Eternamentetua, riflessioni sul vero amore con Emanuela Malgieri
Romanzo d’esordio di Emanuela Malgieri, Eternamentetua è un vero e proprio elogio della memoria, la storia del vero amore tra Rita e Roberto che, tra guerre interne ed esterne, ha avuto il coraggio di vincere su tutto.
Questo romanzo dice molto già dal titolo, Eternamentetua: come ti è venuta l’idea di questo titolo?
«L’idea è nata subito. È stata una scelta naturale avvenuta in fase di lettura delle lettere che Rita, la protagonista del romanzo, indirizza a Roberto, l’amore della sua vita. Tutte le lettere terminano con questa tenera parola, Eternamentetua, che lei inventa per rinnovare la promessa di un amore che non era destinato a finire, ma a durare per sempre.
Non ho mai pensato di intitolare questo romanzo in modo diverso, per me si chiamava così già prima di essere scritto.»
Chi sono Rita e Roberto, i due protagonisti di questa storia?
«Rita e Roberto sono i miei nonni materni e quella che racconto è una storia vera. Mia nonna è stata una figura fondamentale della mia infanzia e, nonostante sia scomparsa che io ero poco più che una bambina, ricordo perfettamente tutti i racconti del suo passato che faceva a noi nipoti, carichi di dettagli, emozioni. Sin da piccola sognavo di scriverne un libro.»
Prima di passare a parlare della loro storia, sarebbe bello ripercorrere il momento del ritrovamento delle lettere. Quando è successo? Il desiderio di farne un libro è stato immediato?
«Sei anni fa, in occasione di un trasloco, mi sono per caso imbattuta nel ritrovamento di una scatola di latta contenente lettere, bigliettini e fotografie, che mia nonna aveva conservato accuratamente per quasi cinquant’anni.
Era un vero e proprio tesoro di memorie e ricordi che ricostruivano gli anni della sua giovinezza e della storia d’amore con mio nonno.
Non le ho lette subito, prima ho dovuto convincere mia madre che, dalla morte di mia nonna, voleva difendere l’intimità dei sentimenti che erano custoditi al loro interno.
Il permesso di aprire quello scrigno l’ho avuto quando ero in attesa della mia bambina. È stato un momento di svolta, più leggevo quelle testimonianze e più mi rendevo conto che la mia bimba avrebbe dovuto conoscere quella storia nel migliore dei modi.»
Il tuo romanzo, però, si apre con la storia dei genitori di Rita. Sembra quasi un elogio della memoria: quanto è importante per Rita conservare la memoria di ogni singola tappa della sua vita?
«Sì, il romanzo parte dalla storia d’amore dei suoi genitori, Antonietta e Antonio. La loro storia d’amore e il loro rapporto permettono di far chiarezza sulla condizione emotiva di Rita.
Anche i suoi genitori si conoscono per caso negli anni della Prima Guerra Mondiale, si innamorano e si vogliono nonostante le difficoltà. Ma anche se i loro destini sembrano prendere strade diverse, i due riescono a sposarsi. Tuttavia, il loro sarà un matrimonio molto infelice, segnato dall’infedeltà, dal tradimento, dalla violenza.
Mi ha molto sorpreso che Rita in quella scatola conservasse davvero tutto, sia i ricordi felici che quelli dolorosi. Non rinnegava nulla del suo passato familiare, anche gli episodi più tristi e squallidi per lei avevano valore perché avevano contribuito alla costruzione della sua identità e della donna che era diventata, quindi meritavano rispetto.»
Ad un certo punto della sua vita Rita si è trovata in una situazione familiare di sofferenza. Come viveva il tutto in relazione al terribile contesto della Seconda Guerra Mondiale?
«La tormentata relazione tra i suoi genitori vive un doloroso momento di rottura quando Rita è un’adolescente, scatenando una vera guerra tra le mura di casa, che si svolge in parallelo a quella esterna, la Seconda Guerra Mondiale, costringendo Rita a combattere su due fronti, dentro e fuori le mura di casa. Solo a guerra finita supererà la sua disperazione, grazie all’incontro casuale con Roberto, proprio quando anche Napoli si stava faticosamente rialzando dalle macerie delle bombe.»
In relazione all’importanza della memoria, per quale motivo credi che Rita abbia voluto conservare le sue lettere d’amore a Roberto? Solo per ricordare o per far sì che, facendole leggere, il loro amore sopravvivesse?
«Rita, in realtà, non gradiva che noi leggessimo le lettere. Provava vergogna nel mostrarsi così nuda nei suoi sentimenti e forse aveva paura che noi, figli di una diversa generazione, non avremmo potuto capire davvero quell’amore, quel dolore.
Credo abbia conservato le lettere principalmente per sé stessa, per ritrovare nella lettura di quegli scritti la sua storia, la sua vita, per riconciliarsi con il suo passato, per eternare il suo amore.
Queste lettere sono un vero e proprio diario dell’anima, un flusso di pensieri che aiutano Rita a liberarsi di dolori, paure e a rinascere, ritrovando sé stessa e coronando il suo sogno: costruire una famiglia con l’uomo che amava, opposta a quella in cui era cresciuta.
Eternamentetua è soprattutto la storia di un riscatto personale di una donna che attraverso l’amore riesce a diventare eroina di sé stessa.»
Cosa è successo, invece, alle lettere di Roberto?
«Le lettere di Roberto purtroppo mancano perché Rita le bruciò dopo la sua morte. Un gesto estremo dettato dalla disperazione della perdita, ma anche dalla voglia di portare per sempre con sé il segreto e la magia di quell’amore che le aveva cambiato la vita.
Le sue lettere, fortunatamente, decise di risparmiarle e le ha conservate gelosamente fino alla fine dei suoi giorni. Credo lo abbia fatto perché rappresentavano un diario del suo passato, della sua storia; eliminarle avrebbe significato cancellare sé stessa.»
Sembra quasi che l’amore tra Rita e Roberto sia stata un’arma di salvezza per Rita. Eppure, a causa della guerra, i due giovani hanno dovuto passare del tempo separati o, comunque, facevano difficoltà ad incontrarsi. Che idea dell’amore traspare?
«Traspare l’idea di un amore forte e indistruttibile, che resiste alla lontananza, agli ostacoli, alla miseria. Un amore che guarisce e salva.
Le lettere servivano a colmare il vuoto dell’assenza fisica, ma anche a curare le ferite di una vita passata nei ricoveri con la paura di morire sotto le bombe.
Servivano a fantasticare su un futuro insieme per trovare la forza e la speranza di andare avanti e non arrendersi.»
Essendo stato, per certi versi, un amore costretto ad essere vissuto a distanza a causa della guerra, pensi che ci siano delle analogie con il periodo che stiamo vivendo oggi in cui molte coppie sono costrette a stare lontane?
«Assolutamente sì. La storia di Rita e Roberto ha delle evidenti similitudini con gli amori a distanza dell’epoca Covid. In questo il libro è stato inconsapevolmente lungimirante e credo giochi un ruolo importante nell’infondere nel lettore speranza e ottimismo.»
C’è una lettera che ti ha emozionata più di tutte? Puoi leggerne un pezzetto?
«Ogni lettera mi ha emozionato per un motivo diverso. Senza dubbio, però, la più significativa per me è quella datata 24 luglio 1947 in cui Rita scrive:
“Amore mio infinito, mio unico bene, potremmo rilegare tutte le tue lettere, tanto sono espressive, e farne un romanzo della nostra vita, della nostra giovinezza e un giorno lontano, ormai vecchi, leggendo quelle pagine potremmo rivivere felici queste ore che racchiudono tutta la nostra esistenza”.
Ogni volta che leggo queste righe mi commuovo e mi convinco di aver fatto la cosa giusta a scrivere questa storia.»
Per concludere in bellezza. Come ti senti all’idea di aver realizzato uno dei sogni di tua nonna?
«Orgogliosa e privilegiata, perché ho avuto la fortuna di entrare in contatto con figure ormai scomparse del mio passato familiare e di farle rivivere ancora.
I dubbi sono stati tanti: non sapevo se a mia nonna avrebbe fatto piacere la messa a nudo dei suoi sentimenti in questo modo, ma lei mi ha insegnato che il bello non va taciuto e che l’amore, se raccontato e tramandato, genera altro amore. Solo per questo, ne è valsa la pena.»
Anna Illiano
Vedi anche: “Ti amo da lontano…” fenomenologia dell’attesa nelle “Lettere a Milena” di Kafka