Woody Allen, amore e nevrosi nella metropoli newyorkese
Immaginiamo per un attimo di essere a New York e di passeggiare per le strade della Grande Mela, con musica jazz in sottofondo, sfogliando un libro mentre ci rechiamo dal nostro analista.
Ci sono tutti gli elementi per un film di Woody Allen.
Dai suoi primi capolavori come Manhattan, Io e Annie, Harry a pezzi, fino ai più recenti To Rome with love, Basta che funzioni, Midnight in Paris, Allen ci mostra la tragicomicità della vita, i suoi assurdi paradossi, attraverso l’indimenticabile schiera dei suoi personaggi e i suoi costanti riferimenti letterari e filosofici che rendono la sua comicità irresistibilmente intelligente.
Una comicità, la sua, che non risulta però mai snob, al contrario il suo punto di forza sta proprio nel non avere certezze, nella capacità di essere multiforme, di non assolutizzare nulla, ponendosi “in direzione ostinata e contraria”; il suo resta un umorismo umano, vero, che mostra le fragilità, le nevrosi, le contraddizioni dell’essere umano.
Al centro dei suoi film c’è sicuramente il bisogno d’amore dell’uomo e al contempo la sua incapacità di amare, la volontà di integrarsi in un dato contesto sociale, di essere “normale”, ma anche il bisogno di distaccarsi da chi vive in maniera irriflessa, inconsapevole; ancora, da un lato la necessità di sentire Dio nella propria vita ma allo stesso tempo chiedergli se fosse proprio necessario nascere. Non possiamo non ricordare, a tal proposito, il protagonista di Harry a pezzi che lotta, resiste per non venire al mondo.
I film di Woody Allen sembrano tutti dire che non abbiamo scelto noi di esserci, ritrovandoci così inconsapevolmente nel mondo, eppure cosa possiamo fare? Siamo in ballo, balliamo.
Filo conduttore dei suoi capolavori è proprio la vita dell’individuo nella metropoli, nel caos e nelle sfide quotidiane della vita moderna e soprattutto dell’amore, rimedio e malattia dell’uomo.
Amore e nevrosi sono infatti sempre legate in Allen, lo si vede bene in ogni suo film, ma in particolare nella sceneggiatura del celeberrimo Io e Annie, dove attraverso dialoghi rapidi ma d’effetto e monologhi esistenziali a base d’ansia e di insicurezza, il comico Alvy Singer, fidanzato con Annie Hall, per comprendere i motivi della rottura della loro relazione, analizza la propria personalità, i suoi complessi infantili, le fisse e le manie, ripercorrendo così la loro storia.
Altro capolavoro incentrato sull’amore e sulla sessualità è Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere), composto da una serie di storie che restituiscono la complessità e le molteplici sfaccettature dell’Eros, con un’implicita critica alla sessualità eteronormativa borghese. Se parliamo di società borghese non possiamo non citare Celebrity, che ruota attorno ad una critica dell’alta società newyorkese, ma soprattutto del mondo delle celebrità. Il protagonista, un semplice giornalista, aspirante scrittore, prova ad avvicinarsi a questo mondo, ammaliato dall’avvenenza di attrici e modelle; passa così da un’esperienza all’altra, scoprendo a sue spese il fatuo mondo delle celebrità, innamorandosi romanticamente di donne irraggiungibili: anche qui ritorna quindi il fondamentale tema della vacuità e casualità dell’amore.
Aspetti, questi, che si ritrovano anche in capolavori più recenti come Vicky Cristina Barcelona o in To Rome with love, che rappresentano dei microcosmi amorosi ai limiti dell’assurdo, con uomini e donne insoddisfatti, alla costante ricerca di un diversivo, di escamotage romantici che possano spezzare la routine e restituire un senso, anche se fuggevole, all’esistenza. Anche qui comune denominatore è la costante irrequietezza, l’incostanza e il senso di incompletezza dei personaggi, come Cristina, che dopo essersi concessa le più svariate esperienze, credendo di aver trovato un antidoto alla noia, alla quotidianità, si ritrova di nuovo punto e a capo.
O ancora Basta che funzioni, dove il compulsivo Boris Yellnikoff, dopo aver tentato il suicidio ed essersi salvato, ormai rassegnato ad una vita di sofferenza, si ritrova ad ospitare per caso una ragazza sempliciotta, ingenua, con cui non condivide nulla, fino a innamorarsi pian piano di lei, di tutto ciò che detestava, per poi essere soppiantato da un giovane attraente.
L’amore in Woody Allen assume varie prospettive; una di queste è la nostalgia romantica e sentimentale quanto effimera, perfettamente incarnata dal protagonista di Midnight in Paris, il cui fil rouge è proprio quella malinconia sognatrice che trova la sua patria spirituale a Parigi, città romantica e artistica per antonomasia.
Atmosfera molto simile la si ritrova in uno dei suoi ultimi film, Un giorno di pioggia a New York, in cui, a suon di jazz, si snodano le vicende di Gatsby Welles, ragazzo altrettanto sognatore, avvolto da quell’aura malinconica, artistica, che è un tratto fondamentale della caratterologia dei personaggi dell’universo di Allen.
Queste figure, in modi diversi, incarnano tutti la contraddittorietà e complessità psichica che è la maledizione dell’uomo, che lo condanna da un lato a non essere compreso, a essere spesso isolato ma, dall’altro lato, costituisce anche ciò che di più vero ed umano abbiamo. Non a caso la maggior parte dei personaggi dei suoi film sono seguiti dallo psicoanalista e fanno della propria sofferenza anche un punto privilegiato di osservazione del mondo.
Nelle rappresentazioni di Allen troviamo armonicamente fuse un’atmosfera rassegnata e anche un po’ cinica e un clima talvolta sognante, speranzoso. Lo spettatore si trova sospeso così come i personaggi in un’attesa incessante alla “Aspettando Godot”. C’è una frase, tratta dal film Basta che funzioni, che ci restituisce un po’ della sua essenza, di ciò che Allen cerca di comunicare a modo suo: “Qualunque amore riusciate a dare e ad avere, qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare, qualunque elargizione di grazia, basta che funzioni…”.
Benedetta De Stasio
Vedi anche: Sul set del Bar Luce, Wes Anderson vestiva Prada