Eduardo Scarpetta: la vita dell’attore e drammaturgo omaggiato da Martone
Una guida per addentrarsi nella tortuosa biografia del padre biologico di Eduardo De Filippo.
Martone ha recentemente realizzato un progetto ambizioso: portare al cinema la vita del più grande attore di teatro napoletano vissuto tra fine ottocento e inizio novecento: Eduardo Scarpetta.
Interpretato magistralmente da Toni Servillo, Scarpetta sembra riprendere vita in una pellicola che ha il ritmo delle vecchie commedie di Eduardo.
Il film è un piccolo gioiello che tiene viva la memoria della Napoli del primo novecento ma ha un grande difetto: descrivendo le gesta di un uomo che ha avuto innumerevoli amanti e figli, legittimi e non, lo spettatore finisce col perdere il bandolo della matassa e si sente disorientato. Sono ben tre le amanti fisse, imparentate tra loro, con cui Scarpetta ha avuto molti figli.
Proviamo quindi a fare un po’ di ordine, partendo dalle cose semplici: il matrimonio.
Eduardo Scarpetta era sposato con Rosa De Filippo da cui ebbe tre figli: Maria, Vincenzo e Domenico. Quest’ultimo venne riconosciuto pur essendo probabilmente frutto di una scappatella di Rosa con il re Vittorio Emanuele II.
Rosa non fu l’unica a non essere fedele nel matrimonio, anzi: Scarpetta si infatuò della giovane sarta che si occupava dei vestiti di scena della propria compagnia, Luisa De Filippo, nipote di Rosa.
Con questa l’attore ebbe ben tre figli, che non furono riconosciuti, i cui nomi suonano familiari: Titina De Filippo, Peppino De Filippo e il preferito, Eduardo De Filippo.
La prima è tutt’ora considerata una delle più grandi attrici italiane, il secondo è altrettanto noto, soprattutto in campo cinematografico, per essere stato la leggendaria spalla di Totò ed il terzo ha superato il padre in fama: quando si parla di Eduardo, non è necessario neanche aggiungere il cognome che immediatamente si pensa al re del teatro italiano del novecento, le cui commedie hanno raggiunto una popolarità ineguagliata anche grazie alla televisione.
Meno famoso il fratellastro ed omonimo, Eduardo De Filippo, che in arte si fa chiamare Passarelli, per evitare confusioni: si tratta di un altro figlio di Scarpetta nato da un’ulteriore scappatella dell’attore, quella con Anna De Filippo, sorellastra della moglie.
Spiegato ciò, ci si fa un’idea piuttosto chiara del motivo per cui Peppino De Filippo ha intitolato la propria autobiografia Una famiglia difficile.
Ma non furono solo le scappatelle, a movimentare l’esistenza del focoso Scarpetta: il film mostra un evento molto importante, sia nella vita dell’inventore della maschera Felice Sciosciammocca, sia nell’analisi generale dell’arte: la legittimità della parodia.
Il quesito sorge, nella storia del teatro italiano, quando Gabriele D’Annunzio fa causa a Eduardo Scarpetta per plagio.
In effetti, il commediografo napoletano aveva scritto un’opera ispirandosi a La figlia di Iorio, tragedia teatrale in tre atti di D’Annunzio. Scarpetta intitolò la propria opera Il figlio di Iorio, invertendo il sesso dei personaggi e trasformando la tragedia in commedia. Scarpetta si recò personalmente da D’Annunzio per chiedere il permesso di parodiare l’opera teatrale, come vediamo in una delle scene più suggestive del film.
Il Vate fu poco chiaro nei confronti di Scarpetta, facendogli intendere che questi avrebbe potuto portare in scena la commedia.
Successivamente D’Annunzio cambiò idea, temendo che la parodia potesse danneggiare la fama della sua tragedia e avvisò Scarpetta con un telegramma.
Il diniego arrivò quando si era ormai pronti per il debutto. L’opera andò infatti in scena al Teatro Mercadante nel dicembre del 1904.
Nacque così la prima causa legata al diritto d’autore in Italia e per la prima volta si affrontò in tribunale la legittimità della parodia.
Il tema della paternità in Qui rido io è ricorrente, sia questa artistica o biologica. Fa riflettere il fatto che Scarpetta abbia combattuto strenuamente in difesa della propria opera artistica, cercando in tutti i modi di affermarne la paternità, negando ogni ipotesi di plagio, mentre ha messo al mondo ben nove figli, con cui ha lavorato e che ha di fatto educato, soprattutto artisticamente, senza sentire la necessità di riconoscerli tutti.
Scarpetta è stato un uomo affascinante e contraddittorio: ha sfidato a testa alta le convenzioni del proprio tempo e formato i più grandi nomi del teatro italiano del novecento; ma è stato anche un uomo vanitoso che ha sedotto delle donne fragili e dato il proprio stesso nome di battesimo a ben due bambini che poi non ha voluto riconoscere.
Il suo lascito maggiore è stata l’incredibile passione per il teatro passata in eredità, con i fatti, a tutti i suoi figli, anche a quelli a cui non ha concesso il proprio cognome.
Sara Picardi
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