Il lato oscuro di Ottaviano Augusto
Diversi imperatori romani sono entrati nell’immaginario collettivo come autentici megalomani sanguinari, basti pensare a Nerone o Caligola.
Eppure alcuni non solo sfuggono a questa nomea, ma passano anche alla storia come veri e propri simboli di umanità e pace fra gli uomini, come il divo Augusto.
Ma sarà vero?
Quando scopri di essere l’unico erede legittimo dell’uomo più potente del mondo e per di più di dover vendicare la sua morte ordita da crudeli assassini, di sicuro non tutti riuscirebbero a mantenere una lucida capacità di giudizio, per usare un eufemismo.
Eppure, secondo le fonti storiche, è proprio così che reagì Gaio Giulio Cesare Augusto, meglio noto come Ottaviano. All’indomani della morte di suo zio, Giulio Cesare, questo pallido e semisconosciuto diciannovenne non soltanto sbaragliò i suoi oppositori con una rapidità incredibile, ma divenne a tutti gli effetti il primo imperatore romano.
Egli usò tale carica per fare da mecenate ad innumerevoli artisti, ricostruire in marmo la città di Roma e gettare le basi per un lungo periodo di pace, passato alla storia come Pax Augustea.
Veramente incredibile no?
Il problema sta proprio qui, che la realtà ha un’infinita scala di grigi e in questo caso il lato in nero di Augusto viene tacciato troppo spesso, a volte addirittura non calcolato in numerosissimi libri scolastici.
Molti illustri studiosi hanno rivalutato recentemente questa figura, ma già lo stesso Tacito non lesinava nei suoi riguardi le più aspre critiche. In una società dura e priva di scrupoli come quella di Roma, nessun uomo saliva al potere senza commettere atti che al giorno d’oggi farebbero rabbrividire chiunque e Augusto non fece di certo eccezione.
Tanto per iniziare, al suo arrivo a Roma non sarebbe di certo sopravvissuto a lungo alle minacce del generale Antonio se il grande oratore Cicerone non l’avesse posto sotto la sua ala protettrice. Nulla di male, diremmo noi.
Purtroppo però quando gli equilibri di potere mutarono e Ottaviano stesso si alleò con Antonio, il divo Augusto non si oppose alla condanna a morte di Cicerone pur di compiacere il suo nuovo alleato. Ma quel crudele voltafaccia sarà una costante nella lunga carriera politica di Augusto e un sinistro indizio del suo vero volto.
Con l’eredità di Cesare non ci mise molto a mettere in piedi un esercito personale con cui minacciò a più riprese il Senato per vedere soddisfatta ogni sua richiesta. E così, pian piano, sotto un consenso pacifico che di pacifico non aveva nulla, si andò a costruire quella Pax Augustea tanto famosa, di cui Virgilio stesso tesse le lodi come una nuova età dell’oro.
Peccato però che ogni dissenso era negato a prescindere e se l’immagine aurea di Augusto è rimasta così a lungo impressa nella memoria collettiva è solo perché nessuno poteva professare il contrario, in una censura di regime che ricorda epoche terribili molto più vicine a noi.
Inoltre questa famosa Pax non trova alcun riscontro con le guerre puramente espansionistiche che Augusto portò avanti per tutta la sua vita. La stessa vittoria contro Antonio, la celebre battaglia di Azio divenuta famosissima grazie all’opera immortale di Shakespeare, cela in realtà un risvolto decisamente inquietante e sottovalutato.
Questa battaglia è sempre stata tramandata come l’inevitabile conseguenza per le mire espansionistiche di Cleopatra e addirittura come l’inizio della Pax Augustea, ponendo di fatto fine alle guerre civili.
Peccato però che questa guerra civile fu fortemente voluta proprio da Augusto, che ebbe gioco facile a mostrarsi come difensore della libertà dinanzi al popolo romano, ma che nei fatti non provò in nessun modo a negoziare un accordo per evitare ulteriori spargimenti di sangue.
E se qualcuno avesse ancora dubbi sulla sua infinita brama di potere, è emblematico che la sua prima azione dopo la vittoria sui suoi rivali in Egitto fu di far assassinare Cesarione, figlio diciassettenne di Giulio Cesare e Cleopatra, con l’unica colpa di poter essere un probabile nemico in futuro.
Così come la vita politica di Augusto iniziò punendo gli assassini di suo zio, allo stesso modo il suo cosiddetto periodo di pace iniziò con lo stesso crimine. Ironico in un certo senso.
O forse no.
Gabriel Santomartino
Leggi anche: Che bordello la prostituzione nell’antica Roma