Come i brand cambiano sotto i nostri occhi e non ce ne accorgiamo
Le grandi aziende che ci hanno da sempre abituati a marchi iconici, a determinati colori o forme riconoscibili ovunque nel mondo, arrivando addirittura a quella che secondo la sociologia viene definita la mcdonaldizzazione del mondo: un processo di omologazione e spersonalizzazione che con i suoi prodotti occupa un posto di primo piano nella cultura di massa e che trae ispirazione proprio dalla famosissima M gialla, simbolo del fast food più famoso al mondo.
Queste stesse enormi aziende stanno lentamente cambiando sotto i nostri occhi attraverso mutazioni del proprio branding, cioè di quelle caratteristiche che le differenziano dai loro competitors e che ne determinano gli aspetti chiave.
Il rebranding in cui sono coinvolte le multinazionali è il processo attraverso il quale riescono a fornire una nuova linfa vitale al proprio marchio, in modo che il rilancio sul mercato possa adeguarsi alla nuova brand image che si intende trasmettere ai consumatori.
In questo modo si aderisce alle tendenze consumistiche, ci si adatta dal punto di vista dei miglioramenti ecologici o etici, si seguono delle linee guida grazie alle quali i consensi possano restare invariati o addirittura possano accrescere nel corso degli anni.
È il caso proprio di Mc Donald’s che ha attuato uno dei rebranding più vistosi eppure più graduali, così da abituare la percezione del consumatore che ha quasi la sensazione di essere sempre stato accolto da questa location così salubre, passando dalla filosofia di fast food produttore di cibo-spazzatura a quella di un vero e proprio ristorante.
I colori cambiano, si passa dal rosso sgargiante e dagli arredi in plastica ad un bel verde abete corredato da elementi in legno chiaro per regalare la sensazione di essere immersi in un ambiente salutare, che offre anche nuove scelte alimentari. Infatti vengono inseriti elementi come insalate, frutta, piadine, il Filet – o- Fish che si allontana dai soli cheeseburger con fritture e si aggiunge una scelta di carni italiane a cui presta il volto uno degli chef più in voga sul piccolo schermo: Joe Bastianich.
Altro obiettivo che intende perseguire all’insegna del rispetto per l’ambiente è quello di rendere i packing sostenibili entro i prossimi anni.
E per fortuna niente più clown spaventoso ad accogliere i bambini all’ingresso.
In altri casi le aziende hanno puntato direttamente sul pittogramma, affidandosi all’immediata riconoscibilità del logo che funge da garanzia, ad esempio per Mastercard con l’incontro del cerchio rosso con quello giallo, promettendo qualcosa che va oltre il possedere una semplice carta o anche per la casa automobilistica tedesca Audi che a sua volta può fare a meno del mostrare il nome, sfruttando il logo minimal di quattro cerchi che si intrecciano tra loro.
Altri esempi possono essere legati alla leggibilità del marchio stesso ed è ciò che ha interessato soprattutto Ikea, Disney e Youtube o Google che hanno modificato i propri colori o il carattere delle lettere.
Proprio in questi giorni, molti avranno notato un cambio di logo nell’app di Amazon.
Dopo aver sostituito il carrellino che solitamente accompagnava i nostri acquisti, Amazon si è vista costretta ad un repentino cambio di logo poiché all’innovazione appena introdotta si lega una polemica mossa dagli utenti che riscontravano una somiglianza tra il logo stilizzato ed Adolf Hitler.
Infatti il pezzetto di scotch dentellato nella parte superiore con un po’ di immaginazione poteva assomigliare ai baffi del dittatore ed Amazon per evitare un accostamento simile lo ha immediatamente sostituito con un pezzo di nastro adesivo piegato, pronto per l’apertura il pacco. E soprattutto ben lontano da fraintendimenti.
E tu quali cambi di look hai notato nei tuoi brand preferiti?
Alessandra De Paola
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