Colonne d’Ercole: siamo al limite?
Le ha superate Ulisse e ne ha parlato Dante: le Colonne d’Ercole, nella letteratura classica occidentale, indicavano il limite estremo del mondo conosciuto.
Il mito narra che siano state poste da Ercole – Eracle in greco – nel punto più estremo dell’universo noto, una in corrispondenza della Rocca di Gibilterra, un promontorio che sorge nell’omonima città, e l’altra probabilmente sulla montagna Jebel Musa, che si affaccia sullo stretto, oppure sul Monte Hacho, una bassa collina presente nella città di Ceuta.
Si tramanda che, nel punto in cui, sullo stretto di Gibilterra, affacciavano i monti, Ercole – prima di compiere la decima fatica – avrebbe stanziato le due colonne, entrambe sormontate da una statua. La statua si dice raffigurasse un uomo, immortalato mentre volgeva lo sguardo verso est, cioè nella direzione dalla quale provenivano i navigatori. Nella mano destra avrebbe portato una chiave, a indicare l’intenzione di aprire una porta; mentre nella sinistra, una tavoletta che recava una iscrizione in lingua latina: Non plus ultra.
Con la frase “Non più oltre” si intendeva definire il limite del mondo civilizzato, sottolineando il divieto, che l’eroe avrebbe imposto agli uomini, di spingersi oltre i confini proseguendo in direzione dell’Oceano.
Secondo altre versioni del mito, le colonne in realtà sarebbero state i resti del monte Calpe, a Gibilterra, e del monte Abila, a Ceuta – considerati all’origine della separazione tra il continente europeo e quello africano – distrutti da Ercole in un momento di ira.
Intellettuali e storici si sono interrogati sulla loro esistenza e sul loro valore simbolico. Platone pensava si trattasse della porta verso Atlantide, isola leggendaria ricca di argento e di metalli preziosi, che sarebbe sprofondata in un giorno e una notte, lasciandosi sommergere completamente dalle acque.
Dante, nella sua Commedia, ne parla nel Canto XXVI dell’Inferno, in dialogo con Ulisse, ponendo il monte del Purgatorio proprio oltre le Colonne, a cinque mesi di navigazione.
Cosa è cambiato? Una ricerca spagnola, i cui risultati sono stati resi pubblici nel dicembre 2021, ha generato stupore e speranza nei più. Qualcosa è stato trovato, ma non si tratta di Atlantide e neanche del monte del Purgatorio.
Un gruppo di ricerca dell’Università di Siviglia e dell’Instituto Andaluz del Patrimonio Histórico (IAPH) ha scoperto la possibile localizzazione dell’antico tempio di Ercole Gaditano – anche questo circondato da un’aurea di mistero – di cui, per decenni, mai nessuno era riuscito a trovare tracce.
Si tratta di una scoperta molto rilevante dal punto di vista archeologico. Ma dove sono le Colonne d’Ercole? Non ci sono, o meglio, non ci sono ancora.
Queste strutture – secondo quanto si legge su El Paìs e sul sito dell’Università di Siviglia – potrebbero corrispondere al tempio fenicio-punico dedicato a Ercole Gatidano (Melqart in epoca fenicia), meta di pellegrinaggio nell’antichità.
Il lavoro di documentazione svolto in questi mesi attraverso un Sistema Informativo Geografico e l’applicazione di metodi di telerilevamento (LIDAR) svolto dal dottorando e investigatore Ricardo Belizón e da Antonio Sáez Romero, professore del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università, hanno reso possibile la localizzazione della struttura. La zona interessata sarebbe il canale di Sancti Petri, un’area costiera della baia di Cadice, tra Chiclana de la Frontera e San Fernando.
L’interesse mediatico, oltre al legittimo riscontro in ambito archeologico, è esploso. I più sognatori non hanno potuto fare a meno di pensare che si trattasse delle originali, e dunque realmente esistite, Colonne d’Ercole, e anche gli scettici si sono fatti più di qualche domanda.
Dopo l’analisi delle informazioni ottenute, confrontandole con i dati documentari e archeologici già esistenti e numerose visite nell’area, il gruppo di ricerca ha convenuto che non si trattasse di una sola struttura, ma di varie, di un vero e proprio paesaggio costiero inesplorato – in cui si riuscirebbe addirittura a scorgere frangiflutti, grandi fabbricati e un possibile molo chiuso – che si sarebbe inabissato a causa di catastrofi ambientali e soggetto all’erosione del tempo e dei moti marini.
La ricerca va avanti da due anni e non ha intenzione di fermarsi, ma, ahimè, nessuna colonna – se non quelle del tempio – sembra essere saltata fuori. Non c’è verità, dunque, e il mistero rimarrà tale. Dopo secoli, d’altra parte, difficilmente sarebbe potuta andare in modo diverso. O no?
Stefania Malerba
Leggi anche: Li Galli: la dimora delle sirene pennute