“Parole sbagliate” se non leggi tra le righe
“Ma per fortuna nessun segno rosso tra le pagine
perché qui, ai grandi, non è permessa indagine”
Serena Palmese, “Il pianeta delle parole sbagliate”
Mi stavo domandando, ma io sono grande ?
Certo, oggi ho stancamente raccolto i dati per fare la mia dichiarazione dei redditi, vivo da sola, lavoro, ma effettivamente:
sono grande?
Un testone afro, un cuore aperto e piccoli sogni da mangiucchiare, questa è Serena Palmese. Lei è la sindaca di Odal, cittadina delle parole sbagliate e pifferaia magica degli errori che regalano sorrisi.
A Odal non esistono parole davvero sbagliate, nessuna correzione, nessun maestro, solo mentegatti*, pultroppo*, tubetti di dentifricio che volano in cielo e nessuno spazio per chi dice che non è giusto.
Secondo voi, che significa?
Forse vuol solo dire che Odal è sempre esistito, che non è mai scomparso dalla vita di nessuno e che un giorno, qualcuno lo ha addirittura chiamato fanciullino.
Però, a dir la verità, io questo non lo so per certo perché si sa, a Odal commettere errori, non è uno sbaglio.
“Il pianeta delle parole sbagliate” non è un albo per bambini, mi sembra troppo semplice definirlo così, è più che altro un regalo di compleanno a Gianni Rodari, un piccolo gioiello di narrativa per esseri umani e l’esordio di un talento che fatica a rimanere nel cassetto.
Cinque minuti per leggerlo e molti attimi per abbracciarlo.
Ma quindi, sono grande?
Una persona che piange leggendo “Il pianeta delle parole sbagliate” è grande?
Ma poi, essere grandi che significa?
Essere enormi persone deabulanti?
Essere maestose personalità ben integrate nella società?
Cosa è grande?
A Odal essere grandi significa allargare le braccia e spalancarle per aprirsi in un’unità di misura.
A Odal, io, sono nella casetta azzurra, mangio un biscotto con i miei mentegatti* (ndr parola in prestito dal libro) e mi godo il mio commuovermi mentre leggo un piccolo libro di una piccola autrice che, con grandi ciuffi castano scuro, irrompe nel grande mondo fuori le casette del quartiere.
Sì, questa non è una recensione dove si racconta il libro, più che altro vi invita a leggere tra le righe. Diciamoci la verità, forse avremmo potuto fare delle domande all’autrice, farci spiegare il suo libro, avremmo copiato le risposte, avremmo indetto conferenze, presentazioni e discussioni, ma qui siamo ad Odal e dobbiamo rispettarne lo spirito, quindi: io sto mangiando un biscotto con le scaglie di cioccolato e recensisco questo albo, regalo, gioiello come si fa ad Odal.
Le risposte che cerchi, esistono, ti basta solo scrutare bene in quello che stai leggendo.
Fuori dal piccolo giardino che ho sulla testa
esce, dispettosa, questa storia per protesta.
Incrocia le braccia e si arrabbia, urlando,
perché a OoDAL il broncio è a comando.
Dal giardino, fino alla libreria, questo è il cammino che volevo
per una creatività che sentissi mia,
Perché si sa, sbagliare spesso dipende dai punti di vista, ma a Odal è effimero spiegare ogni propria svista.
Lascia uscire dalla casa azzurra il tuo bambino,
perché a Odal,
ti assicuro,
sarà al sicuro senza di te, perfino.
Benedetta De Nicola
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