Il punto di vista di Putin attraverso la telecamera di Oliver Stone
Il presidente della federazione russa ha lanciato numerosi avvertimenti: sarebbe stato capace di qualsiasi cosa pur di non perdere la protezione dell’Ucraina come paese cuscinetto, le interviste del regista americano, parlano chiaro
Fa un certo effetto guardare The Putin inverviews in questi giorni, perché ci si rende conto che quello che sta avvenendo era non solo inevitabile, ma annunciato.
La miniserie andata in onda in TV nel 2017 contiene una serie di dichiarazioni del presidente russo che, evidentemente, sono state prese sotto gamba, eppure il messaggio era inequivocabile: l’Ucraina, ultimo territorio insieme alla Bielorussia dell’ex Unione Sovietica non ancora cannibalizzato dalla Nato, non sarebbe stato assolutamente ceduto al “blocco americano” senza combattere.
Per quanto possa sembrare anacronistico parlare di blocchi, come se la guerra fredda non fosse mai finita, ora più che mai non si può negare che le antiche rivalità tra America e Russia hanno scaturito un’eco che rimbomba tutt’ora, nonostante il crollo dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Colpisce e fa riflettere il ritratto che viene delineato nelle interviste, perché Putin sembra un uomo estremamente mite e che ha pieno controllo di sé.
Non uno da cui ti aspetteresti delle minacce di guerra nucleare, insomma.
“Da una guerra tra Stati Uniti e Russia non sopravviverebbe nessuno” dichiara.
Un uomo determinato, intelligente e capace di manipolare, con quel garbo tipico delle strutture identitarie narcisistiche. Si scorgono il classico rigore sovietico e, tra le righe, una gentilezza che si sforza di non sembrare fredda per essere credibile.
Putin usa l’ironia per celare l’ostilità, con una sorta di passività aggressiva e che si rivela, ad esempio, quando Stone gli regala una copia del film di Kubrick Il dottor Stranamore, che hanno appena guardato assieme.
Il regista sbadatamente dimentica di riporre il disco nella custodia prima di consegnarla a Putin e questi mostra alle telecamere il contenitore vuoto commendando sorridente “Il classico regalo americano”.
Si racconta, e parla del ruolo fondante che ha avuto il judo nella sua formazione, l’arte marziale in cui ogni debolezza dell’avversario deve trasformarsi in un proprio punto di forza.
Impossibile non scorgere un nesso tra la filosofia dello sport da combattimento e le sue scelte politiche nel 2022: il presidente russo ha sfidato l’intero mondo occidentale durante una pandemia che ha fiaccato l’economia mondiale.
Mossa strategica, ma per il momento non vincente, che lo ha trasformato nell’uomo più odiato del pianeta, quello che mette a rischio la pace collettiva e che osa attaccare paesi troppo vicini a noi, sia culturalmente che geograficamente perché l’Europa possa permettersi di restare indifferente.
Nel documentario, Putin parla del Donbass, della rivoluzione in Ucraina, dei rapporti con Trump, Obama e Bush. Ascoltandolo risulta evidente l’escalation di tensioni che c’è stata nel corso degli anni.
Dai tempi in cui America e Russia si sono avvicinate facendo fronte comune nella lotta al terrorismo, di acqua sotto i ponti ne è passata molta.
Nel frattempo presunti attacchi hacker da ambo le parti, spionaggio, dichiarazioni aggressive e tradimenti politici, hanno definitivamente compromesso i rapporti e spianato la strada per arrivare alle assurde conseguenze che stiamo vivendo ai giorni nostri, coinvolgendoci in un braccio di ferro tra poteri che non dovrebbe riguardarci.
Sara Picardi
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