La disabilità spiegata ai bambini
Con il termine disabilità si indica: “coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”. (Treccani)
Sensibilizzare l’opinione pubblica di fronte ad un argomento delicato quanto la disabilità è essenziale per abbattere ogni tipo di distanza, partendo dal presupposto che non esiste una “normalità” univoca e che proprio per questo ci si debba battere per favorire l’inclusione sociale.
Garantire gli stessi diritti e l’applicazione di essi non significa abbattere soltanto le barriere architettoniche in una realtà concreta, ma anche generare un cambiamento profondo ed intimo a partire dall’attenzione verso l’altro, l’individuo, prescindendo dalla disabilità stessa.
Non c’è bisogno soltanto di erogazione di servizi, ma anche di perseguire l’obiettivo di benessere e di integrazione.
Da qualche anno a questa parte la scuola stessa si è fatta portavoce di un approccio didattico inclusivo, ma l’attenzione scolastica va necessariamente accompagnata da un impegno costante e consapevole anche in ambito familiare.
E chi può accorrere in aiuto delle famiglie per parlare con i propri figli di disabilità?
Come accade spesso, la Tv.
Non è raro, infatti, che proprio la Tv sia stata un mezzo non solo per l’intrattenimento, ma anche per discussioni e per argomenti istruttivi.
Fin dalla più tenera età, infatti, i più piccoli sono sottoposti a stimoli positivi con la produzione di cartoni animati che trattano apertamente il tema della disabilità.
Primo fra tutti è l’esempio di Heidi con la sua amica Clara, una dodicenne costretta in sedia a rotelle perché affetta da poliomelite e quindi paralizzata.
Quando Clara viene condotta in montagna a trovare Heidi, lo scopo è far cambiare aria alla bambina e tentare di farla camminare, come sperano sia il nonno di Heidi che il dottore.
Con tanto esercizio, volontà e con l’aiuto dei due amici Heidi e Peter, Clara riuscirà finalmente a camminare e la famiglia Seseman, per sdebitarsi, farà in modo che le due bambine restino a contatto incontrandosi in ogni primavera.
Altri due esempi più recenti, li troviamo nei personaggi Disney Nemo e Dory.
Il piccolo pesce pagliaccio Nemo è nato con una pinna atrofica, caratteristica per cui ha una pinna molto più piccola e meno sviluppata dell’altra. Nonostante questa diversità che attira tutte le ansie del padre, il pesciolino riesce comunque nelle sue piccole imprese.
A Nemo si accompagna la sua fidata amica Dory, una pesciolina tutta blu che soffre di perdite di memoria a breve termine e che dimentica cosa sta dicendo o facendo in quel determinato momento.
In realtà ad un certo punto del film, Dory si troverà a dover fare affidamento solo su sé stessa e a fronteggiarsi non solo con la sua disabilità, ma anche con quella degli altri personaggi che incontrerà, ad esempio la balena Destiny, quasi cieca.
Più recentemente anche i cartoni animati dedicati ad un pubblico in età pre-scolare si sono impegnati per trattare il tema della disabilità.
Ad esempio, Peppa Pig ha inserito nelle sue avventure Mandy Mouse: una topolina in sedia a rotelle che si unisce tranquillamente ai giochi degli altri animali.
Tuttavia la natura della sua disabilità è molto vaga, non specificata, affinché i bambini si concentrino sull’integrazione della topolina nel momento ludico e non sulle cause della sua diversità, infatti è un personaggio con molteplici qualità e talenti come il basket.
Infine, per fortuna, anche i giocattoli stanno diventando sempre più inclusivi.
Un esempio su tutti? Barbie.
Sempre bionda, sempre bella, ma in sedia a rotelle: per niente snaturata nel suo ruolo di bambola eternamente attuale, esiste anche in versione con una protesi al posto della gamba per fornire non solo un esempio di formazione culturale, ma anche un simbolo di riconoscimento nei bambini che potranno sentirsi rappresentati.
Alessandra De Paola
Leggi anche: Disability pride: un sogno chiamato Gucci, Sevy Marie Art: l’artista silenziosa che supera la non-verbalità