Napoli Sotterranea: fotografie dal sottosuolo
Fra le innumerevoli attrazioni e monumenti da visitare almeno una volta a Napoli, non manca il percorso della Napoli Sotterranea.
E ora anch’io, finalmente, posso spuntarlo dalla mia lista.
All’ingresso principale di Via dei Tribunali, la maschera in tufo sovrasta gli sguardi incuriositi e preoccupati di turisti e locali alla prima esperienza, qui come me.
Una donna tiene per mano un marmocchio rossiccio: «Ma è sicuro per i bambini?», certo che è sicuro, le viene detto.
Ah, bene, allora si parte.
In gruppo di almeno quaranta persone il percorso inizia con la discesa dei 121 gradini, fino a circa 40 metri dalla superficie. La guida ci avverte: «Meglio se vi coprite, qui giù la temperatura è di almeno 16 gradi».
Giunti finalmente all’ultimo gradino, alla prima fermata vediamo un’esemplificazione del lavoro di estrazione lapidea effettuata ai tempi dell’antica Neapolis: qui blocchi di tufo venivano ricavati dalle pareti oggi ammuffite e umidicce fino ad essere trasportati in superficie attraverso pozzi.
E così palazzi, chiese, templi vennero eretti grazie alla roccia vulcanica napoletana.
Queste caverne, inizialmente create come cave dai coloni Greci, furono poi utilizzate come acquedotti in collegamento attraverso una rete di gallerie portando l’acqua da una sorgente sulle pendici del Monte Terminio (AV).
L’acquedotto, attivo fino allo scoppio del colera e riaperto nel 1942, funse poi da riparo aereo per la popolazione.
Ci spostiamo all’interno della cava fino a trovare le prime reliquie della guerra: elmetti, fucili e maschere antigas autentiche consegnate ai civili per filtrare l’aria dai bombardamenti, nonché bagni turchi di fortuna.
Tra le cisterne coglie la nostra attenzione un simpatico esperimento dal pollice verde. Grazie ad uno studio dell’Università Federico II alcune piante riescono a crescere qui senza acqua e luce naturale. Il Sole è simulato da lampade a luce fredda, mentre l’umidità che si infiltra fra le pieghe del giubbotto mi fa capire quanto essa basti per sopperire alla mancanza di acqua.
Dopo corridoi minori e passaggi dal tetto altissimo la guida ci raccoglie tutti: è il momento dell’attrazione più preoccupante.
Ci aspetta un cunicolo di circa 150 metri di lunghezza e mezzo metro di larghezza, insidiato da curve strettissime e un soffitto ad altezza uomo. Niente luci, niente candele, niente foto, c’è spazio solo per sostenere il flash del cellulare davanti al petto. Si cammina schiacciati fra le pareti, con le spalle al muro, come solo Harrison Ford in Indiana Jones potrebbe fare. Mi ritrovo proprio dietro la mia guida, sono il secondo della fila indiana mentre dietro di me… beh, non c’è spazio neanche per voltarsi.
Dopo quella che sembra una fuga rocambolesca da un canyon come se fossimo nel peggior incubo di un claustrofobico, alla fine del tunnel ci affacciano su una piscina riempita da acqua spiovente, simulando il recupero di quest’ultima tramite dei vasi calati dai pozzi in superficie.
Passiamo per cantine e rifugi di fortuna che portano direttamente a chiesette private, i cui ingressi sono ormai murati.
Non manca la visita al Teatro Romano di Neapolis, che ingloba – in profondità – tutto il quartiere alle spalle di Via dei Tribunali. Come molte famiglie che risiedono in un “vascio”, una cantina è un elemento sempre presente, ma nulla sapevano alcuni fortunati proprietari di avere sotto casa i camerini dell’antico teatro.
E così, dopo essere entrati nell’abitazione privata, attraverso una botola nascosta sotto un letto singolo scendiamo nel luogo in cui Nerone ha debuttato la sua lira a Napoli. Secondo la leggenda, un terremoto si scatenò a causa di una sua sfortunatissima esibizione. L’impavido imperatore impedì agli spettatori di uscire giustificando gli scossoni come il plauso degli Dei.
Noi, per fortuna, siamo usciti sani e salvi sbirciando fra gli spazi ancora oggi abitati.
Perché a Napoli vecchio e nuovo convivono ad ogni angolo.
Giovanni Allocca
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