Arto virtuale: quando un’illusione è utile nella realtà
Sì, stiamo parlando di un arto virtuale, figlio dell’unione di Realtà Aumentata e neuroscienze.
Sappiamo tutti cos’è la Realtà Aumentata… ma cosa succede se questa viene messa al servizio della medicina e, in particolare, delle neuroscienze?
Ci troviamo, nello specifico, nel campo delle patologie del sistema nervoso e, dunque, delle neuroscienze.
Tutti, più o meno, sappiamo quanto possa essere terribile essere affetti da una patologia del sistema nervoso. Una delle conseguenze più comuni e diffuse di queste patologie – in particolare degli ictus – è la perdita del controllo dei propri arti.
Per un paziente con questo problema, dunque, la priorità è proprio il recupero del controllo dell’arto attraverso specifici percorsi di neuroriabilitazione.
Ma non è così semplice come sembra. Capire come si possa recuperare il controllo di un arto presuppone prima uno studio approfondito sui diversi metodi da adottare e, in seguito, capire quale tra questi possa risultare più efficace e utile per il paziente.
I ricercatori, infatti, hanno messo a punto un metodo per perfezionare i suddetti percorsi di neuroriabilitazione e per sviluppare protesi esterne migliori e più efficaci.
Qual è questo metodo, quindi?
Stiamo parlando della “creazione” di un braccio virtuale attraverso il connubio tra Realtà Virtuale e Stimolazione Magnetica Transcranica.
Il braccio virtuale viene posizionato in modo perfettamente realistico, così che nel cervello del paziente possa scattare un preciso meccanismo: l’embodiment, ovvero l’illusione di possedere per davvero e, di conseguenza, controllare quell’arto.
In base all’intensità dell’illusione, i ricercatori hanno notato che il cervello dei pazienti sembra abbandonare il loro arto reale e a percepire il braccio virtuale come quello vero.
In questo modo, come spiega anche il ricercatore Elias Casula, «l’attività della corteccia motoria diminuiva sensibilmente, come se il corpo stesse ‘abbandonando’ il braccio reale per ‘incorporare’ il braccio virtuale».
Contemporaneamente a questa diminuzione dell’attività della corteccia motoria, però, «le aree posteriori, dette parietali e responsabili della rappresentazione mentale dello schema corporeo, erano maggiormente attive e comunicanti con le aree deputate al movimento».
In questo modo i ricercatori sono in grado di capire come migliorare i supporti di neuroriabilitazione per i pazienti affetti da patologie del sistema nervoso e, soprattutto, possono capire quali sono le caratteristiche che un arto deve avere per essere più facilmente incorporabile.
Questo assunto è fondamentale e sta alla base dello sviluppo di protesi specifiche e dalla struttura migliore.
Anna Illiano
Vedi anche: Memoria e menzogna. Perché è così difficile ricordare?