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Il futuro della traduzione automatica è in una rete neurale

In un domani non tanto lontano forse potremmo interfacciarci con altre persone, di altra lingua e cultura, grazie all’intelligenza artificiale e alla traduzione automatica neurale.

A chi non è mai capitato di fare un viaggio e di desiderare di parlare correttamente la lingua nativa del popolo che ci ospita? A chi non è mai capitato di iniziare un dialogo con una persona di un altro Paese e avvertire una certa difficoltà di comprensione nel bel mezzo di un dialogo super interessante?

Per quanto possa sembrarci banale, la comunicazione verbale è una facoltà umana tanto importante che se ci viene tolta ci sentiamo subito persi.
Il rapporto tra parlanti di lingue diverse è un cliché delle questioni attualmente aperte: siamo in corsa su una pista chiamata “digitalizzazione” dove sempre più persone, collocate in aree geografiche differenti, hanno la necessità di collaborare e comprendersi… o almeno dal punto di vista verbale.


Tuttavia, la traduzione automatica vanta una storia più lunga di quanto sia possibile immaginare. Già attiva dagli anni ’60, ha mosso i primi passi nel periodo della Guerra Fredda, quando era necessario tradurre i materiali di intelligence in modo ottimale. Era un tipo di traduzione basata sulle regole che necessitava comunque del supporto di traduttori esperti, ma che era ritenuta ugualmente utile.
Col tempo, la traduzione automatica si è basata su tecnologie differenti, sempre in un rapporto di evoluzione e di integrazione con la metodica precedente.

Se i primi motori di traduzione automatica si basavano sulle regole, quelli degli anni ’90 iniziarono a basarsi su dati statistici provenienti da Internet. Molte aziende come IBM iniziarono a ricorrere a questo tipo di tecnologia, che tuttavia, non era ancora perfetta.


Nella piena ottica di un’integrazione, utile a fornire un servizio di traduzione quanto più completo possibile, in questi anni la traduzione automatica assiste all’unione della metodologia delle regole con quella statistica. Il risultato era sicuramente migliore rispetto alle tecnologie precedenti, ma ugualmente non era del tutto ottimale.


Solo nel 2017, la traduzione automatica ha fatto un salto tecnologico di altissimi livelli con l’avvento della traduzione automatica neurale.

Come è ormai noto, il secondo decennio del 2000 si contraddistingue per l’introduzione dell’intelligenza artificiale in diversi campi professionali e non solo. Con questo tipo di tecnologia, la traduzione avviene per mezzo delle reti neurali dell’intelligenza artificiale, le quali cercano di imitare il processo del pensiero di traduzione umano, piuttosto che giocare alla roulette russa. Benché neppure questa tecnologia sia effettivamente perfetta, tuttavia adesso è da considerare come il fiore all’occhiello dei metodi di traduzione automatizzati poiché, in molti casi, è possibile evitare il post-editing.

Il fatto che molto spesso è ancora essenziale il ricorso all’intervento umano la dice chiara sull’importanza del ruolo del cervello umano su quello cyborg.

La mente umana sa certamente conferire ai testi tradotti delle sfumature che nessun computer attualmente sa riprodurre. Il linguaggio umano non è solo verbale, è anche paraverbale e gestuale: il tono, i giochi di parole, i concetti tecnici e culturali di una certa complessità sono aspetti del linguaggio che solo l’uomo sa cogliere e tradurre completamente.


Secondo molti traduttori, l’aiuto fornito dalla moderna traduzione automatica si rivela davvero utile proprio per risparmiare tempo sulla traduzione effettiva. Questo tempo, di conseguenza, può essere poi impegnato per dedicarsi e focalizzarsi su aspetti più sottili del linguaggio umano.


Malgrado qualcuno lo possa credere, queste considerazioni fatte da chi opera sul campo sfatano molti dei miti secondo cui la macchina sostituirà l’uomo.

Ritornando a quanto si stava dicendo prima, la differenza tra traduzione neurale e memoria di traduzione sta proprio nel tipo di tecnologia attuata.

La memoria di traduzione comprende un database linguistico nel quale vengono memorizzate tutte le traduzioni effettuate di recente, con lo scopo di poterle riutilizzare all’occorrenza.

La traduzione neurale, invece, è la struttura attualmente più promettente grazie alle moderne tecnologie dell’intelligenza artificiale. Come suggerisce il nome, la traduzione automatica neurale utilizza neuroni artificiali (IT-elettronici) collegati alla rete con sistemi tecnologicamente avanzati. La struttura si avvale di algoritmi i quali “comprendono” le affermazioni, le intenzioni e le idee espresse in un testo; le collocano relativamente al microtesto e al macrotesto; infine, ne scompongono i lessemi e gli idiomi del contesto. Tutto questo meccanismo procedurale si innesca e finisce in un tempo brevissimo, rilasciando un testo coerente, preciso e fluido.

Questo tipo di tecnologia non è ancora tanto comune da essere quotidiana: i contesti in cui viene adoperata sono, in particolare, quelli professionali.

Tuttavia, se si guarda al futuro, possiamo prevedere un’evoluzione tale da introdurre nella nostra quotidianità strumenti così sofisticati, forse proprio grazie ai nostri cellulari. Intanto incrociamo le dita!

Pasqualina Perrotta

Vedi anche: Come la tecnologia ha trasformato la nostra memoria

Lina Perrotta

Sono nata nel ‘94, quando ormai le tastiere avevano già sostituito le macchine da scrivere. Mi piacciono le polaroid sbiadite, le prime foto bruciate di un rullino montato al sole, le pagine ingiallite di un libro, quelle vecchie poltrone di velluto e i silenzi tra le parole. Sono una filologa moderna ma anche un po’ linguista. Ho sempre una penna scarica in borsa e un cellulare tra le mani. Divoro film, libri, dischi e faccio foto sbagliate ai tramonti giusti.

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