Il mio miglior nemico: la rivalità nel mondo dell’arte
Mentre seguiva Lucian Freud su per le scale, una cosa colpì l’occhio del critico d’arte Sebastian Smee: appeso alla porta dello studio dell’artista, c’era un poster da film western americano, con la scritta WANTED e, sotto, l’immagine del Ritratto di Francis Bacon, che Freud aveva dipinto nel 1952. Il poster era parte di una campagna (di scarso successo), promossa dall’artista per ritrovare il quadro, rubato a Berlino nel 1988 e mai più ritrovato.
Bacon e Freud erano notoriamente diventati amici negli anni ’40, a Londra, ma la loro amicizia era nel tempo andata deteriorandosi, tanto che perfino dopo la morte di Bacon nel 1992, era assolutamente taboo fare il suo nome a Freud durante un’intervista. E dunque perché, si domandò Smee, quel poster era ancora attaccato alla porta del suo studio?
Probabilmente il dipinto aveva grande valore economico, ma ancora più probabilmente quel poster era rimasto lì a testimonianza di un rapporto che aveva profondamente segnato la vita artistica e personale di Freud, a prescindere da com’era andata a finire: ci sono persone che passano nella nostra vita come passano gli uragani, sconvolgendo tutto e lasciandoci come un paesaggio definitivamente modificato.
Le rivalità che si sono sviluppate tra gli artisti dell’era contemporanea hanno qualcosa di molto diverso dalle dispute “mache” dei loro colleghi rinascimentali, sono più stratificate, più psicologiche e ci parlano di amicizia e intimità tra due pari che si sentono, sì, attratti l’uno dal lavoro dell’altro, ma anche costretti a riconoscere ciò che, dell’altro, manca loro. Eppure proprio questa presa di coscienza può portare ad una forma di competizione che si è dimostrata assai proficua per il mondo dell’arte.
Nel mondo contemporaneo, ciò che emerge come fattore di giudizio importante per un’opera d’arte è l’originalità. Ciò comporta un terremoto nel modo degli artisti di rapportarsi al loro lavoro: improvvisamente, tutti quei criteri molto più chiari e sicuri con cui si erano sempre giudicate le opere vacillano, e chi crea non può più essere sicuro che ciò che ha creato sarà effettivamente visto come un buon lavoro dal pubblico e dalla critica.
In questo panorama di incertezza e rifiuto, la presenza ed il confronto con altri artisti diventa fondamentale. Gli esperimenti di Matisse con il Fauvismo ne sono un esempio lampante. Queste opere, così distanti da ciò che fino a quel momento era stata considerata pratica artistica accettabile, gettavano l’artista nella più cupa insonnia e ansia, quando pensava alla reazione del pubblico. Fu la sua amicizia/rivalità con Picasso, a spingerlo a sperimentare ancora.
Matisse e Picasso furono la cassa di risonanza l’uno dell’altro per anni, spingendosi sempre oltre nella loro ricerca artistica sulla scia della necessità di dimostrare chi dei due fosse il migliore, il più spregiudicato, il più coraggioso. Picasso, il più giovane, inizialmente poco propenso ad oltrepassare quei confini che Matisse aveva da tempo varcato, frequentando il pittore più anziano ne assorbì alcuni tratti dello stile, come quando attinse alle Maschere Africane che tanto affascinavano Matisse per servirsene per quel capolavoro che è Le Damoiselles d’Avignon (1907); mentre Matisse, tra una scazzottata e l’altra, arrivò a prendere spunto dalla scuola cubista di colui il quale, ormai, non poteva più considerare come un semplice protégé.
A volte la rivalità tra due artisti lascia dietro di sé segni tangibili della sua esistenza. È questo il caso di Manet e Degas: quando Degas dipinse un ritratto dell’amico Manet e di sua moglie, questi, inspiegabilmente, squarciò la tela nel mezzo, tagliando il volto ed il corpo della figura della donna. Degas, successivamente, riparò il dipinto apponendo una striscia di tela bianca sullo strappo, che però non dipinse mai.
La celebre competizione tra Willem de Kooning e Jackson Pollock ha radici ancora più visceralmente personali: con una mossa che sconvolse l’affiatato mondo dell’arte newyorkese, de Kooning avviò infatti una relazione con Ruth Kligman, l’amante di Pollock, pochi mesi dopo la scomparsa di quest’ultimo in un incidente stradale.
Quello che sembra davvero il dato interessante, in tutte queste relazioni, è la dimostrazione di insicurezza che la competizione si porta inevitabilmente dietro. Artisti che ad oggi valgono 179 milioni di dollari, come Picasso, o 140 milioni di dollari, come Pollock, c’è stato un tempo in cui si sono sentiti insicuri, addirittura minacciati, mentre erano al lavoro per riscrivere la storia dell’arte. C’è una vulnerabilità che traspare dal racconto di quegli anni, di quelle amicizie fragili e feconde, che ridefinisce l’artista e lo trasforma nell’uomo che, se è grande attraverso il telescopio della storia, non lo è mai attraverso la lente d’ingradimento della sua anima.
Marzia Figliolia
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