Una cosa piccola ma buona: il Napoli Teatro Festival accoglie la Carver Country
Mario Perna, nella Sezione Osservatorio del NTF, porta in scena la banale tragedia del presente, la drammaticità del quotidiano e delle cose umane con il racconto di Raymond Carver, A small good thing, tratto dalla raccolta Cattedrale.
È il giorno del decimo compleanno di Samuele, ma lui è in un letto d’ospedale, in un sonno profondissimo che si fatica a definire coma. La scena, in pochi metri e qualche arredo, accoglie il soggiorno dei coniugi Bianchi, i genitori di Samuele, addobbato a festa e un piccolo laboratorio di pasticceria in cui da giorni è pronta una torta di compleanno con razzi e navicelle spaziali.
Eppure nelle allusioni, nei riferimenti, nelle telefonate che arrivano e che partono da un telefono rosso abitano altri personaggi, altri spazi, altre vicende. I tre personaggi che animano la scena (SIMONA FREDELLA, ANDREA PALLADINO, ALESSIO SORDILLO), si moltiplicano attraverso quel telefono: Samuele nel suo etto d’ospedale, i suoi medici e le sue infermiere, parenti, colleghi, amici e invitati ad un compleanno i cui non ci sono candeline da spegnere, qualche sconosciuto la cui tragedia, per un attimo, si è intrecciata con quella della famiglia Bianchi.
La trama è esile così come esili e scarni sono i dialoghi: ogni parola, ogni movimento, ogni reazione o espressione sono scientificamente studiate per narrare un evento, un’evoluzione, un epilogo, tutti quegli elementi che piano piano, nell’arco di 4 giorni, trasformano il compleanno di un bambino di 10 anni nella straziante tragedia che è la sua morte.
La morte di Samuele, a prescindere dalle circostanze in cui essa avvenga, dalle responsabilità, dai contorni della vicenda, è uguale alla morte di ogni figlio: un dolore immenso, un vuoto incolmabile che ha le sembianze di una condanna a vita.
La morte non ci riguarda, ci tocca solo ricordare.
È questa la condanna per chi sopravvive ai propri figli: il ricordo, l’assalto dei rimorsi, il tormento di ciò che si poteva evitare, di ciò che si poteva fare e non si è fatto. In questa dimensione vivranno i genitori di Samuele dalla sua morte in poi.
Una serie di interrogativi si aprono in scena e senza ottenere risposte: una coppia può reggere ad un dolore così grande? Un individuo può sopravvivere al ricatto meschino dei sensi di colpa? Il tempo può rimarginare une ferita così profonda?
Raymond Carver non ci dà risposte: il suo racconto è la fotografia di una tragedia che nulla ci restituisce se non il presente, che non dà elementi per comprendere il passato o conoscere il futuro.
I coniugi Bianchi, il pasticciere, lo stesso Samuele sono personaggi come i tanti che popolano la Carver Country, una realtà fatta di storie vere o verosimili, di tragedie umane e contemporanee.
Mangiare è una cosa piccola ma buona
Questa è l’unica inutile soluzione alla drammaticità delle vicende umane:è il modo in cui un pasticciere cerca di mettere una toppa ad un dolore straripante, strabordante, è il modo maldestro in cui cerca di riempire l’enorme vuoto che solo la perdita di un figlio può portare.