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Forme della distruzione: Palazzeschi e Greene

Voglio parlare liberamente di due forme di annientamento che hanno il medesimo intento: distruggere per creare.

Il componimento “L’incendiario” di Aldo Palazzeschi, contenuto nell’omonima raccolta del 1910 ci parla di un tipo di distruzione, una volontà particolare di demolire in maniera costruttiva un certo tipo di pensiero.

La figura del poeta combacia con quella dell’incendiario che vuole distruggere le false convinzioni borghesi e la morale ipocrita e benpensante.


[…]Sono un poeta che ti rende omaggio,
da povero incendiario mancato,
incendiario da poesia.
Ogni verso che scrivo è un incendio.
Oh! Tu vedessi quando scrivo!
Mi par di vederle le fiamme,
e sento le vampe, bollenti
carezze al mio viso.
Incendio non vero
è quello ch’io scrivo,
non vero seppure è per dolo.
[…]

Questa distruzione simbolica si serve dell’elemento del fuoco capace di devastare brutalmente ciò su cui si posa, ma dalle cui ceneri è possibile la resurrezione.

Quindi distruzione e creazione vengono poste sullo stesso piano e diventano complementari, soprattutto innovatrici. Come dovrebbe essere la poesia che si libera di qualsiasi senso per diventare una pura forma d’arte che si nutre di se stessa e non ha bisogno di valori.


Nel racconto di Graham Greene intitolato “I distruttori”, è possibile cogliere un’altra idea di distruzione. I protagonisti, una banda di ragazzi indirizzati dal più astuto Trevor, si introducono nella casa traballante del vecchio Miseria, approfittando della sua assenza. La dimora è l’unica ancora in piedi a differenza degli edifici crollati che la circondano e che sono caduti a pezzi a causa dell’esplosione di una bomba. La proposta di “T” di distruggere la casa viene accolta dagli altri e insieme cominciano a smantellarla pezzo per pezzo dall’interno, accorgendosi che però la struttura in sé rimane ancora in piedi.


Il caos era avanzato. La cucina era ora un macello di vetri e porcellane infrante. Il parquet della sala da pranzo era stato completamente rimosso, tolte le rifiniture; la porta era stata scardinata e i distruttori si erano spostati al piano superiore.  Filamenti di luce penetravano attraverso gli scuri serrati, lì dove il loro lavoro assumeva la serietà di una creazione – e in fondo, la distruzione altro non è che una forma di creazione. Un certo grado di immaginazione era stato necessario per vedere la casa così come adesso era diventata.


Squarciando poi i materassi, i ragazzi trovano i soldi nascosti dal vecchio e a dispetto di quanto si possa pensare, invece di dividersi il bottino, ancora una volta sotto suggerimento di “T”, decidono di bruciarli, banconota per banconota.


Non siamo ladri,” rispose T. “nessuno ruberà alcunché da questa casa.  Le ho tenute solo per me e te – una festicciola.” S’inginocchiò a terra e contò il bottino –erano settanta in tutto. “Li bruceremo,” disse, “una dopo l’altra.” E, prendendone a turno, tenendo la banconota verso l’alto ne accendevano l’angolo superiore, cosicché la fiamma bruciasse lentamente fino alle loro dita.  La cenere pallida galleggiava su di loro per poi posarsi sulle loro teste, come il tempo. Vorrei proprio vedere la faccia del vecchio Miseria quando avremo finito!” disse T. “Lo odi davvero fino a questo punto?” gli domandò Blackie. “Certo che no! Non lo odio affatto,” disse T. “non ci sarebbe alcun divertimento se lo odiassi.” L’ultima banconota in fiamme illuminò la sua faccia assorta. “Tutto quest’odio, tutto questo amore” disse “è molle, è una scemenza. Ci sono solo cose, Blackie.” E si guardò attorno, nella stanza affollata dalle ombre desuete di cose a metà, di cose distrutte, di cose che furono.


Il giorno seguente, nonostante il ritorno anticipato del vecchio, il piano di far cedere l’intera struttura viene attuato: i puntelli dei muri esterni della casa vengono legati a un camion nelle vicinanze che partendo la fa letteralmente crollare a terra.


Di che tipo di distruzione ci sta parlando l’autore? Ci stordisce con un racconto assurdo e apparentemente privo di senso, come la poesia di Palazzeschi, ma ci dona elementi importanti per decifrare il vero messaggio. Anche in questo caso brucia un fuoco, quello anarchico di chi si distacca dalle mire arraffone della società.

“T” non è un teppistello qualunque, non è interessato a fare sgarri o punire qualcuno. Lui vuole che tutto cambi a partire dal meccanismo del cambiamento, dall’atto in sé. Bruciare quei soldi (atto che avviene anche per mano del Joker de Il Cavaliere Oscuro) è il primo modo di distruggere per creare una nuova mentalità che toglie valore alle cose, soprattutto a quelle che ne risultano cariche per la società.

Se tutto è denaro, bruciare quei soldi significa bruciare il mondo e il modo di vederlo. Ma questo atto di ribellione estrema, che sia una per fiamma o per crollo, ha a che fare anche con la sua rinascita.

La vecchia dimora del vecchio Miseria era l’unica rimasta in piedi, e non era giusto. Quella casa traballante sarebbe dovuta crollare insieme alle altre perché solo con la fine di tutto si può cominciare da zero.

Maria Cristiana Grimaldi

Vedi anche: “A una Madonna”: costruzione e distruzione della donna amata in Baudelaire

Mariacristiana Grimaldi

Maria Cristiana Grimaldi, classe ‘92, laureata in Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, scrive per “La Testata” e il collettivo letterario “Gruppo 9”. Docente di italiano e storia, è stata rapita dagli alieni e ha dato alla luce due gemelli eterozigoti, un maschio e una femmina, che presto domineranno il mondo.

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