Tito Lucrezio (non così) Caro
Tito Lucrezio Caro è una delle personalità artistiche più importanti della letteratura latina, eppure le notizie che abbiamo sulla sua persona e sulla sua vita sono scarsissime.
Questo perché Lucrezio era un poeta scomodo, per le sue idee e per la sua dottrina anticonformista, e per questa ragione si tentò a lungo di screditare la sua persona, soprattutto in ambito cristiano.
Per esempio, nel IV secolo d.C, San Gerolamo scrive nel suo Chronicon che “nel 94 a.C. nasce il poeta Tito Lucrezio Caro che diventato pazzo per un filtro amatorio e, dopo aver scritto alcuni libri nei momenti di lucidità, si uccise di mano propria all’età di 43 anni”.
Non possiamo essere certi di nessuna di queste notizie. È difficile pensare che un’opera complessa e articolata come il De rerum natura sia stata scritta in “brevi momenti di lucidità” e, inoltre, la pratica del suicidio è contraria alla dottrina filosofica da Lucrezio professava.
Ma cos’è che non piaceva ai cristiani della dottrina di Lucrezio?
Nel De rerum natura, Lucrezio riprende in gran parte le teorie del filosofo greco Epicuro, fondatore di una scuola chiamata appunto “epicureismo”.
La sua dottrina si basa sia sull’atomismo, ovvero sulla convinzione che tutto ciò che esiste è composto da atomi perennemente in movimento, che si aggregano e si disgregano, generando la vita, sia sull’eudemonismo, ovvero la convinzione che la felicità sia il principale scopo della vita dell’uomo.
Epicuro e, dopo di lui Lucrezio, si prefiggono lo scopo di diffondere una dottrina filosofica che possa aiutare gli uomini a raggiungere la felicità e la serenità interiore (in greco: ataraxìa).
Lucrezio però, non è un filosofo, ma un poeta.
Infatti, il De rerum natura è scritto in esametri e si apre con un tradizionale inno a Venere. L’impianto principalmente filosofico dell’opera non deve in nessun modo sminuirne il valore artistico.
E proprio attraverso magnifici versi, il poeta Lucrezio cerca di spiegare al lettore come riuscire a raggiungere la serenità.
Per farlo, il lettore deve imparare a liberarsi delle passioni e delle paure che rendono drammatica la sua esistenza.
Quali sono queste paure e come si possono superare?
Le più grandi paure dell’uomo sono la paura degli dèi e la paura della morte, e con argomentazioni lucide e razionali, espone i motivi per cui sono assolutamente infondate entrambe.
Non bisogna avere paura degli dèi perché non si interessano affatto a noi. Vivono nell’intermundia e sono completamente indifferenti a tutto quello che accade sulla terra. Eruzioni vulcaniche, nubifragi, terremoti, epidemie, non sono punizioni divine, ma hanno origine materiale: si verificano per l’aggregarsi e il disgregarsi di atomi. Gli dèi non c’entrano nulla. E se loro non si interessano di noi, perché noi dovremmo interessarci a loro?
E la morte? Secondo Lucrezio, anche la morte non è altro che una disgregazione di atomi. Non è né un bene né un male, perché con la nostra morte, cesseremo completamente di esistere e, non esistendo, niente di terribile potrà colpirci. Non c’è nessuna vita dopo la morte, e nessuna tortura o punizione per gli sbagli commessi.
Per essere felici, però, non dobbiamo liberarci solo delle nostre paure, ma anche delle passioni estreme, soprattutto dell’amore.
Il desiderio di fama, di gloria, di autoaffermazione da un lato e l’amore, il desiderio dell’altro, non fanno altro che creare in noi pulsioni che saranno perennemente insoddisfatte e che impediscono il raggiungimento della serenità dell’animo.
Per essere felici, dunque, bisogna stare lontani dalle forti passioni, “vivere nascosti”, ovvero vivere in disparte e cercare in sé la propria realizzazione.
Nadia Rosato