Sotto il burqa: cosa c’è?
Una storia in cui la vita e la morte sono sullo stesso piano, due piatti di una stessa bilancia, due realtà che possono essere manipolate.
È intorno a questo che si sviluppa la storia di Parvana; sospesa tra una realtà terribile e l’immaginazione che la porta a non perdere mai la speranza.
Ci sono attimi in cui ti perdi negli sguardi di chi fugge (o almeno ci prova) da un destino che non riesci a comprendere; attimi in cui vorresti capire di più per poter comprendere cosa stiamo vivendo, e come stiamo affrontando tutto questo. Poi ci sono le donne. Sempre loro. Vittime di un tornado culturale che, con la forza, le sta relegando nel passato, nell’assenza di diritto, nell’assenza di libertà.
Facciamo parte di un mondo interconnesso, e quelle che sono le nostre azioni restano imprescrittibili e non solo per noi, possono esserlo anche per gli altri. Ti chiedi cosa ci puoi fare. Puoi cercare di conoscerne il più possibile e tenere la mente aperta a tutto quello che ti succede intorno, restando curioso sempre. E ribellandoti, fortemente, a quello che il tuo cuore riconosce come ingiusto, perché lui lo sa.
Frutto di una co-produzione internazionale tra Canada, Irlanda e Lussemburgo, Sotto il burqa è stato distribuito in tutto il mondo il 17 novembre 2017. Un’audace ragazzina mette a rischio la propria vita traendo forza proprio da quelle storie che il papà le raccontava per farle conoscere la cultura e la bellezza dell’Afghanistan. Visivamente stupefacente, poetico, delicato e davvero emozionante, è un piccolo grande gioiello, che riassume meglio di tanti telegiornali cosa significa, e non solo per le donne, fare i conti con il fondamentalismo di questo movimento.
Siamo in Afghanistan, in una Kabul prigioniera dai Talebani. Una bambina, non può uscire di casa se non accompagnata da un uomo di famiglia, e deve indossare il burqa. La protagonista, una ragazzina undicenne, accompagna tutti i giorni il padre al mercato, qui legge e scrive lettere e, insieme alla sua famiglia è vittima di tante sofferenze. La casa, una sorta di baracca con le finestre oscurate per impedire che le donne vengano viste dall’esterno.
La madre una giornalista, il padre un insegnante, avevano una bella casa e potevano uscire per le vie. Poi le bombe, il coprifuoco, le esecuzioni pubbliche, le mine antiuomo, e una quasi clausura forzata per tutte le donne. Donne alle quali non è permesso studiare, lavorare, uscire, se non accompagnate e nascoste sotto il burqa.
Con l’arresto del padre, Parvana, prova e riesce ad assumere le sembianze di un ragazzo di Kabul in uno stato perenne d’allerta, per poter lavorare e prendersi cura della sua famiglia, relegata in casa con la coercizione e tramite la violenza.
“Innalza le tue parole, non la tua voce. È la pioggia che fa crescere i fiori, non il tuono”.
Solo tramite i suoi racconti riesce a sconfiggere le paure e ad avere coraggio, e qui ci fa riflettere su come le storie e la fantasia aiutino ad affrontare la realtà e il potere della cultura stessa.
Ennesimo campanello d’allarme su realtà e comportamenti che non dovrebbero esistere; oppressione, discriminazione di genere, e l’assenza di quei diritti per l’infanzia nei paesi estremisti.
Più forte di un pugno nello stomaco ed è giusto così.
Francesca Scotto di Carlo
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