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5 serie TV dei millenial. Ti sblocco un ricordo

Le serie TV oggi sono a portata di smartphone, di app, di Smart TV, di PC e di un’infinità di altri dispositivi.

Basta accenderne uno e tutti gli episodi di una qualsiasi serie televisiva sono disponibili in 4K, in HD, su una piattaforma, sull’altra o sulla parte dell’Internet che faremo finta che non esista pena la reclusione forzata.

Un tempo, invece, ci piazzavamo davanti alla televisione e aspettavamo l’episodio settimanale e nessuno ci scollava di lì finché non finiva l’allora chiamata puntata. E ci tenevamo in forma soltanto correndo, durante le pubblicità, dal bagno alla stanza con la TV accesa.

E quando perdevamo qualche pezzo non potevamo tornare indietro, non riuscivamo ad accedere a ottanta siti pieni di pubblicità porno soft e non, prima di arrivare all’episodio. Quando dimenticavamo l’appuntamento settimanale, partiva un lutto che durava fino alla settimana seguente, momento in cui imprecavamo contro la nuova puntata – il mio animo da maestrina telefila soffre nello scrivere puntata – per capire quanta trama fondamentale avessimo perso.

E capitava che la TV generalista e gratuita decidesse di interrompere la messa in onda di una serie. In quelle occasioni cercavi ogni alternativa fattibile per vedere i nuovi episodi.
Potrei o potrei non aver pagato 2 euro a episodio per vedere Lucas Scott, mio amore segreto, così tanto segreto da essere lo sfondo del mio LG pieghevole all’epoca, farsi le solite paturnie mentali e passare da Brooke a Peyton, da Peyton a Brooke e io lì a guardare per settanta stagioni la stessa trama.

Fiera.
Lo rifarei.

Perciò adesso, per ricordare quei tempi andati che ci hanno fortificato inutilmente – visto che ora siamo fragili figli viziati di ottocento piattaforme di streaming – prepotentemente ricordo 5 serie che noi millennial abbiamo amato odiare, o abbiamo amato e basta.

  • Otto sotto un tetto

Otto sotto un tetto non è soltanto una serie. Otto sotto un tetto era uno sfottò. Eri mingherlino con gli occhiali? Il tuo nome diveniva Otto sotto un tetto. Osavi portare le bretelle? Ovviamente eri un Otto sotto un tetto.
Otto sotto un tetto era il bodyshaming before it was uncool, essendolo comunque.
Ricordo qualcosa di questa serie oltre il soprannome? Forse. Poco.
Il protagonista era – lo so, imprevedibile – un ragazzo filiforme occhialuto dal look stralunato e dalla voce da macchietta, impossibile da non amare, in una famiglia molto simpatica.

  • Dawson’s Creek

Citare Dawson’s Creek è forse un po’ basic. Ma non credo si possa evitare. Da fine anni ’90 è andato così tanto in onda che probabilmente vedevamo più spesso James Van Der Beek noi che sua madre. Le repliche della serie sono state così tante che abbiamo notato la nostra crescita personale da rewatch a rewatch, a seconda di quanto volevamo scuotere Dawson per farlo svegliare e di quanto abbiamo pensato che suo padre abbia effettivamente meritato quel gelato che l’ha visto spirare.
Va citata anche soltanto per ANOUONOUEI che durerà nelle nostre menti vita natural durante.

  • I Robinson

I Robinson rappresentano la tipica situation comedy familiare alla quale ti affezioni per l’affetto che c’è tra i personaggi e per la capacità di rivedere in essi e nelle loro dinamiche talvolta estremizzate e incredibilmente buffe te stesso e la tua vita.
Abbiamo rivisto I Robinson negli anni tantissime volte, soprattutto a tarda ora, d’estate. Questo finché non abbiamo scoperto che dietro quell’apparente coesione sul set si nascondeva un predatore sessuale: l’interprete del capofamiglia.

  • Settimo cielo

Per fortuna però posso cambiare serie e parlare di qualcosa di più allegro.
Ed eccoci. Settimo cielo, un altro family show, molto religioso. La religiosità fuoriusciva da ogni episodio, da ogni storyline del prodotto, rendendo l’argomento centrale quanto gli affetti familiari stessi.
Un bastimento intero di figli cresceva con un papà reverendo e con tutti i risvolti del caso.
Ma purtroppo anche stavolta la cultura dello stupro ci porta fuori strada.
Anche l’interprete di questo capofamiglia aveva degli scheletri sessuali fin troppo loschi.
Parliamo di pedofilia.
Next.

  • Malcolm

C’è poco da fare: ci piacevano i family. O forse solo a me.
Malcolm narrava di una famiglia per niente agiata che doveva avere a che fare con figli particolari e due stipendi alquanto risicati per farli crescere. E Malcolm era proprio uno di quei figli, emblema della situazione, maturo più degli altri e anima narrante della vicenda.

Basta. Vi ho depressi. O ho fatto deprimere solo me.
Se vi ho incupiti, vi spammo articoli più allegri per riprendervi da questo tracollo emotivo.
Se non vi ho incupiti, vi spammo articoli più allegri per continuare a non incupirvi.

Giovanna Iengo
Copertina ideata dalla redattrice

Vedi anche: Un episodio di Ted Lasso al giorno toglie la tristezza di torno

Giovanna Iengo

Giovanna Iengo, appassionata di serialità televisiva statunitense e di streamer globalizzati. Si affaccia all'intersezionalità nei panni di alleata e prova a scoprire il mondo, tra un approfondimento e un po' di attualità.
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