Dadizioni – ripetizioni ai tempi della didattica a distanza: Elsa Morante
La letteratura italiana ci riporta alla mente i grandi padri: Dante, Petrarca e Boccaccio.
Ma anche più recenti come Leopardi, Manzoni, Calvino.
Insomma, tutti uomini? Beh non proprio.
Sappiamo bene che prima le donne erano considerate inferiori e non potevano accedere all’istruzione, figuriamoci alla letteratura! La situazione femminile costituisce uno dei punti essenziali in Italia nel ‘900, soprattutto con il femminismo. Ed è in questo contesto che s’inserisce la scrittrice Elsa Morante.
Nacque a Roma nel 1912 e visse nella casa del padre anagrafico Augusto Morante. Elsa andò a vivere da sola già negli anni ‘30, laureandosi poi in lettere. Nel 1941 sposò il celebre Alberto Moravia trasferendosi con lui ad Anacapri.
Proprio qui la giovane donna scrisse Menzogna e sortilegio, un capolavoro dove mostra fin da subito un animo tormentato e mancanza di affetto della madre, in una autobiografia che esprime il suo vuoto interiore.
Intanto i due coniugi dovettero fuggire a Fondi poiché il marito venne accusato di antifascismo e, nel 1944, fecero ritorno a Roma. Qualche anno più tardi, precisamente nel 1957, uscì L’isola di Arturo, vincitore del Premio Strega. Si tratta di un romanzo ambientato a Procida in cui sono narrate le avventure di Arturo, il giovane protagonista.
Il ragazzo vive un’infanzia felice e spensierata sull’isola, luogo magico ed idilliaco, fino a quando giunge suo padre con la nuova moglie, Nunziatina; sarà proprio lei che rivelerà la realtà al protagonista attuando così un rito di passaggio dalla spensierata infanzia all’età adulta.
Moravia e la Morante ebbero un rapporto difficile e, una volta tornati a Roma, si separarono. La scrittrice viaggiò molto nel periodo successivo e durante gli anni ‘60 visse un momento di grave crisi interiore, accentuata dalla morte di un giovane pittore statunitense, suo grande amico, che la segnò profondamente.
Questo stato d’animo viene individuato in Il mondo salvato dai ragazzini e La Storia. Questi romanzi sono fondamentali ed esprimono lo sconforto della scrittrice per l’umanità schiacciata dal mondo industrializzato. Addirittura la storia, percorsa attraverso la seconda guerra mondiale, è vista in maniera negativa, condannata per il suo movimento fatale.
Durante gli anni del terrorismo, la scrittrice affronta un periodo di grande sconforto e termina la sua ultima opera Arcoeli dove si giunge ad un pessimismo acuto.
Il protagonista è alla ricerca di sua madre durante un viaggio in Andalusia e finirà per ripercorrere la vita della donna fino alla morte della stessa. Ritorna il tema del passato che corrode e si confonde con il presente: il punto d’arrivo è la negazione di ogni esperienza.
Gli ultimi anni della scrittrice non furono felici. Dopo una frattura al femore e una lunga degenza, subì un nuovo intervento che non le permise più di camminare; per questo grave trauma tentò il suicidio, ma morì nel 1985 a Roma.
Martina Maiorano
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