Fulvia, splendore. Fenoglio e la sua questione privata
“Fulvia, Fulvia, amore mio”. Davanti alla porta di lei gli sembrava non dirlo al vento, per la prima volta in tanti mesi.
“Sono sempre lo stesso, Fulvia. Ho fatto tanto, camminato tanto… Sono scappato e ho inseguito. Mi sono sentito vivo come mai e mi son visto morto. Ho riso e ho pianto. Ho ucciso un uomo, a caldo. Ne ho visti uccidere, a freddo, moltissimi. Ma io sono sempre lo stesso”.
Avere vent’anni non è mai facile.
Avere vent’anni quando il mondo intero è in guerra è ancora peggio.
In uno dei suoi romanzi più noti, Beppe Fenoglio ci racconta cosa significa vivere quando tutto è perso tranne l’amore.
“Non poteva più vivere senza sapere, e, soprattutto, non poteva morire senza sapere, in un’epoca in cui i ragazzi erano chiamati più a morire che a vivere”.
Il romanzo sembra semplice: tre ragazzi, l’amore, la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza.
Ma il profondo substrato di inquietudini e angosce, conti in sospeso, dubbi non tarda a presentarsi agli occhi del lettore.
Milton, il protagonista, quale guerra sta realmente combattendo?
E poi c’è la Resistenza, quella dei Partigiani e quella di Giorgio che lascia tutto per andare a vivere nella Langhe.
Poi, c’è Fulvia.
Fulvia è uno dei personaggi a mio parere più interessanti ma anche più ignorati e sottovalutati della letteratura.
I più la definiscono una ragazzina capricciosa, viziata, una che non ha capito cosa stia realmente accadendo, cioè che la guerra uccide, che i bombardamenti radono al suolo le case, che non è tempo di ballare e far festa.
Ma Fulvia in realtà sembra essere perfettamente conscia non solo della situazione – e allora balla finché può perché sa che oggi può esserci e domani no – ma è perfettamente conscia di sé stessa.
E, a diciassette anni, scusate se è poco.
Contesa da Milton e Giorgio, Fulvia si muove abile e serpentina tra i sentimenti dei due, prendendo affettuosamente in giro Milton e giocando con Giorgio.
In una letteratura satura di personaggi femminili indecisi, dubbiosi, bigotti e a tratti fastidiosi, Fulvia rappresenta la ventata fresca, la ventata di libertà che in quegli anni sembra persa.
Non è una che sta simpatica a tutti i lettori, anzi: facendo una breve analisi statistica delle persone che hanno letto il libro e a cui ho chiesto cosa ne pensassero di Fulvia, la risposta è stata più o meno la stessa sintetizzabile in un lampante ma non troppo elegante “è una stronza”.
Ma, in fondo, come diceva George Houston: “Una donna di carattere non avrà mai un bel carattere”.
Un’atmosfera quasi ariostesca di un continuo rincorrersi, di una recherche costante: Milton cerca Fulvia, cerca Giorgio, cerca un prigioniero da scambiare con quest’ultimo.
Fulvia scappa, non si fa prendere da nessuno mentre a Giorgio lo prendono i fascisti.
Milton cerca risposte, cerca luoghi e cerca sé stesso ma sembra non trovare nulla sono nemici: alcuni sono in carne ed ossa con una divisa diversa dalla sua, altri sono nella sua testa.
Sulle note di Over the Rainbow, Fenoglio ci racconta cosa significa combattere, resistere, quando hai vent’anni.
Quando l’amore può salvarti o anche ucciderti.
Maria Rosaria Corsino
Vedi anche: Casanova, il seduttore che non conquistò Venezia