Harry Potter e la rivolta dei fan: no alla transfobia di mamma Rowling
Se siete su Twitter o su altri social network, non vi sarà sfuggito il polverone alzato dalla scrittrice britannica J.K. Rowling, creatrice della saga del maghetto più famoso di tutti i tempi. Con una serie di tweet quanto mai fuori luogo, dato che siamo anche nel mese del Pride, l’autrice ha messo in dubbio il riconoscimento di genere delle persone trans, affermando che è la natura a stabilire il sesso di un individuo per nascita e che una donna è donna perché ha il ciclo mestruale.
«Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità» dice nel secondo volume della saga Albus Silente, uno dei personaggi più amati tra quelli nati dalla penna della Rowling e senza dubbio il più saggio.
È il caso di dirlo, l’autrice dovrebbe dare ascolto al suo stesso consiglio, visto che negli ultimi anni sta usando la sua piattaforma pubblica in maniera assai poco lungimirante e appropriata, scatenando le ire del fandom e non solo.
Chi ha letto Harry Potter e ci è cresciuto è rimasto basito nel rendersi conto che l’autrice appartiene al Trans-Exclusionary Radical Feminism (TERF) – un sottogruppo del femminismo radicale che considera vere donne soltanto quelle biologicamente nate come tali – proprio lei che ha fatto di accettazione e uguaglianza il punto di forza dei suoi romanzi.
Infatti, secondo alcuni studi pubblicati sul Journal of Applied Social Psychology e sul New York Times qualche anno fa, i lettori di Harry Potter sarebbero più sensibili al tema delle discriminazioni sociali – che si parli di immigrazione, omofobia o razzismo – e meno inclini ad avere pregiudizi contro il diverso.
Colpisce, dunque, che la donna che ha insegnato a un’intera generazione a ribellarsi alle ingiustizie, a parlare e a fare fronte comune contro chi discrimina, sia proprio quella che ora viene travolta dall’indignazione dei fan ormai adulti, memori della preziosa educazione assimilata con la lettura della saga. «Non riesci a vedere che non è importante ciò che si è alla nascita, ma ciò che si diventa?» chiede in un’altra occasione il saggio Silente e, adesso, lo chiedono anche i fan a mamma Jo.
Diverse sono state le reazioni ai tweet transfobici: c’è chi ha giurato di non supportare i futuri progetti della Rowling – che si tratti di film o di altri libri – chi stava iniziando a leggere la saga di Harry Potter per la prima volta e ha smesso completamente, chi riconosce la grandezza dell’opera, ma non più la grandezza dell’autrice.
E in molti si sono chiesti perché la scrittrice si sia sentita in dovere di utilizzare la sua piattaforma in questo modo, perché abbia scelto di focalizzarsi sull’argomento in un periodo in cui sarebbe meglio scuotere le coscienze su questioni di altra natura, prime fra tutti le manifestazioni sui diritti dei neri e la lotta contro la violenza delle autorità.
È evidente ormai, il mondo fantastico creato dalla Rowling non le appartiene più: Hogwarts resta la casa dei reietti, degli incompresi e i diversi, che tra le pagine saranno sempre accolti, capiti e accettati, anche ora che le parole della sua creatrice feriscono, invece di lenire.
E forse è il caso, per J.K. Rowling, di assumere un social media manager da consultare prima di porre all’attenzione del suo pubblico – composto anche da bambini influenzabili e da membri della comunità LGBTQ+ bisognosi di sostegno e riconoscimento – parole assai discriminanti e poco consone al suo lascito letterario. Dall’autrice della saga che ha fatto dell’inclusività il suo vessillo non ci aspettiamo niente di meno.
Claudia Moschetti
Vedi anche: J. K. Rowling e il Principe Mezzosangue