Non lasciarti ingannare dai titoli, a volte mentono
Se si dice che non è oro tutto ciò che luccica, si può anche dire che non sempre quello che leggiamo è davvero quello che l’autore vuole dire.
Soprattutto nei titoli, spesso si nasconde un messaggio criptico o, cosa meno piacevole, uno spoiler.
Il primo titolo che sicuramente andrà citato è Addio alle armi di Ernest Hemingway.
Detto così, sembrerebbe non esserci nulla di strano, anzi, il titolo va a braccetto con la trama del romanzo: un soldato che, ferito e innamorato, abbandona la Prima Guerra Mondiale.
In realtà il gioco di parole è ben più evidente nel titolo originale dell’opera: Farewell to arms in cui il termine arms può fare riferimento sia alle armi, come riporta la traduzione italiana, o alle braccia della donna amata. Hemingway non ha mai svelato l’arcano e a noi questo alone di mistero non dispiace.
Un altro titolo interessante è sicuramente quello di un romanzo di Virginia Woolf: To The Lighthouse. Generalmente – ed erroneamente- tradotto con Gita al faro il romanzo in realtà presenta nel titolo non un moto a luogo ma un encomio. La traduzione corretta sarebbe dunque Al faro
È vero: la trama del romanzo sembra parlare di questa gita che non si riesce mai ad organizzare ma in realtà è una dedica al faro. E il faro non è neanche un luogo fisico ma è una persona: la signora Ramsay, il raggio di luce dell’intera opera.
Tornando invece al Primo Conflitto Mondiale, c’è un altro titolo che va ricordato: Niente di nuovo sul fronte Occidentale di Remarke, ambientato nelle trincee e sui campi di battaglia occidentali.
I protagonisti sono tutti giovanissimi persuasi ad andare a fare la guerra per una buona causa. In realtà, vivendo ogni giorno la drammaticità della guerra, i soldati si renderanno che la guerra è cruda ed inutile.
Non si salverà nessuno, neanche il protagonista, ma la morte di tantissimi ragazzi non rappresenta niente di significativo in un conflitto in cui conta vincere, non importa quante siano le perdite. E allora, se non è successo niente di memorabile, il bollettino di guerra riporterà una sola, semplice frase: «Niente di nuovo sul fronte Occidentale».
Spostiamoci adesso in Italia con uno dei romanzi più famosi del Novecento: Il fu Mattia Pascal di Pirandello. Ed è in quel fu che c’è tutta la chiave di lettura del romanzo: il passato remoto del verbo essere in genere accompagna il nominativo di un defunto.
Quindi Mattia Pascal fu? No, in realtà è. Solo con un altro nome e un’altra vita.
Rappresentazione estrema – insieme a Uno, nessuno e centomila – della poetica pirandelliana, il titolo gioca sul passato e il presente. Su ciò che noi pensiamo di noi stessi e su quello che gli altri pensano di noi.
L’ultimo titolo fa riferimento invece ad un’autobiografia: quella di Carlo Levi. Cristo si è fermato a Eboli è il racconto di una realtà rurale, ferina ai limiti del civile. Non vi sono leggi e non c’è Dio. Cristo laggiù, a Gagliano, non ci è mai arrivato.
Perché si è fermato prima: si è fermato ad Eboli.
Maria Rosaria Corsino
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