I tesori dell’ultimo viaggio di Tutankhamon
Egitto 4 Novembre 1922, l’archeologo britannico Howard Carter fa una scoperta destinata a segnare la storia dell’archeologia.
Una tomba ancora intatta, mai violata dai tombaroli, ritorna alla luce nella Valle dei Re, è quella di Tutankhamon.
Unico esempio di sepoltura con corredo a noi giunta integra, è di straordinaria importanza per capire come un faraone venisse sepolto e con che tipo di corredo funebre.
A Castel dell’Ovo fino ad Aprile, sarà possibile ammirare le fedeli riproduzioni, costruite in Egitto sotto la supervisione del Ministero delle Antichità egizie, del tesoro dell’ultimo viaggio, quello verso l’eternità, di Tutankhamon.
Sono presenti anche reperti originali provenienti dal Museo Egizio di Firenze, si può infatti osservare il sarcofago ligneo dipinto di Padihorpakhered probabilmente del periodo della XXV dinastia, restaurato proprio per l’esposizione in questa mostra, ma anche la Stele per Herba in calcare dipinto ed altri oggetti.
Una mostra sorprendente che trasporta il visitatore negli usi e costumi dell’antico Egitto, in piena epoca amarniana, al tempo della XVIII dinastia, alla quale apparteneva Tutankhamon.
Voce narrante che ci accompagna durante il percorso, è quella dell’archeologo scopritore Howard Carter, impersonato dall’attore Bruno Santini, il cui ologramma ci racconta il lungo e tenace lavoro compiuto per ritrovare la tomba del cosiddetto faraone bambino e le meraviglie che egli vide una volta aperti i sigilli della porta della tomba.
Tesoro di inestimabile valore è il corredo con cui fu sepolto, in particolare per l’importanza archeologica e artistica, in quanto fornisce una testimonianza della produzione artistica dell’epoca amarniana, che altrimenti non avremmo conosciuto.
Molte tombe sono state ripetutamente violate dai ladri nel corso dei secoli, spesso anche pochi anni dopo la sepoltura del faraone, presentando al momento dello scavo un corredo smembrato o la totale assenza di esso, altre invece come ad esempio le tombe rinvenute intatte a Tanis della XXI e XXII dinastia, sebbene ritrovate intatte, non presentano un corredo.
Le copie esposte, i cui originali sono custoditi al Grand Egyptian Museum del Cairo, ci indicano lo stile di vita e l’opulenza dei faraoni, considerati rappresentanti del dio in terra.
Oggetti d’oro, amuleti, carri, mobili alcuni dei quali con molta probabilità utilizzati dal faraone nel corso della sua breve vita.
Alcuni meritano una menzione particolare, come ad esempio la stupefacente maschera d’oro che fu messa a protezione del volto e delle spalle della mummia, realizzata interamente in oro con lapislazzuli, ossidiana, quarzo e pasta vitrea.
Il celeberrimo medaglione con scarabeo, una delle opere dell’antico impero egizio più note, che rivela la maestria dei gioiellieri del tempo, realizzato in oro con pasta vitrea. Lo scarabeo centrale, simbolo di rinascita associato al culto del sole e quindi al dio Khepri, è stato realizzato con una rarissima pietra giallastra, la silica glass, molto rara costituita da silicio quasi puro, sulla cui formazione ci sono molte ipotesi, che si trova esclusivamente nel deserto del Sahara.
Il famoso tavolo da gioco per il Senet in legno d’ebano con decorazioni in oro e avorio. Questo gioco popolarissimo nell’antico Egitto, era la versione antica del nostro gioco della dama.
Di vitale importanza per la ricostruzione della religione, del particolarissimo pantheon e del mondo egizio risultano poi le pitture parietali che decoravano le pareti delle tombe. Alla mostra si può vedere una perfetta ricostruzione della camera funeraria e delle pitture ivi rinvenute, che mostrano il complesso viaggio dell’anima di Tutankhamon verso l’eternità, per giungere nel regno di Osiride dove l’anima, il Ka, avrebbe pronunciato le 42 formule dell’innocenza, per poi superare la prova della pesatura del cuore. Nella parte finale dell’affresco si nota lo spirito di Tutankhamon che è arrivato alla fine del viaggio ed accolto da Anubi e dalla dea Hathor che gli dona la vita eterna, rappresentata dalla chiave Ankh.
A completare il racconto le riproduzioni delle belle foto scattate dal fotografo ed egittologo britannico Henry Burton, i cui originali sono visibili al Griffith Institute della Oxford University, che ritraggono Carter al momento dell’apertura della tomba, insieme anche al finanziatore degli scavi Lord George Herbert.
A Castel dell’Ovo si può quindi compiere un viaggio culturale alla scoperta dell’archeologia e della storia della millenaria civiltà egizia, immergersi nella vita di quel tempo, nei suoi costumi e credenze, ma soprattutto conoscere la parabola esistenziale di uno dei faraoni più famosi, Tutankhamon.
Beatrice Gargiulo
Vedi anche: Il dialogo amoroso tra antico e moderno: Canova al Museo Archeologico Nazionale di Napoli