Vola alto con la tua Gabbianella: un (non) addio a Luis Sepúlveda
Quando vidi per la prima volta La gabbianella e il gatto ero una bambina. Oggi, in questo triste momento, mi sento ancora quella bambina e (non) addio vorrei dirglielo così: come se fossi lei.
In verità, non avrei mai voluto dire addio a Luis Sepúlveda, ma forse immaginarlo mentre spicca il volo con la sua Gabbianella è il modo migliore per riuscire a farlo. L’ha ucciso il coronavirus e non credo di esagerare quando dico che corre il rischio di mancarci per sempre.
Luis Sepúlveda nacque in Cile il 4 ottobre del 1949 e nacque per riempire le librerie con qualcosa di speciale, qualcosa in più, per molti degli anni a venire. Le sue storie portano sempre dentro un messaggio nascosto, un risvolto inaspettato, qualcosa di piccolo che solo lui avrebbe potuto immaginare e rendere grande, speciale. Insegnamenti, scoperte, gioie e dolori. Lo stesso dolore che ho sentito oggi, lo stesso battito di cuore mancato quando ho scoperto che se ne era andato per sempre.
Fu lo zio con cui crebbe a insegnargli l’amore e la passione per i romanzi d’avventura, una passione che da semplice lettore lo trasformò in scrittore, in inventore di storie. A scuola iniziò presto a scrivere racconti per alcuni giornalini scolastici. Appena diciassettenne iniziò a lavorare come redattore e speaker radiofonico. A soli vent’anni, nel 1969, vinse il suo primo premio, grazie alla sua prima raccolta di racconti.
Il successo per lui arrivò quindi fin da subito, immagino che fosse impossibile non vedere subito il potenziale che il giovale Luis aveva dentro: solo uno sciocco lo avrebbe rifiutato. Se lo meritata, se lo meritava davvero.
Il suo primo racconto si intitolava Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, arrivato in Italia nel 1993. Oggi lo ricordiamo soprattutto per Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, il breve e drammatico racconto di una mamma gabbiano che muore dopo aver deposto il suo ultimo uovo. Muore di fronte ad un gatto di nome Zorba a cui chiede, in punto di morte, di insegnare a volare al suo pulcino.
Zorba se la ride: lo avrebbe volentieri mangiato, ma questa è anche la storia di un gatto diverso da come ve lo aspettate, è una storia di rinascita, di vita che continua anche quando sembra impossibile. Zorba non la mangiò e le insegnò a volare. Anche se un gatto non è capace di volare.
Come fa un gatto a spiegare come si vola ad un gabbiano? Come fa un gatto ad immaginare come si vola? Ad immaginarlo, forse, non ci saremmo riusciti nemmeno noi. Non ci sarebbe riuscito nessuno. Nessuno, tranne forse un bambino. Un bambino ed un uomo: Luis Sepúlveda.
“Bene, ci siamo riusciti (…) sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante” miagolò Zorba.
“Ah sì? E cosa ha capito?” chiese l’umano.
“Che vola solo chi osa farlo” miagolò Zorba.
Ho appena guardato il cielo e ho visto un uccello volare verso il sole. Mi piace immaginare che fosse proprio lui, Luis Sepúlveda che ci dice che questo qui è davvero un non addio.
Luis Sepúlveda se ne è andato per sempre oggi, il 16 aprile 2020, a causa del coronavirus. Era ricoverato e in cura da febbraio, ma non ce l’ha fatta.
Ho provato a dirgli addio, ma addio per davvero non lo sarà mai, almeno non finché riusciremo a ricordarlo, finché i suoi racconti continueranno a emozionare, commuovere ed insegnare.
Vola solo chi osa farlo. E lui ha volato, da ragazzo quando ha iniziato a scrivere, quando ha corso il rischio di ricevere dei no e oggi, quando se ne è andato. Lui ha volato, perché ha osato ed ha anche raccontato a tutti noi come si fa.
Martina Casentini
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