Oskar Kokoshka: l’insana follia di un uomo
Una mattina, nella lontana Vienna del 1920, nel giardino di un’abitazione, un corpo esanime giaceva in una pozzanghera di vivido sangue.
Un postino si ritrovò sul luogo dell’efferato delitto e spaventato alla visione
di quel corpo martoriato, avvisò di corsa la polizia.
Ma i poliziotti, una volta raggiunto il luogo del delitto, scoprirono con sollievo che il corpo in realtà non era quello che poteva sembrare a colpo d’occhio: si trattava di una bambola.
Ma cosa era successo?
Ebbene, il giardino, e la bambola assassinata, appartenevano al pittore
espressionista Oskar Kokoschka.
La storia della bambola rinvenuta nel giardino della sua villa possiede del grottesco e al contempo del macabro per via di quello che si cela alle origini del suo folle gesto.
Oskar Kokoschka ebbe una relazione di circa due anni con una donna bellissima, un’attrice di nome Alma Mahler. Un amore che lo rapì completamente. Alma fu immortalata in tante delle sue opere più celebri tra cui ricordiamo La Sposa del vento: un vero e proprio omaggio alla donna amata e all’impetuosa relazione in cui erano stretti.
In seguito Oskar partì per il fronte, ma nel frattempo Mahler decise di interrompere il loro rapporto. Il pittore, una volta abbandonati i tumulti della guerra, tentò di riconquistare la donna che amava, ma invano: Alma aveva sposato Walter Gropius noto designer e architetto del Bauhaus.
Oskar però non accettò mai la fine della loro relazione e cercò di rimediare all’assenza di quel corpo che tanto desiderava e da cui era ossessionato.
Commissionò ad Hermine Moos, un’artigiana di giocattoli, una bambola a grandezza naturale che emulasse Alma nella sua fisicità. La lettera che il pittore inviò ad Hermine conteneva una descrizione iperdettagliata delle
misure fisiche dell’attrice, con tanto di bozzetti e assurde richieste.
“[…]La prego di prestare la massima attenzione alle dimensioni della testa e del collo, della cassa toracica, del sedere e degli arti. […] Per favore permetta al mio senso del tatto di trarre piacere da quelle zone dove strati di grasso o muscoli si fondono con una distesa di pelle compatta. Per il primo strato all’interno, la prego di usare morbido e
Frammenti della lettera indirizzata a Hermine Moos
ricciuto crine di cavallo[…] poi sopra quello strato, un altro fatto di sacchetti imbottiti di ovatta per il posteriore e i seni.
[…] La bocca potrà essere aperta? Ci saranno i denti e la lingua dentro?
Lo spero tanto.”
La lettera è l’esplicita follia dichiarata, messa per iscritto dallo stesso Kokoschka.
Hermine lavorò alla bambola per ben sei mesi. Terminato l’arduo compito, la bambola, finalmente, fu consegnata all’impaziente pittore, ma il risultato non sembrò soddisfarlo: la bambola per Kokoschka non era altro che un feticcio privo di armonia anatomica, ricoperto di piume che rimpiazzavano la morbida pelle di lei, nonostante lui, con tanta premura, aveva richiesto che fosse il più simile possibile a quella umana.4
Nonostante la notevole differenza tra le due, il pittore intraprese una singolare relazione con la Alma fantoccio: iniziò a comprarle abiti, la portava in giro in carrozza e spesso la dipingeva nelle sue opere; fin quando, una sera, presumibilmente ubriaco, decapitò la bambola, lasciandola nel giardino, ricoperta da quello che non era sangue, come poteva sembrare a un primo sguardo, bensì vino.
Un gesto folle, dovuto, probabilmente, da un’instabilità mentale mai svelata.
In seguito Oskar divenne professore all’Accademia di Dresda e drammaturgo teatrale mentre tra Gropius e Alma il matrimonio giunse al termine. La donna, in seguito si sposò con il poeta Franz Werfel, si trasferirono negli Stati Uniti dove vissero fino alla morte.
Se Oskar fosse o meno un pazzo patologico, non è chiaro. Fatto ste che la vicenda e il suo gesto, certamente, non giovano di normalità, ma sembrano il ritratto perfetto di una mente squilibrata.
Sarà stata l’arte a fargli da terapeuta e mantenere la sua mente al centro tra pazzia e normalità?
E Alma ha mai saputo di questa agghiacciante vicenda?
Disegno e didascalia di Enza Galiano
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