno in Africa.
È da quest’ultimo veto che deriva la nota acconciatura a ciocche di capelli annodate definite dreadlocks o, erroneamente, rasta. L’uso di questi termini per indicare un tipo di pettinatura come fosse una semplice moda è, infatti, profondamente sbagliato e rispecchia, purtroppo, la tendenza assai diffusa da parte dei bianchi ad appropriarsi di elementi appartenenti alle religioni o alle culture altrui. Quella dei dreadlocks è una pratica religiosa a tutti gli effetti, che comporta la consacrazione del proprio capo e l’astensione dalla cura della capigliatura, e va trattata dunque con dignità e rispetto.
Claudia Moschetti
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