Il curioso caso del topolino Benjamin Button
E se la lotta ancestrale contro il tempo, l’invecchiamento e indebolimento del corpo trovasse una soluzione proprio oggi, davanti ai nostri occhi?
È inevitabile: un giorno sei particolarmente stanco, quello dopo avverti uno strano dolore alla schiena… e prima che te ne possa rendere conto sei invecchiato, hai le zampe di gallina.
Non c’è soluzione! Nessun rimedio, nessuna costosissima crema al collagene, nessuna pietra filosofale. Flamel? Un impostore.
L’immunologa portoghese Joana Neves, invece, sa quello che fa. È lei l’alchimista definitiva.
Già nel 2017 Neves aveva ricevuto il plauso della comunità scientifica per un brillante studio condotto sul tessuto epiteliale dell’intestino, di cui aveva osservato le modalità di auto-riparazione. Ma è con uno studio del 2019 che Neves è riuscita in un’impresa quasi magica: indurre la rigenerazione di tessuti danneggiati dall’invecchiamento. Ma procediamo con ordine.
Lo studio muove dal modello della Drosophila, nome scientifico del comune moscerino della frutta, dalla cui osservazione Neves ha individuato la proteina che “innesca” il meccanismo della rigenerazione.
La proteina, chiamata MANF, non fa altro che comunicare alla cellula in cui si trova la “necessità” di moltiplicarsi, sostituendo con tante cellule nuove quelle danneggiate. Proteina e meccanismo sono comuni a tutte le specie, nelle quali si sono conservati immutati durante l’evoluzione, ma scompaiono spontaneamente dall’individuo in età avanzata.
Ora, grazie all’universalità della proteina, Neves ha potuto spostare l’esperimento dalla Drosophila al topo, che è un organismo più complesso e strutturalmente più simile all’uomo. Quindi, sfruttando la capacità delle cellule staminali di interagire con vari tessuti cellulari, l’immunologa e il suo team ne hanno selezionate alcune nelle quali fosse attiva la proteina e le hanno trapiantate nelle retine dei topi. Spinta dal desiderio di superare “gli ostacoli che limitano il successo delle terapie rigenerative nei pazienti anziani”, Neves è riuscita a rigenerare completamente la vista nei topi che ha curato, tutti divenuti ciechi a causa dell’invecchiamento dei tessuti oculari e retinici. Le lesioni della retina che affliggevano tutti gli esemplari si sono dissolte, lasciandola sana come quella di un topo giovane.
Questo sistema però, ci fa notare Neves, è molto limitato: funziona solo per riparare tessuti che si siano “naturalmente” degenerati, andando incontro ad invecchiamento, ma non sono efficaci contro altri tipi di lesioni o degenerazioni. La terapia, quando pronta, sarebbe dunque limitata ai soli anziani. È poca cosa?
Lo studio, pubblicato è vincitore di numerosi premi. In un’intervista per Science, Neves ha detto: “ho sempre voluto fare ricerche che potessero avere un impatto reale sulla vita delle persone […]. Noi lavoriamo con un obiettivo comune: migliori condizioni di salute per più persone.”
Sembra proprio che ci stia riuscendo. Le scoperte descritte potrebbero chiudere le più longeve scommesse della storia umana, potenzialmente risolvendo il dramma che unisce tutti gli uomini di tutte le epoche, lasciando intravedere un barlume lontano nel buio pesto che ci ha inevitabilmente circondati fino ad oggi. Da sempre, il ticchettio dell’orologio che ci portiamo dentro è un’ossessione senza rimedio. Qualcuno vi trova soluzione nel mondo immaginifico della narrativa, relegando il tempo e il terrore in un ritratto, come Oscar Wilde; qualcun altro accetta bonariamente il destino, come Epicuro, qualcun altro lo sopporta stoicamente, come Seneca. Ciò che è certo, è che non vi scampa nessuno. Tranne, forse, Joana Neves e i suoi topolini.
Maria Ascolese