Amazzonia, il polmone del mondo
La foresta pluviale Amazzonica esiste da 55 milioni di anni, formatasi probabilmente durante l’Eocene, si estende su una superficie di sei milioni di chilometri quadrati e occupa 9 paesi.
In Brasile si estende il 60% della foresta, seguito dal Perù 13% e Colombia 10%.
Questa foresta è la più grande presente sul pianeta, considerata il polmone del mondo, assorbe 200 miliardi di tonnellate di carbonio, fornisce circa il 20% dell’acqua dolce della Terra.
Ha un ruolo fondamentale per l’equilibrio climatico del mondo fungendo da regolatore ed è ricca di biodiversità.
Ciò nonostante, sebbene sia indubbio che la foresta amazzonica sia fondamentale per la sopravvivenza del pianeta, stiamo assistendo negli ultimi 15 anni ad una progressiva e intensa deforestazione.
L’incremento di questa tendenza è avvenuto con l’entrata in carica del presidente Jair Bolsonaro, vicino alle istanze della potente Bancada ruralista, negazionista sui problemi climatici ed anche sulla pandemia di Covid-19.
Fin dal principio del suo mandato, Bolsonaro non ha fatto mistero di voler “sviluppare” l’Amazzonia, traducendo, di voler avviare una politica di sfruttamento brutale delle risorse della foresta, costruendo miniere, centrali idroelettriche e immense autostrade che attraversano la foresta verso il Perù.
Secondo i dati forniti dall’Istituto nazionale brasiliano per la ricerca spaziale, in un solo anno, da agosto 2020 a luglio 2021, sono stati distrutti 13.235 chilometri quadrati di foresta. L’Istituto ha registrato negli ultimi tre anni, coincidenti con il governo di Bolsonaro, l’aumento della media annuale di deforestazione che dal 2019 si attesta sui 11.405 chilometri quadrati, mentre nel periodo che va dal 2009 al 2018 era di circa 6.500 chilometri quadrati all’anno.
Negli ultimi 12 anni sono spariti 1.085.100 ettari della foresta amazzonica.
I dati forniti dalla Cpt, Commissione pastorale per la terra nel 2019, informano che sono avvenuti 1823 conflitti per occupare illegalmente la terra 32 leader delle comunità indigene sono stati assassinati.
La Bancada ruralista è una potente lobby di speculatori, di cui fanno parte anche 200 deputati, è composta da latifondisti, cercatori d’oro, grossi produttori agricoli e allevatori. È stata la pressione esercitata da questa lobby, nel 2019, a far approvare l’amnistia per tutti coloro che illegalmente avevano deforestato l’Amazzonia.
Dopo tutto questo risulta quindi una mera ipocrisia, volta a ingraziarsi i leader del mondo, illudendoli, l’accordo siglato lo scorso novembre a Glasgow alla Cop26, anche da Bolsonaro, in cui si impegna entro il 2030 a porre fine alla deforestazione.
I dati parlano chiaro e l’indignazione del mondo è sempre più forte, da qui la recente tendenza del presidente Bolsonaro, di tentare di ripulirsi agli occhi del mondo con belle parole, presentandosi ora come promotore di politiche volte a ridurre la deforestazione, ma in realtà persevera con il suo programma iniziale.
Secondo l’Ipam, Istituto della ricerca ambientale dell’Amazzonia, sono circa 60 milioni gli ettari di foresta presenti su terreni pubblici. Nel 2006 sono state approvate delle leggi per tutelare queste zone trasformandole in aree protette, ma nella realtà non vi è presente nessuna protezione da parte dello Stato e quindi risultano essere queste le parti della foresta più facilmente aggredibili dai criminali.
La tecnica dello slash and burn è molto usata e rapida, consiste nell’incendiare parti della foresta per poi convertirle in coltivazioni e allevamenti, questo provoca incendi che spesso sono difficili da gestire e continuano a bruciare per troppo tempo. Il crimine organizzato è tra i principali responsabili della distruzione della foresta e infatti dopo la deforestazione con incendi, rivendono i terreni occupati abusivamente al migliore offerente, con notevoli guadagni. Nel 2020 gli incendi registrati sono stati 103 mila.
La richiesta sempre crescente di prodotti alimentari dall’Europa e dall’Asia spinge verso l’aumento della deforestazione per ottenere terreni sia per il pascolo che per l’agricoltura, in particolare per le coltivazioni del cacao, della palma da olio e della soia.
Il boom del consumo di soia è attestato dai dati di Eurostat e Tridge, che ci indicano l’importazione in Europa di 2,5 miliardi di euro di soia e derivati, ed in Cina di 24, 9 milioni di semi di soia.
Possiamo quindi dire che è in corso un ecocidio e un genocidio, e dimostrazione di ciò sono le due leggi approvate dal parlamento brasiliano la Pl2633 e la Pl490.
Con la Pl 2633, chiamata anche legge dei land grabber, chiunque abbia commesso crimini di disboscamento e distruzione della foresta ha l’impunità, riceve inoltre un condono sui terreni occupati con la forza ed è valida per reati commessi dal 2012 ad oggi.
La Pl 490 rientra nella dura politica di contrasto intrapresa dal governo contro le inermi comunità indios, che vivono nella foresta da migliaia di anni, e che Bolsonaro e gli affaristi che rappresenta intendono mandar via dalle loro terre perché la loro presenza interferisce con i piani di sfruttamento intensivo del territorio.
Con questa legge viene modificata la costituzione ed imposto alle comunità indigene di dimostrare la loro presenza sulle terre dove ora abitano, e che occupano da sempre, il 5 ottobre 1988 data in cui fu promulgata la costituzione brasiliana, e che attesterebbe il loro diritto a restare.
Dimostrare quanto richiesto per queste popolazioni è difficile ed il governo lo sa, come sa anche che quelle terre sono da sempre appartenute a queste comunità, ma con questo assurdo pretesto ha trovato il modo per mandar via queste persone, rendendo quindi i confini di demarcazione delle loro terre modificabili e permettendo per “motivi di pubblica utilità” di entrare in queste zone e sfruttarle.
Viene così legittimata ogni azione criminale contro la foresta e le comunità indios, comunità che spesso non hanno mai avuto contatti con i bianchi e posseggono un sistema immunitario diverso, anche una semplice influenza per loro potrebbe risultare altamente pericolosa.
Sono 100 i popoli indios che vivono nella foresta e la proteggono, e che da 500 anni subiscono violenze, crudeltà che nell’era di Bolsonaro sono approvate e coperte da quello stesso stato che in teoria dovrebbe proteggerli e garantire la loro sopravvivenza.
Il comportamento dei tanti scellerati Bolsonaro, che deturpano il territorio e si comportano come se non vivessero su questa terra e non subissero stesso loro le conseguenze di ciò che fanno, nonché condannando anche gli altri, è da spiegare con un’unica parola, stupidità.
Beatrice Gargiulo
Vedi anche: La Foresta delle Scimmie a Ubud