Sociale

9 maggio : Peppino e Aldo sono i corpi sacrificali di tutte le vittime della mafia e del terrorismo

Due uomini diversi, un politico democristiano e un giornalista siciliano, un “onorevole” ed un ribelle, un uomo legato – per luogo di nascita e legami familiari- a Cosa Nostra. Il loro vincolo doloroso è nella morte e non nella vita : Aldo Moro e Giuseppe Impastato sono entrambi morti il nove maggio, 1978.

Il primo, vittima di un lungo sequestro da parte delle Brigate Rosse, fu trovato cadavere nel bagagliaio di una Renault 4 in Via Caetani, a Roma.

In Italia, la foto del corpo magrissimo, senza vita, dell’onorevole diventa icastico dei famigerati “anni di piombo”: gli anni della grande paura rossa, di quelle Brigate estremiste pronte a uccidere, pur di dimostrare la fedeltà a degli ideali, forse inizialmente anche giusti.

Ma la violenza senza controllo, esplosiva ed inconsulta li ha contraddetti , tradendo coloro che li vedevano come una possibilità di liberazione.

Aldo Moro, nonostante fosse un politico attento e fedele all’enstablishment, guidò movimenti di centro-destra cercando di allungare lo sguardo al Partito Comunista, portando a termine il famoso compromesso storico. Le forze estremiste, vedendo nella istituzionalizzazione del comunismo un depotenziamento della sua carica sovversiva, presero di mira Moro.

Impastato, invece, era un giornalista, uno di quelli a cui non bastava riportare la realtà, denunciandola per quello che era, ma anche un attivista, un uomo la cui lotta voleva servire a smantellare un sistema criminale con radici profondissime ed antiche. Impastato era un ribelle con una causa, incorruttibile e determinato, una figura che sembra assai più definita di quella di Moro, politico vero e puro.

Le loro morti potrebbero essere accomunabili, persino simili, e sicuramente brutali, ingiuste: i loro corpi sono le fotografie martoriate e annichilite di due violenze cieche, buie.

Tuttavia, oltre a rappresentare la terribile realtà di un tempo delicato e fragile, i loro omicidi hanno moventi diversi, provengono da due mondi lontani anche se coesistenti. Non possiamo accorparli in un’unica realtà, o entità, in quanto le loro idee politiche e i loro scopi erano nobili ma differenti.

Possiamo prendere atto di questa diversità e vederli uniti in un lavoro importante per ricreare il volto dell’Italia ad immagine e somiglianza di una repubblica democratica, basata sul lavoro e non sulla criminalità, sull’inclusività della politica d’opposizione, sul dialogo e non sulla minaccia e la violenza. Ai  giorni di Impastato e Moro, sembrava ancora possibile l’utopia di un’Italia davvero in evoluzione, in grado di cambiare: erano giorni anche grigi, pericolosi e luttuosi, ma erano di pensiero, di ideologie politiche e filosofie forti.

La vacuità contemporanea era inimmaginabile, allora. I motivi per cui morire ci sembrano sempre di meno, sempre troppo deboli, gli ideali nemmeno lontanamente considerabili come ragioni dietro una lotta di classe, volta ad un rinnovamento capillare, un risanamento di sistemi obsoleti e dannosi.

Peppino Impastato e Aldo Moro erano figli e vittime della loro epoca, un’epoca che porta ancora  vivi i suoi valori, suggerendoci un esempio da seguire, un ideale per cui batterci, con i mezzi donatici dal nostro, di tempo.

La violenza è una montagna di merda.

Sveva Di Palma

Sveva Di Palma

Sveva. Un nome strano per una ragazza strana. 32 anni, ossessionata dalla scrittura, dal cibo e dal vino, credo fermamente che vincerò un Pulitzer. Scrivo troppo perché la scrittura mi salva dal mio eterno, improbabile sognare. È la cura. La mia, almeno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button