Caro Harry, si rimane con te fino alla fine
Chi non conosce Harry Potter? La storia del mago dagli occhi verdi e con la cicatrice a forma di saetta è una delle più famose al mondo.
Sette libri, otto film, un parco a tema: la saga della scrittrice J.K. Rowling non conosce confini. Ma perché Harry Potter ha conquistato così tanti cuori? Analizziamo qualche motivo.
J.K. (Joanne Kathleen) Rowling è una donna ricchissima e famosa. Ma non è sempre stata così. Era il 1990 quando, in un treno diretto da Manchester a Londra, J.K. Rowling cominciò a riflettere sulla serie di romanzi che l’avrebbe consacrata al successo planetario. Joanne è in crisi finanziaria e soffre di depressione, ma nel 1995 la scrittrice completa il primo capitolo della saga: Harry Potter e la pietra filosofale.
La storia editoriale di Harry Potter è inizialmente difficile. Rifiutata da ben dodici case editrici, finalmente, il 26 giugno 1997, Harry Potter e la pietra filosofale viene pubblicata dalla casa editrice Bloomsbury Publishing. Il successo è immediatamente straordinario: 70.000 copie vendute nel solo Regno Unito, alla fine del 1997.
In Italia, Harry è arrivato nel 1998. La saga della scrittrice è stata tradotta in ben 80 lingue, tra cui il greco antico e il latino. Il primo film della saga risale al lontano 2001, ben venti anni fa. Dieci anni dopo il 2001, si sarebbe conclusa l’avventura magica: viene pubblicato il film Harry Potter e i Doni della morte, diviso in due parti.
Sono tantissimi i motivi per cui Harry Potter è diventato il compagno di vita di moltissimi adolescenti, ma anche di adulti. Dalle prime pagine del primo libro, si scopre che Harry è un orfano. Il ragazzo è costretto a vivere in un sottoscala dai suoi terribili zii, per un motivo ancora più terribile. Solo al termine della saga si scoprirà perché Harry non si sia potuto mai trasferire definitivamente da quella casa di bulli. Nel corso del tempo, Harry non riuscirà mai a sopperire totalmente alla mancanza dei suoi genitori, ma non sarà quasi mai effettivamente solo.
Ancora prima di giungere nella bellissima Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Harry conoscerà il suo migliore amico per tutta la vita: Ron Weasley. Ron è l’esempio dell’amico che, pur non essendo perfetto (i fan ricorderanno il brutto litigio tra i due, avvenuto nel quarto libro/film), c’è. E poi c’è Hermione. Hermione Granger è, a mio avviso, fastidiosamente perfetta nei film. Le hanno attribuito tante azioni positive che in realtà erano o di Harry o di Ron.
In più, la Hermione dei film è più sensibile e meno razionale di quella dei libri. La versione dei libri è decisamente più umana, e va benissimo così. Anzi, molto meglio. La Hermione dei libri è una ragazza che esige tantissimo da sé stessa, è ambiziosa, combattiva, fiera e a tratti supponente e presuntuosa. Ron è buffo, divertente, immaturo e un’ottima spalla. Altri pilastri per Harry sono: i professori Albus Silente e Minerva McGranitt; Sirius Black e Remus Lupin (i migliori amici di suo padre, James Potter) e l’intera famiglia Weasley.
Un personaggio a volte sottovalutato dal fandom è proprio Harry. Costretto a vivere una vita molto difficile, Harry resta, nonostante tutto, una persona buona. E restare buoni, soprattutto se hai subito cose cattivissime, non è per niente facile. Harry insegna il valore del perdono. Non è quasi mai mosso da sete di vendetta, nemmeno quando la tremenda Bellatrix Lestrange uccide Sirius. E quando, al termine della saga, Harry deve incontrare Voldemort nella Foresta proibita per lo scontro finale, Harry ci va senza esitazioni. E lo fa perché il suo sacrificio determina la salvezza degli altri. Ma l’amore di sua madre, Lily, lo salva dalla morte.
Un altro dei punti di riferimento della saga è proprio l’amore. Quando Voldemort cercò di uccidere Harry, l’unico motivo per cui il bambino non morì, fu perché Lily si frappose fra Voldemort e suo figlio. Un fattore interessante di Harry Potter è che il fan cresce con Harry, letteralmente. Non solo i libri e i film uscirono con cadenza quasi annuale, ma anno dopo anno i temi diventano sempre più cupi e profondi. Si passa da un’atmosfera infantile e solo a tratti inquietante del primo capitolo, a una serie di pericoli e situazioni preoccupanti crescenti.
La morte e l’amore rappresentano il binomio per eccellenza della saga. La morte costella i capitoli dal quarto in poi. Quando Voldemort uccide Cedric Diggory ne Il calice di fuoco, lì la saga attraversa un punto di non ritorno. L’adolescenza è finita e la guerra è iniziata. Il capitolo finale della saga porta a compimento un lungo percorso in cui la morte è quasi sempre presente. I Doni della morte (la Bacchetta di Sambuco, la Pietra della Resurrezione, il Mantello dell’Invisibilità) rappresentano tre approcci diversi che l’essere umano ha nei confronti della morte.
Come da leggenda, la Morte incontrò i tre fratelli Peverell. Il primo, il più arrogante, scelse la Bacchetta di Sambuco: esserne il proprietario significava poter battere qualunque mago a duello. Il secondo, scelse la Pietra della Resurrezione: possederla avrebbe riportato in vita (ma in modo illusorio) una persona amata. Il terzo, il più umile, chiese alla Morte un oggetto che gli avrebbe permesso di sfuggirle. Allora la Morte gli consegnò parte del suo mantello (il Mantello dell’Invisibilità, appunto). Solo l’ultimo fratello riuscì a beffare la Morte. Una volta toltosi il mantello, il più umile dei fratelli Peverell incontra finalmente la Morte, come se fosse una vecchia amica.
Sulla simbologia dei Doni della morte si svolge l’ultimo libro, ma anche l’elemento più profondo della saga. Secondo la leggenda, chi avrebbe posseduto tutti e tre i doni, avrebbe dominato la Morte. Ma, parola della Rowling, “dominare” la Morte non significa essere immortale, ma, al contrario, accettare che la mortalità esiste. Harry, avendo disarmato Draco Malfoy (il quale a sua volta aveva disarmato Silente, possessore della Bacchetta di Sambuco), è a tutti gli effetti il proprietario della Bacchetta. Harry possiede anche la Pietra, donatagli da Silente, e il Mantello (proprietà della famiglia Potter da generazioni). Harry è, quindi, il vero Padrone della Morte.
Harry sa che la Morte è un dato di fatto, fa parte della vita. E il suo sacrificio lo dimostra. Voldemort, invece, ha sempre lottato per essere immortale. Tutto il suo orrendo percorso di spezzare la sua anima in sette pezzi (tramite la creazione degli Horcrux) significa proprio questo: io non accetto la morte. Ma proprio nel suo tentativo di dominio, Voldemort muore, vinto da colui che la Morte l’ha accolta come una vecchia amica, e cioè Harry stesso. E qui torna anche l’amore, perché se Harry è sopravvissuto, lo deve solo al sacrificio di sua madre. Un pezzo di anima di Voldemort riuscì a vivere in Harry, salvandolo, proprio grazie a Lily. Uccisa la parte di sé stesso nel suo nemico, Voldemort compie, sostanzialmente, un inconscio suicidio. E Voldemort muore anche perché non capisce che esiste una magia più potente di tutte, che vince perfino la morte: l’Amore.
Con vari temi (Amore, Morte), sottotemi (razzismo, dittatura, bullismo) e un cast strepitoso, Harry Potter resta, e resterà con noi fin proprio alla fine.
Aurora Scarnera