Alan Moore e Stan Lee: due concezioni del mondo dei fumetti
Da un lato abbiamo un autore che ha finito per rinnegare anche le sue opere, a causa delle scelte corrotte operate dal mondo del fumetto, e dall’altro uno che, fino alla fine, ha deciso di essere parte integrante di quel sistema, accettandone e fomentandone i compromessi.
Impossibile stabilire nettamente quale sia la via della giustizia.
Com’è giusto che sia, anche il mondo dei fumetti è oggetto e soggetto di diverse scuole di pensiero che ne hanno condizionato la forma e la storia. A dettare le sue leggi, a modificarne i canoni, ad apportare modifiche sostanziali alle caratterizzazioni, agli spazi e alle sceneggiature e a rinnegarne la natura acquisita, sono stati proprio alcuni dei suoi più illustri maestri, plasmatori rivoluzionari di una forma popolare nata per essere alla portata di tutti.
Per quanto riguarda specialmente il mondo fumettistico dei supereroi e il loro rapporto con il lettore e la società, possiamo affermare che Stan Lee e Alan Moore fanno parte di due scuole di pensiero nettamente differenti.
A Stan Lee, noto autore e papà di molti personaggi Marvel (ma non solo) si deve la rinascita dei fumetti sui supereroi. Dopo la Golden Age, negli anni 50 comincia la loro crisi dovuta anche al Comics Code Authority, creato con lo scopo di salvaguardare i giovani americani e la loro moralità. Con l’avvento della Silver Age – la cosiddetta “rinascita dei supereroi” – la Timeline Comics diventa l’attuale Marvel Comics, grazie alla creazione di nuovi personaggi e al team Lee, Ditko e Kirby. I nuovi caratteri hanno un aspetto diverso dai precedenti: si adattano alle aspettative dei lettori, ne tengono conto e si calano nel mondo reale ereditandone problemi e scenari. Questa nuova profondità emotiva e psicologica investe sia i nuovi che i vecchi, ripescati e riscritti secondo i freschi parametri.
Ad incrementare, fino ai giorni nostri, la popolarità della Marvel è stata sicuramente la cessione di diritti per la creazione di film, serie tv e videogiochi ispirati ai protagonisti del suo universo, fino alla fondazione del Marvel Cinematic Universe di cui Stan Lee è stato forte sostenitore, come si è evinto dai celebri cameo presenti in tutti film, prima della sua morte. Il suo entusiasmo per la creazione di un grande universo cinematografico, riscrittore e adattatore di storie e personaggi resi famosi al grande pubblico (anche a coloro che non hanno mai letto un fumetto), commercializzati e semplificati per adattarsi ai tempi del piccolo e grande schermo, è in netto contrasto con ciò che pensa un altro grande autore. Si tratta di Alan Moore, creatore di opere come Watchmen e V per Vendetta, che più volte, nel corso delle sue interviste, si è espresso contro la grande macchina dell’industria fumettistica, contro la sua connivenza col mondo del cinema e la conseguente popolarità mainstream acquisita, che ha elevato il fumetto da medium popolare a fenomeno commerciale ed elitario.
Secondo Moore – già perplesso per le caratterizzazioni dei personaggi della Marvel, in disaccordo netto con il loro modo di fare e ostile allo stesso Lee – i film sui supereroi avrebbero rovinato l’industria del fumetto, nata per i bambini e i ragazzini e finita col diventare intrattenimento vacuo per adulti bisognosi di evasione dalla realtà.
Il noto autore di distopie è arrivato ad affermare che:
Potrebbe essere stata solo una coincidenza, ma nel 2016, quando gli americani hanno eletto un satsuma nazionalsocialista e la Gran Bretagna ha votato per lasciare l’Unione Europea, sei dei dodici film con i maggiori incassi erano film di supereroi. […] Non voglio dire che una cosa abbia provocato l’altra, ma credo che siano entrambi sintomi dello stesso problema: un rifiuto della realtà e una brama di soluzioni semplicistiche e sensazionalistiche.»
Moore, inoltre, mette in luce anche le controversie legate alla gestione di personaggi, alla loro paternità e alle scelte fatte contro la volontà di alcuni autori – egli stesso ha rifiutato categoricamente qualsiasi legame con l’adattamento di Watchmen a film o a videogioco – e a tutti quei meccanismi poco chiari che regolano l’industria da lui ripudiata.
Mentre Stan Lee era occupato a farsi notare, facendo sorridere i propri fans a colpi di macchiette e scenette divertenti, con il suo protagonismo, ponendosi come il volto assoluto della Marvel, Alan Moore pian piano ha oscurato la sua figura, ha fatto cancellare il proprio nome dagli adattamenti, ha deriso l’universo dei cinecomics, i suoi fans e i suoi esponenti, e continua per la sua strada di creatore svincolato dai compromessi e dalle mercificazioni.
Si tratta di due modi diversi di vedere le cose, due differenti atteggiamenti estremi dell’amore per i fumetti, che nel caso di Moore è finito col diventare disprezzo.
I fumetti sono le favole per gli adulti.
Stan Lee
C’è un motivo se Jack Kirby il Jolly non è stato per sempre il Jolly; così come c’è un motivo se il solido Steve Ditko non è stato per sempre solido e perché, invece, il sorridente Stan Lee ha continuato a sorridere per tutta la vita.
Alan Moore
E voi da che parte state?
Maria Cristiana Grimaldi
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