La playlist che ci meritiamo dal 2021
Duemilaventuno. Come i duemilaventuno motivi per cui oggi non troviamo spazio per le nostre passioni.
Solo a volte, e sembra uno scherzo, dalla melma emerge qualcuno che si mette controcorrente perché è mosso da una passione vera, smuove il terreno e dà vita a quello che tutti noi non osiamo nemmeno sognare.
E parliamo del motivo per il quale un giorno a caso, qualche ora prima che il 2021 finisca, come tutti quei motivi, siamo a fare resoconti: la musica.
Domani saremo tutti a dare voti, tutti a fare pagelle, tutti a stilare classiche come si fosse al corse dei cavalli: siamo proprio nel Paese del tifo calcistico, del tifo politico, del tifo e basta. Scriveremo su Facebook propositi che non manterremo, prometteremo a noi stessi di perdere 10 chili e volerci più bene.
Allora per un anno, proviamo a concludere senza voti, e facciamolo con un tocco di speranza e fiducia nel futuro, senza prenderci troppo sul serio che le cose cambiano più velocemente di quanto possiamo immaginare.
E invece niente, quest’anno i concerti e i festival non sono esistiti e ho la netta impressione che non ce la posso proprio fare con i buoni propositi. Allora ho pensato che tanto vale stilare una playlist con tutta la mega musica che il 2021 ci ha regalato (ma solo in cuffia o rigorosamente in hi-fi).
- slowthai – feel away feat James Blake, Mount Kimbie
Il giovane rapper in questione è slowthai, pseudonimo di Tyron Kaymone Frampton, diventato assai noto nel 2019 per lo stile crudo e per i testi irriverenti e carichi di riferimenti politici, in particolare riguardo alla Brexit. Senza la retorica facile del gangsta rap, con grande autenticità, in ogni suo testo c’è la rivincita della provincia.
Feel away è una canzone sull’empatia, sui dubbi che si hanno sugli amici, partner e familiari. Parla di mettersi nei panni dell’altra persona per avere una migliore comprensione della situazione. Il brano arriva insieme a un video, diretto da Oscar Hudson, in cui slowthai felicemente affronta gravidanza e parto, e il feto canta con la voce di James Blake.
Chiaramente il più punk di tutti.
- Mahmood – T’Amo
Difficile scegliere il brano più forte di Ghettolimpo, se già pensiamo che solo con Rapide e Dorado, Mahmood ha dominato le Top 10 nel 2020.
Con T’Amo Alessandro, per la prima volta dedica una canzone alla madre e alle sue origini sarde, collaborando con un coro del suo paese, Orosei. L’intera traccia è una sua interpretazione di No Potho Reposare di Giuseppe Rachel, tipico brano della tradizione, rigorosamente (manco a dirlo) cantato in sardo nell’ultima parte.
Con una voce inconfondibile unita a quelle femminili del coro isolano, non può che lasciarsi senza parole.
- Silk Sonic – Leave the door open
Nel febbraio 2021, Bruno Mars e Anderson Paak fondano un duo musicale R&B/Funk denominato Silk Sonik, e proprio Leave The Door Open è il primo singolo della coppia. Un progetto che da subito è stato fautore di una sintonia impeccabile che ha dimostrato la grande sinergia fra due grandi della musica internazionale.
Uno stile e una melodia sicuramente intrise di caratteristiche retrò e vintage. Le loro voci sono acrobatiche, soprattutto quando si lanciano nei veloci botta e risposta, con dolci armonie di supporto. La stessa Leave The Door Open, presenta delle sfumature che si fondono perfettamente nel sound dei favolosi anni Settanta, non a caso, senza lasciar niente fuori la porta.
- Marracash – Io
Il numero uno di questo 2021. Arrivato in ritardo, ma assolutamente in orario per le pagelle di fine anno, Noi, loro gli altri di Marracash è in vetta a tutte le classifiche ormai da settimane. Pluripremiato e fuori da ogni cliché stereotipato dal mondo del rap, quest’album prende quota da subito, fino a trovarci dentro quello che non poteva saltare fuori nelle prime settimane di ascolto intensivo.
Un album così, che si presenta quasi come il secondo volume del precedente PERSONA, non pecca di sorprese. Nel brano Io il rapper della Barona inserisce un campionamento dell’arpeggio leggendario de Gli Angeli di Vasco Rossi. Lo stesso Marra ha voluto spiegare che la sua è stata una “dolorosa ricerca della verità, come quelle che fa Vasco”.
Un album finalmente con un’anima. Un album sulle contraddizioni del nostro tempo, sui dubbi, su noi, loro, e gli altri.
- Damond Albarn – Morning Royal Blue
Il secondo album solista di Damon Albarn intitolato The Nearer The Fountain, More Pure The Stream Flows è stato scritto e registrato in Islanda, nel silenzio assordante del lockdown, ma soprattutto nel desiderio di prendere le distanze da un mondo malato, alla deriva.
C’è un elemento riconoscibilissimo e ricorrente in tutte le tracce, ed è l’acqua. Si ha l’impressione che tutto sia liquido e che tutto scorra più o meno velocemente.
Royal Morning Blue nasce proprio dall’incredibile visuale che Albarn vedeva dalla finestra, cattura la meraviglia della pioggia che si trasforma in neve davanti ai suoi occhi, raccontando come, certe volte, in rari casi, alcuni momenti di sconforto e solitudine possano tramutarsi in momenti di pura bellezza.
- MACE, Rkomi, Venerus – Non vivo più sulla terra
OBE di Mace è un viaggio onirico, e se a collaborare con lui è anche Venerus, allora c’è della vera Magica Musica. OBE è proprio l’acronimo di “out of body experience” perchè l’intero album è un viaggio extracorporale.
Con Non vivo più sulla Terra il messaggio è molto chiaro. Siamo in un viaggio al di fuori della Terra. L’inquietudine e la tristezza che permea li brano ci assale, e l’intera traccia sembra essere uno schiaffo, ma non così doloroso. Le voci sono così variegate che è difficile trovare qualcosa che strida in questo album.
- Billie Eilish – Billie Bossa Nova
Dopo il disco d’esordio When We Fall Asleep, Where Do We Go?, Billie Eilish è completamente catapultata nel mondo adulto, con già 7 Grammy vinti e soli 20 anni. Happier Than Ever è il suo secondo album, il più atteso e a pochi giorni dall’uscita già collezionista di record con il maggior numero di sempre di pre-add su Apple Music, anticipato dai singoli Your Power, oltre 91 milioni di view e 150 milioni di stream solo su Spotify e un debutto in top10 nella classifica americana Billboard Hot 100, di Lost Cause e NDA.
In Billie Bossa Nova la cantante si cala nei panni di un personaggio fittizio che sta vivendo un amore segreto inseguita dai paparazzi, una premessa nata per scherzo con il fratello durante il tour. Finneas, suo produttore da stanzetta e sua spalla destra.
- Rachele Bastreghi – Poi mi tiro su
Psychodonna è un viaggio dentro la musica e l’universo, sia femminile che umano, di Rachele Bastreghi, che dimostra sì di avere ancora la malinconia e timidezza dei Baustelle, mostrandosi però anche sensuale e trasgressiva, per dimostrare, a chi finora l’ha seguita in maniera distratta, di essere molto più del faccino imbronciato che suonava nella band da decadentismo e fiori del male.
Istantanee colte durante momenti di riflessione, immagini che ritraggono una casalinga quotidianità, inizia così Poi mi tiro su, traccia dal coinvolgente crescendo che inaugura Psychodonna e che sperimenta una nuova musicalità e consapevolezza, che poi diventano fulcro dell’album.
- Arlo Parks – Caroline
Parks ha il talento straordinario di elevare l’animo di chi l’ascolta parlare, poetessa e cantautrice inglese con i suoi testi autobiografici e venati di malinconia, dedica ad amici canzoni come Caroline, Eugene, For Violet, senza temere di mettersi a nudo.
Caroline emoziona con paesaggi sonori fluidi ed una voce rilassante. Un ritmo che crea vibes fortemente emotive. Lo stesso brano Caroline racchiude proprio un insieme di persone che guardano e vedono le situazioni svolgersi senza un pretesto, è un’esplorazione di come qualcosa una volta pieno di tanta e sana passione possa dissolversi in un istante.
- Pablo America – Noi non siamo il punk
Pablo America è la nuova scommessa di Maciste Dischi, l’etichetta discografica indipendente milanese che ha sotto la sua ala già alcuni dei principali protagonisti della nuova scena cantautorale italiana, da Gazzelle a Fulminacci, passando per Galeffi e i vecchi Canova.
Nel 2012 vincitore di Amici, Gerardo Pulli, nato a Torino negli anni 90. Canta e produce le sue canzoni con una chitarra, una tastiera e un computer. Prima di dedicarsi unicamente alla musica Pablo ha lavorato come Uber driver collezionando tra Roma e Milano oltre tremila corse che sono state come lui stesso ammette: “forse, la migliore ispirazione per le mie canzoni“.
Noi non siamo il punk nasce dal pranzo con un salmone a vapore, un amico dice “Noi non siamo il punk che lavora in banca” e si sa come funziona la musica indie, basta un niente per scriverci su una canzone.
Che belli i concerti.
Invece niente, finito. Abbiamo ciò che ci meritiamo.
Parole, parole, parole.
Serena Palmese
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