Il Califfo
di Pietro Damiano
Donne, eccessi, follia e talento: Franco Califano
È stato un poeta e un cantore di donne, di borgate e di libertà, un uomo che alla vita ha dato sempre del tu. Un artista di cui si sente quel maledetto vuoto che ha lasciato e, ci piace pensare, che quando se n’è andato l’ha fatto sorridendo e sussurrando… “Non escludo il ritorno”.
Sono passati già cinque anni dalla morte di Franco Califano. La sua è stata una vita al limite, tra eccessi, donne, follia e talento, divenendo un idolo per le vecchie e nuove generazioni. Per tutti era Il Califfo o Il Maestro.
Venuto dalle borgate, è stato il re delle cronache mondane per le sue frequentazioni galanti e ambigue. Ha rappresentato l’anima di Roma, scrivendo per altri e cantando lui stesso testi scritti con una straordinaria sensibilità, a dispetto del suo fascino da playboy. Ci ha lasciato il 30 marzo 2013, a causa di una lunga malattia.
Nonostante sia stato sempre accomunato a Roma, le sue origini erano campane. Era nato il 14 settembre 1938 in Libia, su un aereo, costringendo il pilota ad un atterraggio d’emergenza a Tripoli. Suo padre era di Pagani (SA), mentre sua madre di Nocera Inferiore (SA), paese dove si trasferirono e dove egli passò gli anni della sua fanciullezza, tra collegi e scuole ecclesiastiche.
Da grande avrebbe voluto fare il pompiere. Trasferitosi a Roma, dove fu subito inghiottito dai piaceri notturni della capitale, tentò d’inseguire il sogno del successo come interprete di fotoromanzi, spostandosi a Milano. Tornò a Roma e appena diciannovenne si sposò ed ebbe una figlia. Un matrimonio breve a causa dei sui tanti tradimenti.
Il suo talento artistico cercò di farsi strada attraverso la poesia, ma fu la musica a farlo emergere. Quando intraprese la carriera di autore, il successo non tardò ad arrivare con canzoni splendide come Minuetto (scritta con Dario Baldan Bembo), La nevicata del ’56 (scritta con Carla Vistarini), La musica è finita (scritta con Umberto Bindi e Nisa), Un grande amore e niente più, E la chiamano estate, Semo gente de borgata, e tante altre ancora.
Il suo stile di vita dissennato lo faceva passare da una storia d’amore all’altra e lo fece finire al centro di una serie di accuse per le quali venne arrestato per traffico di stupefacenti. Nel ’76, con Tutto il resto è noia (musica di Frank Del Giudice), arrivò anche il successo come cantante.
Il brano fu oggetto di studio nelle scuole. Divenne l’idolo delle nuove generazioni, intraprendendo anche la carriera cinematografica. Altri suoi successi furono La mia libertà, Io per le strade di quartiere (scritta con Toto Cutugno, Sanremo 1988), Napoli (Saremo 1994), Non escludo il ritorno, (scritta con Federico Zampaglione, Sanremo 2005), Un tempo piccolo.
Negli anni ’80 divenne produttore discografico lanciando cantanti come i Ricchi e Poveri, Donatella Rettore, Jo Chiarello e continuò a pubblicare dischi di successo. Nel 1984 tornò di nuovo in carcere per traffico di stupefacenti. Anche questa volta fu assolto dalle accuse per mancanza di prove.
Intraprese anche la strada dello scrittore, pubblicando Ti perdo – Diario di un uomo da strada, Sesso e sentimento e Calisutra – Storie di vita e casi dell’amore raccontati dal maestro e l’autobiografia Senza Manette, scritta a quattro mani con Pierluigi Diaco.
Quando il successo sembrava essere finito, negli anni 2000 grazie a Fiorello e ad una sua riuscitissima imitazione, ritornò sulla scena e, nonostante l’età, gli acciacchi e un grave incidente domestico, ritornò di nuovo in auge. È rimasto fino alla fine fedele al suo personaggio rispettando il suo pubblico. Tenne il suo ultimo concerto il 18 marzo 2013, pochi giorni prima di lasciarci.