Perché no?
di Benedetta De Nicola
Andare in quinto superiore vuol dire che non puoi scappare, arriverà quel momento in cui il tempo rallenta, tu sei al centro dell’aula circondato dai tuoi compagni che scherzano e chiacchierano. Parte una canzone triste a caso e vedi la vita scorrerti avanti, ma non stai morendo, stai solo crescendo.
“Lettere Moderne? Che la fai a fare? Non puoi leggere e scrivere come hobby?”
A quel punto la mia faccia iniziava a contrarsi in una morsa, lo stomaco a ribollirmi e i pugni a stringersi. Questa è la frase più frequente della mia vita.
Ho scelto di studiare Lettere Moderne quando avevo quattro anni e mia mamma preparava il concorso a cattedra. Ripeteva Boccaccio e io, come un pappagallo, facevo il verso: «Boccaccio!».
Certe attitudini le hai nel sangue, contaminano il tuo essere e sbocciano piano, mentre cresci e non capisci nulla di quello che dice la maestra di matematica. Ricordo ancora l’umiliazione per quella volta che scrissi un’oca senza apostrofo, avevo sei anni.
La maestra Carla me lo fece riscrivere per una pagina intera. Non ho mai più sbagliato. Ricordo di non aver mai provato la medesima indignazione verso me stessa per non saper fare le divisioni a due cifre. Ricordo quando andavamo al ristorante e mamma mi perdeva nel mezzo della sala, alla fine ero seduta a raccontare favole ai camerieri.
Certe cose le sai, così, quando arriva il momento di scegliere cosa frequenterai all’università, non hai dubbi.
Lettere Moderne, questa è la scelta.
“Perché non fai Giurisprudenza? Hai un’ottima parlantina. E Medicina? Se ti piace leggere puoi farlo nel tempo libero. Oppure potresti fare Lingue, sei portata.”
Insomma, tutto ma non Lettere.
Ci siamo passati un po’ tutti, cari compagni appassionati. Lo so, è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta. Alla fine abbiamo preso la nostra decisione tra uno screditare e l’altro. Parlo a voi, appassionati di tutte le università denigrate, parlo a noi, studenti di Lettere.
Sono quasi al termine della mia triennale e sono felice. Ho studiato tutto ciò che amo, ho dato l’anima e l’ho colorata di vita. Sono felice ragazzi, felice perché io sarò una scrittrice e un’insegnante e amerò sempre il mio mestiere, come generazioni di insegnanti hanno fatto già.
Noi siamo quella categoria che per i più lavora poco, che fa tre mesi di “vacanze” e non è necessaria all’istruzione vera. In proposito io vi dico che siamo i medici dell’umanistica, se per essere al livello degli altri dobbiamo essere etichettati con perifrasi scientifiche.
E non preoccuparti compagno ingegnere, compagno medico, io insegnerò a tuo figlio che è bello scegliere per vivere e non per soldi. Che i soldi aiutano, ma che la felicità è quello che ami, chi ami, restando con i piedi per terra. E se ami la medicina e l’ingegneria, intraprendi quel cammino, portalo a termine e renditi orgoglioso di te stesso.
In ogni settore troveremo persone incompetenti, non volenterose e stufe delle loro condizioni. Persone costrette a quel mestiere e persone ormai grigie. Il mondo è così, è vario, fortunatamente. Ci sono i professori, i medici, le maestre, i fruttivendoli e i pittori, tutti sono ingranaggi della società, tutti aiutano l’universo a funzionare e se tuo figlio un giorno vorrà scegliere Lettere Moderne perché sogna una vita fatta di battaglie con gli alunni, insegnamenti, grammatica e letteratura, tu non biasimarlo, hai un figlio sognatore.
Ed eccoci qui, fermi al centro della stanza a vedere la vita scorrere e no, non stiamo morendo, stiamo solo guardando al futuro.
Ho chiesto ai ragazzi che frequentano Lettere Moderne perché l’avessero scelta. Queste sono state alcune risposte. Sentite, simpatiche, amare, ironiche.
Personalmente ho scelto lettere perché le materie umanistiche mi hanno sempre affascinato. Al di là delle varie critiche alla facoltà, considerata poco produttiva dal punto di vista occupazionale, credo che studiando materie quali la letteratura, la filosofia, la filologia, la storia, si abbia la possibilità di comprendere meglio ciò che ci circonda ed interpretare molti comportamenti o azioni che apparentemente sembrerebbero privi di significato.
Le parole, la fonologia, la fonetica, permettono di partecipare attivamente ad una conversazione, avendo argomenti validi, con la possibilità di citare filosofi, pensatori, autori, che hanno fatto, e continuano a farlo, la storia linguistica e filosofica del mondo.
Ho scelto lettere perché amo l’amore che sgorga dalle parole del passato.
Francesca Gagliarde
Perché credo nell’importante ruolo dell’insegnamento, nel determinante ruolo che svolge nella crescita di ogni ragazzo. Credo nella forza della letteratura, della storia, della filosofia e di tutte le materie umanistiche, uniche in grado di fornire chiavi di lettura molteplici per leggere mondi lontani e vicini, in modo più consapevole e sviluppare una grande capacità critica.
Ho scelto lettere perché ho avuto sempre pessimi insegnanti ad eccezione di una che mi ha cambiata, ha sempre creduto in me e mi ha dato la forza di andare sempre avanti nelle sfide. Ho scelto lettere perché spero un giorno di diventare un’INSEGNANTE. Credo nel valore dell’insegnamento, al suo importante contributo nella formazione delle future generazioni pensanti e votanti. La strada sarà dura e lunga, ma io un giorno sono sicura che ce la farò.
Faccio mio ciò che scrive Massimo Ranieri sui cartelli dei suoi concerti: “Canto da quarant’anni…perché non so nuotare”.
Sono una persona estremamente eclettica. Amo tutto, quasi ogni branca del sapere e della conoscenza. Ho scelto lettere perché è una facoltà aperta, che permette di conoscere “tutto” lo scibile umano sotto la guida attenta dei grandi scrittori. La chiave del sapere è loro.
Perché siamo anticonformisti, seguire la massa non è nella nostra indole.
Ho scelto lettere perché amo i libri. Può sembrare banale ma per me non è così. Da bambina volevo fare la scrittrice e avevo anche scritto un racconto, col tempo ho scoperto nuove passioni e ho dimenticato questo sogno infantile, ma la passione per i libri mi ha sempre accompagnata.
Dopo un periodo di indecisione, con tutti che mi suggerivano di fare una facoltà che mi facesse lavorare, mi sono iscritta e, dopo averlo fatto, mi sono ricordata di quel racconto. Sto seguendo il sogno che inconsciamente ho sempre avuto, sto facendo una cosa che amo, in una città che amo e ogni volta che vado all’università sono davvero felice perché so che è il posto a cui appartengo.
Ho scelto lettere perché ho capito quanto il passato sia importante per il futuro e il mio futuro sarà quello di trasmettere tutto l’amore dei grandi scrittori alle future, complicate, generazioni.
Ho scelto lettere perché mi piacciono le cose attuali.
Ho scelto lettere perché la mia più grande passione è insegnare. Ho sempre amato ed amo il pensiero di essere in una classe e di trasmettere ai miei alunni quello che so e che mi appassiona, appassionandoli a loro volta.
In tanti mi hanno sconsigliato questa strada perché non mi porterà a lavorare mai, ma io non vedo altro nella mia vita e sono sempre andata avanti inseguendo il mio sogno. Penso proprio di essere uscita dalla pancia di mia mamma con un registro ed una penna in mano.
Per vedere l’espressione smarrita di coloro che mi chiedono: ‘cosa studi?’
Studio lettere perché un giorno è accaduto qualcosa nella mia vita felice che ha turbato il mio equilibrio. E allora mi sono guardata dentro e ho capito che mi ero annullata come persona e dovevo tornare in me facendo qualcosa per me, solo per me e ho deciso che il mio ego si sarebbe sentito appagato se mi fossi tuffata dove l’acqua é più blu: tra i libri; nella città che amo, Napoli, che avrei avuto l’occasione di vivere tante e tante volte.
Ho seguito con entusiasmo diversi corsi; sono quasi svenuta per l’ansia e l’emozione per molti degli esami sostenuti; ho conosciuto molti meravigliosi giovani colleghi; alcuni di loro si sono già laureati, io sono più lenta, ma ce la farò e continuerò. Gli studi umanistici aprono la mente e soprattutto il cuore!
Io ho scelto lettere moderne perché le parole, la loro storia, i loro suoni mi hanno sempre detto tanto di chi le ha scritte e le scrive.
Ho scelto lettere moderne perché è l’università più vicina alle pizzerie che amo.
Hai presente quando leggi una poesia in un periodo difficile e ti senti capita, compresa, sollevata? Lettere è questo: TROVARE LE PAROLE. Se si impara a scegliere quelle giuste la vita diventa un Tetris. Tutto si incastra meglio. Che poi il Tetris è un gioco che odio, inutile quasi quanto le parole, che restano tali. Ma se ci serve a reggere il peso di tutto il resto, il gioco vale sicuramente la candela.
Perché la cardarella pesa più dell’opera omnia di Ungaretti.
Ho scelto lettere perché il mondo della letteratura mi ha sempre appassionata, grazie anche alle insegnanti avute durante il mio percorso scolastico. Ma, soprattutto, l’ho scelta perché il mio sogno è sempre stato quello di insegnare l’Italiano: ancora mi ricordo quando, da piccola, chiesi in regalo una lavagna e dei gessetti bianchi, per poter insegnare ai miei pupazzi l’alfabeto.
Perché mi serve per il lavoro che voglio fare.
Perché credevo di saper scrivere e recitare. Adesso non credo neanche di saper più leggere…
Io sono come quella foglia – guarda –
sul nudo ramo, che un prodigio ancora
tiene attaccata.
Negami dunque. Non ne sia rattristata
la bella età che a un’ansia ti colora,
e per me a slanci infantili s’attarda.
Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce.
Morire è nulla; perderti è difficile. (U. Saba)
Mi chiedi perché ho scelto lettere? Ti ho risposto con una delle infinite motivazioni che avrei potuto darti.
Semplicemente per vocazione.
Ho scelto lettere perché, dai 13 anni, ho iniziato ad avvicinarmi al magico mondo della scrittura. A quei tempi leggevo le poesie di Jim Morrison, nella sua biografia c’erano riferimenti ad Huxley, Blake e Nietzsche e mi chiedevo “cosa diavolo sono lo spirito apollineo e quello dionisiaco?”.
Tutto quello che leggevo diventava il mio rifugio.
E poi, ciliegina sulla torta: durante il mio «cammino liceale» sono stata guidata da un professore d’italiano eccezionale che è stato anche un maestro di vita e mi ha fatto innamorare ancora di più di questo fantastico mondo.
Ci faceva ascoltare le poesie recitate da Gassman, accompagnate da melodie che ti entravano nel cuore e non ne uscivano più. Mi ricordo che l’anno scorso piansi quando ci fece ascoltare «La pioggia nel pineto» recitata da Herlitzka e accompagnata da Yann Tiersen. E poi, alla fine dell’anno scolastico, ci fece fare un tuffo nel mondo di Fenoglio, Vittorini, Pavese, Calvino e Pasolini. Sono contenta di aver completato il mio percorso in questo modo.
Sono orgogliosa di aver avuto un professore così, con una forza d’animo tale da riuscire a far appassionare un’alunna di ciò che insegna, tanto da essere un tassello fondamentale per la sua scelta universitaria.
Nessuno era d’accordo circa la mia scelta, tranne mia madre. Me ne sono sempre fregata di quello che mi hanno detto, perché ho deciso di seguire il mio cuore. Ora, incamminandomi verso il secondo anno, posso dire di essere felice di ciò che ho scelto. Lo rifarei non una, ma altre mille volte.
Perché voglio cambiare il modo di pensare delle persone.
Ho scelto lettere per inseguire la mia passione di una vita. Ho scelto lettere per vocazione, perché l’insegnamento è una vocazione. Ho scelto lettere perché spero di poter vedere nei miei alunni, un giorno, la stessa passione che c’era nei miei occhi, quando per la prima volta mi sono approcciata al mondo delle lettere.
Ammesso che ci sia una prima volta. Mi pare di non aver mai fatto altro nella vita se non percorrere questo cammino che mi ha portata qui, pagina dopo pagina. Spero di dimostrarmi all’altezza dei miei sogni.
Ho scelto lettere perché ricordo ancora, durante l’ultimo anno di liceo, la domanda che veniva fatta costantemente a noi 13 superstiti in quella classe: ”Quale facoltà hai scelto?” e ricordo perfettamente anche le risposte.
”Medicina!” ”Economia.” le più gettonate. Quando arrivava il mio turno, e pronunciavo il nome di quella facoltà, dovevo sorbirmi ogni volta la risatina del compagno seduto nell’angolo a destra, il solito commento negativo sul mio futuro lavorativo e anche il consiglio spassionato del professore che cercava di farmi cambiare idea.
Non cambiai idea, ma cambiai modo di rispondere. Quando arrivava il mio turno, rispondevo ”Non lo so”. Quel contesto in cui o ti iscrivevi a medicina/ingegneria oppure eri considerato un nullafacente, uno che in futuro avrebbe dormito sotto i ponti, mi portò addirittura ad avere vergogna della mia scelta.
Dopo due anni a lettere, di cui uno a lettere classiche e poi un altro a lettere moderne, non ho più vergogna di rispondere quando qualcuno mi chiede che facoltà frequento. Questo perché? Perché nella MIA facoltà ho conosciuto persone che ironizzano in primis sul nostro futuro, sulle facoltà delle merendine, sul McDonald’s e quant’altro, e qui ho capito che tutta questa gente ascolta tutti i giorni i ”consigli” degli altri, per non chiamarli sfottò, e risponde semplicemente con un sorriso o addirittura con autoironia.
Oggi, dopo due anni, ho imparato a non aver paura né vergogna di fare ciò che amo e ciò in cui mi sento davvero abile, ciò per cui penso di essere nata. E questo discorso, detto da me, figlia di una donna laureata in lettere che dopo 25 anni di lavoro in BANCA ha lasciato tutto perché era entrata di ruolo in una scuola pubblica, oggi, posso ripeterlo a tutti coloro che ridono quando rispondo ”Lettere” alla domanda ”Che facoltà frequenti?”. Ho scelto Lettere per essere in grado, oggi, dopo due anni, di ridere più di loro.
Foto di Pietro Damiano