La lotta sui muri di Lediesis: quando i super poteri delle donne diventano street art
Se c’è un modo di omaggiare grandi pensieri e buone azioni, è sicuramente quello di Lediesis!
L’anonima coppia – o collettivo, potremmo dire! – ci racconta come, attraverso la street art, sia nata l’idea di celebrare le grandi donne dei nostri tempi, rivisitate in una chiave, quella super-eroistica e pop americana, che gli conferisce un importante significato: tutte sono Superwomen!
Molti dei loro murales sono sparsi in giro per Firenze e Roma, due delle città più ricche di storia e di arte, che si trasformano in una sorta di “gallery all’aperto” dove dare inizio a una specie di caccia al tesoro.
E se proprio non riesci a trovarle, saranno loro a trovare te!
Intanto, non è mancata l’occasione per caprine di più e sentirci anche noi un po’ Super (anche se non veniamo da Kripton).
Salve Lediesis! Anzitutto mi complimento per il lavoro che state facendo, tutto l’entusiasmo e la determinazione che trasmettete attraverso questo progetto arriva fin qui. È bello sapere che c’è qualcuno che lotta in maniera percepibile per ideali così condivisibili, è confortante.
Ma cosa vi ha spinto a trovare la vostra collocazione proprio in strada e non, magari, sul web (oggi uno dei principali luoghi dell’informazione e della socialità)?
«La street art è un mezzo di comunicazione con un’energia incredibile. Il fatto che si realizzi per strada è un motivo in più per veicolare messaggi positivi. Gli street artists hanno una grandissima responsabilità perché sono sotto gli occhi di tutti. Per questo arrivare alla strada per noi è stata una conseguenza naturale del nostro sentire e di quello che volevano proporre. Quello che ci muove è lo scopo di far riflettere ogni persona, che sia uomo o che sia donna. Non è che solo le donne, a cui dipingiamo la S sul petto, hanno i superpoteri, li abbiamo tutti. Dobbiamo solo rendercene conto e agire di conseguenza. Tutti, anche se con piccoli gesti, possiamo cambiare il mondo».
In molte occasioni le vostre opere sono state trafugate o anche vandalizzate. Era qualcosa che avevate messo in conto? A chi pensa che la street art sia solo un atto vandalico, come rispondereste?
«La strada è democratica, tutti possono attaccare e dipingere e tutti posso strappare e vandalizzare. La street art è effimera, conosciamo i rischi a cui andiamo incontro.
Oggi spesso si tende a definire street art qualsiasi intervento. Ma per noi c’è una netta differenza tra quelli che hanno un effettivo valore artistico che arricchiscono e abbelliscono il contesto in cui si fanno rispetto agli scarabocchi».
C’è molto pop americano nelle vostre opere. Che tipo di rapporto avete col mondo dell’arte? C’è un tipo di studio artistico che ha segnato il vostro percorso e progetto o tutto è nato per istintiva casualità?
«Siamo due donne con due percorsi diversi. E ognuna di noi ha il proprio bagaglio di studi artistiche ed esperienze culturali.
L’idea delle Superwomen è nata quasi per scherzo durante la visita ad Arte Fiera a Bologna a gennaio dello scorso anno, con la voglia di fare qualcosa tra amiche.
Si, perché prima di essere artiste tra di noi ci sono una grande stima e un fruttuoso dialogo».
Vi firmate come Lediesis (locuzione tra diesis e ladies) e preferite mantenere l’anonimato. Quanto di voi si nasconde nella scelta del nome? E perché agire a volti celati in un mondo in cui tutti sanno tutto di tutti?
«La scelta del nome che usa l’hashtag gioca sia sul linguaggio social sia su quello musicale: il diesis è un’alterazione della nota di base. Inoltre già nel pronunciare Lediesis (ladies) è chiaro che si vuole rendere omaggio a delle grandi signore, ma anche a tutte sisters, le sorelle. Pensa quante sfumature in una sola parola!
Agiamo a volto coperto per prima cosa perché la street art, tranne che in rari casi in cui è commissionata e autorizzata, è praticamente illegale. Ma soprattutto perché il nostro superpotere, in un mondo in cui c’è la smania di protagonismo, è l’invisibilità».
Le Superwoman che rappresentate hanno tutte contribuito a costruire una grande fetta della storia culturale mondiale. Rita Levi Montalcini, Marina Abramovic, Sophia Loren, Nefertari e più recentemente Giovanna Bottari – per cui vi faccio i miei più forti applausi, a volte basta poco per buttare giù ridicole convinzioni – sono solo alcune delle donne di cui parliamo. Però, quello che mi incuriosisce è la scelta di inserire in questo progetto anche dei personaggi di fantasia come la principessa Leila di Star Wars, Beatrix Kiddo di Kill Bill, Lara Kroft, Eva Kant e anche Barbie.
Cosa rappresenta questa scelta metanarrativa tra personaggi di finzione e reali?
«Scegliamo in base alle vibrazioni che ci procurano i soggetti. Le eroine disegnate hanno lasciato, ognuna nel suo campo, in eredità esempi e pensieri che è giusto condividere, ricordare, omaggiare. Non importa se sono personaggi di fumetti o di film, quello che conta sono i valori archetipici che riescono a trasmettere. Eva Kant è una donna volitiva, intrigante, astuta ma capace di fare di tutto per l’uomo che ama, Morticia Addams è sensuale, ironica, surreale, Lara Croft è una bellissima archeologa ma è anche una tipa tostissima, la Principessa Leila è coraggiosa, giusta, leale».
Parlando di super poteri… se voi poteste sceglierne uno, quale vorreste
«Noi già lo abbiamo… scopri il tuo!».
Se ancora non riesci a vedere nulla, voltati.
Qualcuno sta facendoti l’occhiolino!
26/05/2020
Serena Palmese