L’ombelico di Bologna
Ogni città ha il suo fulcro e quello di Bologna, senza dubbio, è piazza Giuseppe Verdi.
Situata nel cuore di via Zamboni, l’arteria universitaria della città che conta una platea di ottantamila studenti iscritti all’Alma Mater, la piazza è un calderone di storie e situazioni.
Non a caso, quest’anno è stata scelta come ambientazione dei lavori degli studenti del corso di regia cinematografica del CITEM (Laurea Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale). Il motivo della scelta è semplice: piazza Verdi rappresenta un passaggio obbligato per ogni studente. Essa non è solo uno spazio fisico, ma quasi spirituale, una “Mecca” per chiunque studi all’università del capoluogo emiliano. Da questa descrizione potrebbe apparire come un luogo edenico, in realtà è l’esatto opposto: è più un incrocio tra un buco nero e la Stanza dello Spirito e del Tempo di Dragon Ball. Basta un’ora lì seduti ad un tavolino o sulle panchine, oppure, come molti, a terra, per veder passare davanti a sé centinaia e centinaia di persone, ognuna con la propria vita, ognuna con la propria storia da leggere al primo sguardo: è come se la piazza smascherasse chi la attraversa, una sorta di Cascata del Ladro, quella che, in Harry Potter, lavava via tutti gli incantesimi usati da chi cercava di entrare e rubare alla Gringott.
Da un lato zona di spaccio, dall’altro punto di aggregazione di studenti che tracannano birre acquistate dai “pakistani” (generalizzazione socialmente accettata, ma, a mio vedere, scorretta e anche un filino razzista), da un altro ancora sede del Teatro Comunale di Bologna.
Così, c’è chi ha scelto di raccontare la storia di due ragazzi innamorati, chi di ambientarvi un reboot di Ladri di Biciclette e chi di narrare la tragicomica storia di un gruppo di studenti in cerca del proprio professore, come fosse un adattamento di Sei Personaggi in Cerca d’Autore. Il compito importante e centrale è far apparire la storia vera e il bello di quella piazza è proprio questo: le sue contraddizioni e il suo essere così grottesca, la rendono teatro perfetto di qualsiasi storia, senza correre il rischio di sembrare distante dal pubblico e di trasmettere un senso di finzione e forzatura.
Sospesa tra realtà e misticità, zona franca e ancora marcatamente rossa, dove vige un tacito accordo di “non belligeranza” tra il rettore e le organizzazioni studentesche che risiedono lì vicino, al 34 di via Zamboni (civico, per capirci, della facoltà di Filosofia di Umberto Eco), ogni studente che arriva a Bologna vivrà nel mito – o nell’incubo – di questo luogo per tutta la durata dei suoi studi.
Insomma, sia che la si veda in modo negativo o positivo, piazza Verdi non è assolutamente un posto che potrà risultare indifferente a chi passa per Bologna.
di Federico Mangione