Welcome to the jungle
“Welcome to the jungle” ben distante dalla musica di fine anni ‘80, è l’unico commento che la mia mente riesce a partorire quando mi trovo – mio malgrado – ad essere vittima di violenze.
Perché il plurale? Perché sono molte, troppe, le violenze che subisce una qualsiasi donna nel quotidiano.
Dal momento in cui varca la soglia della porta di casa fino all’istante in cui rientra , si avvia un susseguirsi di commenti sgradevoli, sguardi pieni di maschilistico desiderio, o nei casi peggiori atti persecutori che fanno temere per la propria incolumità.
Le prime occhiatacce rivolte ad una donna che decide di indossare liberamente un paio di shorts in pieno giorno e a spasso per la propria città, in gran parte dei casi sono lanciate da occhi femminili e pieni di pregiudizi.
Si giudica nei peggiori modi una donna che si scopre.
Chiunque si sentirebbe in diritto di colpevolizzarla qualora il suo corpo fosse il bersaglio di una “mano morta” a bordo dei mezzi pubblici, o peggio in caso di stupro.
Ecco che indossare un paio di pantaloncini diventa un atto di coraggio, la comunissima azione di non voler soffrire il caldo equivale per qualcuno al darsi in pasto ai lupi.
Gli shorts, i top scollati, le trasparenze del proprio outift, vanno limitati alla spiaggia. È questo ciò che si pensa, no?
Se qualcuno osserva la tua pelle, le tue belle gambe, i tuoi seni rigogliosi e questo ti infastidisce, ti fa sentire minacciata, violata, non devi lamentarti. È colpa tua, non avresti dovuto esporti così.
Mi piacerebbe chiedere a questi nemici del genere femminile, a tutti coloro che sessualizzano un corpo solo perché appartenente ad una donna: perché anche in pieno inverno, con maglione e jeans, se mi siedo in treno di fronte ad un uomo che mi suscita tenerezza per la sua somiglianza con lo stereotipo del “nonnino”, devo temere per la mia sicurezza?
Perché se i suoi occhi sembrano attraversare gli strati di tessuto che mi coprono fino a farmi sentire nuda, quando si sfiora o si accarezza il cavallo dei pantaloni, avrei dovuto proseguire il mio viaggio in piedi piuttosto che sedermi lì?
Perché dopo le 18:30 per me deve essere pericoloso camminare per strada, perché inizia a scurirsi il cielo e rischio di essere non solo rapinata, ma anche stuprata?
Una risposta non so darmela, so solo che certi esseri umani sembrano essere in una condizione che ricorda quella della giungla. Combattere per non diventare preda, per non essere una vittima.
È molto triste.
Alessandra De Paola
Leggi le esperienze che abbiamo riportato cliccando qui: