L’inclusione vien giocando: Lego abolisce le etichette di genere
Lego ha deciso di rendere i suoi giocattoli genderly correct, in seguito ad un’indagine che ha confermato le disuguaglianze valoriali tra giochi per bambini e per bambine.
Ecco come cambieranno le cose.
Uno dei grandi temi caldi della nostra contemporaneità è la disuguaglianza di genere, residuo della società patriarcale che si sta tentando in ogni modo di superare. In questo senso, l’azienda danese Lego, leader nel settore ricreativo, sembra aver compiuto un piccolo, ma significativo passo avanti.
La mega-impresa nordeuropea ha infatti commissionato al Geena Davis Institute on Gender in Media (un’agenzia di ricerca fondata dalla attrice Geena Davis) uno studio riguardo agli influssi sui bambini delle etichette applicate ai giocattoli.
Prevedibili i risultati di questa ricerca: con buona pace dei genitori (e anzi, forse proprio sotto una loro occulta spinta), ben il 71% dei maschietti intervistati ha ammesso di evitare a spada tratta ogni tipo di gioco femminile, per non incorrere in possibili derisioni da parte dei coetanei. Non avviene lo stesso nella controparte femminile, la quale pare meglio disposta ad intrattenersi anche con giochi generalmente etichettati come maschili.
Insomma, nonostante la marea arcobaleno mossasi per favorire gli argomenti LGBTQ+, sopravvive strisciante il buon vecchio bigottismo censuratore.
Tale rifiuto etero-imposto ai bambini implica, tra le altre cose, l’allontanamento pregiudizievole da alcuni campi lavorativi e, di conseguenza, l’impossibilità di scoprire e sviluppare liberamente le proprie passioni.
Alcuni adulti trasmettono ai figli una dannosa visione passatista della società che bipartisce rigidamente i ruoli maschili e femminili: agli uomini, più forti e dotati, spetterebbe una vita in carriera; alle donne la cura della casa e della famiglia. Il mondo dei balocchi non è stato immune a questi stereotipi, anzi per certi versi, li ha perpetrati e inaspriti. Pensiamo ai giochi “per maschi”: costruzioni, macchinine, armi varie; di contro a quelli “per femmine” rappresentati da bambolotti, cucine e mini riproduzioni di elettrodomestici.
Al giorno d’oggi, la situazione si è ulteriormente complicata, dal momento che il concetto di genere ha fluidificato i suoi confini, rendendo anacronistica la semplice divisione tra uomini e donne. Lo scoglio da superare è quindi ancora più imponente: si tratta di cancellare un paradigma interpretativo diffuso per secoli, per introdurne uno radicalmente nuovo.
Per questo, qualsiasi azione che miri a smascherare gli stereotipi di genere, seppur apparentemente insignificante, costituisce un grande risultato.
È in quest’ottica che la collaborazione tra la Lego e il Geena Davis Institute acquisisce enorme valore, a maggior ragione considerando che l’attenzione alle problematiche dell’inclusione non è una novità per l’azienda. L’ultima ricerca è stata solo una ciliegina sulla torta per prendere provvedimenti definitivi.
I cambiamenti annunciati sono numerosi, ma la mossa più importante è sicuramente l’eliminazione della distinzione tra giocattoli per bambino e giocattoli per bambina, sia nei negozi fisici sia per gli acquisti online. Questi oggetti saranno suddivisi seguendo nuovi criteri valutativi, basati sui gusti e sulle inclinazioni personali.
La faccenda ha sollevato molte discussioni, dividendo l’opinione pubblica tra coloro i quali hanno ritenuto l’enquiry di Lego l’ennesima deriva del politically correct e coloro che vi hanno invece visto un prezioso sussidio alla rincorsa verso una (purtroppo ancora lontana) uguaglianza di genere.
Per avere una visione più chiara, bisognerebbe analizzare i dati. Ad esempio, le statistiche redatte dalla Fawcett Society hanno sottolineato la persistenza, in svariati ambiti, di stereotipi pigri e deleteri, capaci di interferire con la posizione sociale degli individui. Ulteriori inchieste hanno inoltre testimoniato i danni psicologici causati ai bambini dalla assillante e incontrovertibile applicazione dell’etichetta di genere.
Al momento, l’iniziativa ha incassato il plauso di svariati personaggi in vista del panorama “vip” mondiale, ma nessuna altra azienda di giocattoli ha voluto manifestare il suo appoggio alla forte presa di posizione della Lego.
Come tutte le industrie, evidentemente anche quella dei giocattoli per bambini ha delle sue regole interne, non facilmente modificabili. Anche una lieve modifica, come la sottrazione di un’etichetta, può essere un impegno irraggiungibile agli occhi di molti, uno sforzo maggiore per una misera (ed immateriale) ricompensa.
Come spesso accade, le grandi trasformazioni si mettono in moto solo quando riescono a raggiungere i livelli più alti del loro settore di appartenenza. Di certo, il fatto che sia stata proprio la Lego a prendere in mano le redini della situazione è un grande traguardo per l’intera area ludica.
Che sia solo l’inizio?
Giusy D’Elia
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