Elenco (parziale) delle foto più famose della storia | Parte prima
Scegliere delle fotografie che rappresentino momenti chiave della storia contemporanea non è mai facile.
Sì, perché di momenti particolari ce ne sono parecchi.
Sebbene la fotografia, fra le arti, sia la figlia più giovane, quella arrivata per ultima, nei (relativamente) pochi anni di attività è divenuta uno strumento artistico e documentario senza precedenti.
Ecco quindi alcune fra le foto più famose della storia:
- Veduta della finestra a Le Gras – Nicéphore Niépce, 1826
La fotografia come scienza ebbe origine da tre scoperte avvenute nel giro di pochi anni ma connesse fra loro nei decenni dell’Ottocento: la gelatina sensibile, il dagherrotipo e il metodo negativo/positivo.
Considerata a tutti gli effetti la prima fotografia della storia, quella del ricco dilettante Niépce fu realizzata con il metodo del “photoresist”. Egli usò la luce per indurire particolari zone di una superficie ricoperta di gelatina sensibile, per poi lavare le parti non indurite e ottenere l’immagine positiva proiettata con una lente su una lastra.
L’immagine di Niépce, esposta per almeno otto ore, si scoprì non corrispondere a nessuna delle finestre di casa sua, questo perché nel frattempo la finestra era stata spostata durante una ristrutturazione.
- Behind the Gare Saint-Lazare, Henri Cartier-Bresson, 1932.
Forse la foto più conosciuta di questo autore, Henri Cartier-Bresson, un pioniere e maestro assoluto dell’arte fotografica. La foto in questione rappresenta la perfetta sintesi di “momento decisivo”, una filosofia spinta al massimo dallo stesso Bresson.
In primo piano un uomo balza in aria oltre uno specchio d’acqua, congelato per sempre in questa azione, mentre alle sue spalle l’eco del salto compare su vecchi cartelloni ritraenti delle ballerine.
- Madre migrante, Dorothea Lange, 1936
Il più grande disastro ambientale del Nord America e la profonda depressione economica crearono terreno fertile per uno dei più ampi progetti fotografici di tutti i tempi. Fu fatta richiesta a vari enti di creare un archivio fotografico per sostenere il programma governativo di risanamento, e fra queste la famosa FSA (Farm Security Administration).
Dorothea Lange era nel gruppo di celebri fotografi ingaggiati per il programma. Nel marzo del 1936, si fermò una sera ad esplorare un campo e notò una famiglia accampata con una tenda, affamata e disperata. La Lange promise di non pubblicare la foto, ma di utilizzarla per ottenere aiuto.
La donna fu identificata solo nel 1970 in Florence Thompson e si scoprì in realtà una nativa americana. Negli anni Ottanta i figli riuscirono a raccogliere per lei oltre 30 mila dollari per delicate operazioni salvavita. Nel 1998 il Getty Museum ha pagato 245 mila dollari per una stampa.
- Alzabandiera di Iwo Jima, Jose Rosenthal, 1945
Joe Rosenthal era stato scartato dal servizio militare americano come fotografo perché non aveva superato due esami di vista. Fu assunto dall’agenzia Associated Press che lo mandò nel Pacifico per documentare gli ultimi mesi della guerra. Pochi giorni dopo lo sbarco sull’isola giapponese di Iwo Jima, un gruppo di marines occupò la vetta del monte Suribachi e alzò bandiera.
Preparatosi allo scatto salendo su una pila di macerie, Joe fu per un attimo distratto dalle domande di un generale, si voltò per rispondere ma in quell’istante con la coda dell’occhio capì che qualcosa stava accadendo: si girò rapidamente e in una frazione si secondo ottenne lo scatto perfetto.
Ci sarebbe volute ore di posa per creare volutamente una composizione del genere.
- The Napalm Girl, Nick Ut, 1972.
La storia di questa fotografia è legata in maniera diretta a uno dei periodi contemporanei più crudi: la guerra in Vietnam. È l’8 giugno 1972 quando Nick Ut, un fotografo vietnamita della Associated Press si trova nei pressi di Tran Bang, un villaggio bombardato con il napalm dal governo del Vietnam del Sud.
La scena davanti a sé diventa subito drammatica quando vede correre via alcuni bambini, fratelli e sorelle, dalle ustioni del fuoco. Fra questi una bambina, Kim Phuc, corre disperata piangendo e strappandosi i vestiti; Ut scatta la foto più significativa della sua vita, e subito dopo si reca in ospedale con tutti i bambini, salvandogli probabilmente la vita.
La foto fu curiosamente sul punto di essere scartata dall’Agenzia in quanto rappresentava nudità minorile, ma il valore documentario fu ampiamente accolto e la foto vinse il premio Pulitzer l’anno successivo, insieme al World Press Photo con il titolo “The terror of War”.
- John Lennon e Yoko Ono, Annie Leibovitz, 1980.
8 dicembre 1980, una data che molti fan ricorderanno. Quel giorno, la fotografa di moda Annie Leibovitz si trova con John Lennon per realizzare uno shooting di Rolling Stone. La foto parla da sé: la Leibovitz chiede a Yoko Ono di posare insieme al marito, mentre lui, nudo, si aggrappa a lei come in una posizione fetale.
Per John stesso, era proprio questa l’essenza del loro rapporto. Sarà l’ultima fotografia scattata all’artista, prima di essere assassinato lo stesso pomeriggio a distanza di circa cinque ore. Come promesso, la Leibovitz scelse lo scatto come cover del magazine, diventando una delle icone fotografiche più dolci e misteriose.
- Ragazza afgana, Steve McCurry, 1984.
I ritratti del fotografo Steve McCurry sono conosciuti in tutto il mondo, ma quello che lo ha reso più celebre è sicuramente il ritratto a Sharbat Gula, la “ragazza afgana”.
McCurry, da instancabile viaggiatore quale è, si trovava in Pakistan nel 1984 per National Geographic. Lì, a Nasir Bagh, nei pressi di un campo profughi notò alcune tende allestite per studenti. Attratto dalle voci dei bambini, fu catturato da una ragazza dagli occhi bellissimi, molto timida da avvicinare.
La composizione di per sé è fortunatissima: i colori complementari del rosso e del verde sono perfettamente in contrasto fra di loro, mentre il punto focale della foto restano gli occhi. L’immagine, quasi scartata per una seconda variante, divenne secondo National Geographic “la foto più conosciuta al mondo”.
- Il bambino e l’avvoltoio, Kevin Carter, 1993.
Kevin Carter è stato un fotogiornalista sudafricano da sempre interessato a questioni sociali del suo Stato, lavorando a progetti e inchieste documentarie. Nel 1993 fu contattato da Operation Lifeline Sudan, un consorzio delle Nazioni Unite che faceva fronte all’emergenza umanitaria causata dalla guerra civile nelle regioni del Sudan.
Durante tutto il viaggio Kevin s’imbatté in scene drammatiche, prima fra tutte quella del bambino, esausto dalla fame e dalla malattia, con un avvoltoio in attesa alle sue spalle. Carter dichiarò di aver scacciato via il volatile, ma l’evento lo segnò profondamente a causa di ripercussioni personali.
Lo scandalo mediatico lo travolse nonostante l’anno successivo la foto vinse il Premio Pulitzer, ma per la depressione, la mancanza di fondi e i ricordi martellanti della guerra e delle carestie Kevin si tolse la vita nel luglio del 1994, lasciando con sé soltanto una lettera.
Giovanni Allocca
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