Perché ci sono ancora dubbi sul vaccino anti Covid?
Da quel 9 marzo 2020, giorno del primo lockdown in Italia, tutto il mondo ha conosciuto la pandemia mondiale di Covid-19.
Grazie ad un estenuante lavoro da parte della sanità e della politica, si è giunti ad una situazione più distesa.
Ma la nuova ondata di casi, dovuti ad Omicron 2, ha destato qualche sospetto nella solita fascia di persone non vaccinate.
Il 31 dicembre 2020, dopo un lungo anno di ricerca da parte di scienziati e ricercatori provenienti da tutto il mondo, è stato finalmente reso possibile vaccinarsi. Tanti, tantissimi i dubbi e i sospetti a riguardo, da parte di molte persone. Come se la popolazione mondiale non avesse mai conosciuto la parola vaccino, l’allarmismo e la dilagante ignoranza a riguardo, all’epoca, generarono un panico difficile da gestire.
Articoli scientifici su articoli scientifici, molti dei quali consultabili su Google, medici invitati in TV a discutere dell’importanza fondamentale del vaccinarsi, dati alla mano che spiegavano come chi fosse vaccinato doveva essere sottoposto alla terapia intensiva in misura molto minore rispetto a chi non era vaccinato… non è stato semplice, e non lo è tuttora, convincere una fascia di popolazione scettica riguardo ai benefici del vaccino.
Complice anche alcuni articoli di giornali riportanti titoli terroristici ed allarmistici riguardo al vaccino, uno degli scogli da superare (oltre alla produzione del vaccino) è stato, appunto, il contrastare la paura del vaccino stesso. Dall’8 gennaio 2022 sono aumentate le situazioni per le quali è previsto l’obbligo vaccinale. Da questa data, infatti, per chi ha almeno 50 anni o li compirà entro il 15 giugno, è previsto l’obbligo vaccinale. In questa fascia, scendono sotto i 2 milioni coloro che non hanno ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino. Secondo una stima del gennaio 2022, in Italia i novax sono 4,6 milioni.
A gennaio, è arrivato in Italia il vaccino Novavax, autorizzato dall’Agenzia italiana per le prime somministrazioni, non per i richiami. Secondo il medico Roberto Cauda, infettivologo del Gemelli e consulente di Ema (Agenzia europea per i medicinali) questo vaccino dovrebbe convincere i più indecisi. Il Nuvaxovid (prodotto dall’azienda americana Novavax) è un vaccino “tradizionale”, in quanto è basato sulla tecnologia delle proteine ricombinanti, utilizzata anche per il vaccino contro il papilloma virus e l’epatite B. La speranza è che questo vaccino, basato su una tecnologia per l’appunto collaudata da decenni, susciti fiducia da parte di chi non ne ha mai avuta verso i vaccini Pfizer, Moderna (vaccini mRna), Astrazeneca e Johnson&Johnson (a vettore virale).
Purtroppo, questa speranza sembra essere disattesa: un articolo del 10 marzo 2022 pubblicato da Il Fatto Quotidiano, riporta che su 174 mila dosi di Nuvaxovid, quelle somministrate in Lombardia sono solo 2238. La situazione non è molto diversa nel resto della penisola, con soli 12.291 somministrazioni.
Cosa fare, allora? Come spingere la popolazione non vaccinata a compiere questo gesto di prevenzione fondamentale, per se stessi e per gli altri?
Si ricordino un paio di cose. La vaccinazione, come tutti i vaccini, non protegge al 100% dall’infezione, ma, se si effettua il ciclo vaccinale completo, l’individuo è protetto in questo modo: all’88% dall’infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva, al 96% da un esito fatale della malattia. Se, ad esempio, si dovesse notare che i vaccinati infetti sono in proporzione maggiore rispetto ai non vaccinati, questo è dovuto ad un semplice motivo: la popolazione vaccinata è in misura decisamente maggiore rispetto a quella non vaccinata.
Vaccinarsi è una responsabilità anche nei confronti di chi ha contratto malattie diverse dal Covid ed è una responsabilità nei confronti del personale sanitario oberato di lavoro fin dall’inizio della pandemia.
Per il motivo precedente, della copertura vaccinale del quasi 100% nei casi del ricovero in ospedale e da quello in terapia intensiva, è chiaro che il vaccino permette agli ospedali di respirare nuovamente, con casi gravi di Covid-19 in misura, finalmente, minore. Il vaccino è un’arma che la scienza ci ha dotato per contrastare malattie probabilmente fatali: non sprechiamola, utilizziamola, per rispetto nei confronti di sé stessi e degli altri.
Aurora Scarnera
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