Il Sogno di Ferrara, Adelchi Riccardo Mantovani
Dal 5 marzo al 9 ottobre 2022 il castello estense di Ferrara ospita la mostra Il sogno di Ferrara – Adelchi Riccardo Mantovani.
Si tratta di una mostra antologica che espone le opere dell’artista ferrarese all’interno di un percorso che cronologicamente presenta oltre un centinaio di opere, studi preparatori e disegni dalle prime produzioni ai lavori più recenti.
Adelchi Riccardo Mantovani nasce a Ro Ferrarese nel 1942, quando, rimasto orfano di padre viene cresciuto dalle suore dell’orfanotrofio di Ferrara e successivamente viene mandato in collegio per diventare tornitore.
Già da bambino Mantovani manifesta una propensione per l’arte, come lui stesso ricorda: “quando ero dalle suore, mi procuravo le matite, strappavo le due pagine interne dai quaderni di scuola e facevo dei quadernini piccoli che riempivo tutti di disegni. Questo è stato il mio inizio”.
“Ciò che oggi so l’ho imparato da solo. Sono, per così dire, un pittore selvaggio, senza aiuti né sostegni. A quel tempo (estate 1959) disegnavo molto dal vero: paesaggi, piante, fiori, oggetti domestici, ritratti di conoscenti e familiari. Disegnavo anche nasi, orecchie, mani, in tutte le variazioni possibili. Questa fu la mia scuola d’arte: osservare e disegnare”.
Soltanto nel 1964 prende la decisione di trasferirsi in Germania, dove comincerà la sua attività di pittore, non è un caso infatti che l’artista sia conosciuto soprattutto lì, molto più che in Italia.
Nel 1966 si stabilisce a Berlino dove comincerà a lavorare come operaio in una fabbrica. Qui Mantovani frequenta corsi di pittura riscoprendo la sua vena artistica a contatto con la vita culturale e gli artisti della città.
“All’inizio degli anni Settanta, dopo una lunga pausa, ripresi a dipingere. Non volevo rifarmi a una corrente artistica, bensì dipingere come avevo sempre desiderato. Fin dall’inizio fui io stesso meravigliato delle strane figure che scaturivano dalla mia fantasia. Sembrava che non avessero fatto altro che aspettare quel momento”.
Così il pittore descrive se stesso e la sua produzione; le sue opere infatti attingono ad una dimensione inconscia, di sogno della sua esistenza.
Le figure, i luoghi rappresentati sulla tela nascono sovente dalla memoria, dai ricordi dell’infanzia e della giovinezza ferrarese dell’artista; Mantovani intreccia nei suoi quadri esperienze e personaggi caratteristici della pianura ferrarese, delle piazze, delle chiese con elementi e figure mitologiche, fiabesche.
Le sue opere sembrano sospese nel tempo e nello spazio, indefinibili ed enigmatiche, in questo senso infatti richiamano quegli echi metafisici ed inquietanti caratteristici dell’opera di De Chirico.
Mantovani con il suo stile eclettico fa proprie e rielabora influenze provenienti dalle più svariate correnti artistiche, basti pensare all’innovativo tentativo di fondere assieme il surrealismo e la pittura fiamminga quattrocentesca che non può non richiamare alla mente lo stile del pittore belga Paul Delvaux.
Rifacendosi alla pittura caratteristica del ‘400-‘500 padano, Mantovani non esita a recuperare elementi come l’uso dell’oro, raffigurazioni d’ascendenza bizantina; le sensuali donne raffigurate dall’artista portano delle sontuose collane impreziosite da pietre e decorazioni varie come delle nouvelles femmes klimtiane, come Giuditta.
Le donne di Mantovani in un perfetto mélange di sacro e profano sono rappresentate come delle Madonne del XX secolo; mitologia pagana e cristianesimo si armonizzano su sfondi atemporali, magici, trovando una nuova forma espressiva, come in Hypatia.
La pittura religiosa viene secolarizzata da Mantovani che scende nelle profondità dell’inconscio del credente portando a galla desideri reconditi, passioni represse, frutti proibiti: l’Eden è in continua lotta con la Legge.
Le misteriose Veneri seminude in primo piano lasciano intravedere figure dionisiache, mostruose che ricordano quelle che popolano le tele di Hyeronimus Bosch e sembrano uscire direttamente dall’Inferno dantesco.
Memoria, inconscio e sogno incontrano la quotidianità onirica degli oggetti e della pianura del Po nel realismo magico di Mantovani le cui atmosfere surreali e misteriose vibrano alla stessa frequenza di quelle di René Magritte.
Il surrealismo padano di Mantovani mostra le complesse sfaccettature del XXI secolo che continua a confrontarsi con istanze antiche, con il ritorno del “represso”, della memoria nella storia che cerca continuamente di farsi spazio e aprire una breccia nella vita cosciente dell’uomo.
Benedetta De Stasio
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