The Social is Feminist, un’unica battaglia per più diritti
Ida è una ragazza come tante, che tra un esame e l’altro ha deciso di dare voce ai propri valori e principi fondando “The Social is Feminist”, profilo TikTok che conta più di 50k di follower!
Con profonda passione, Ida affronta questioni di spessore, esprimendo il suo punto di vista senza peli sulla lingua e, soprattutto, diffondendo una sana e corretta informazione.
Ho avuto il piacere di conoscerla e farle alcune domande.
Chi c’è dietro “The Social is Feminist”? Ti va di parlaci un po’ di te?
«Sono una studentessa universitaria di Roma e sto per laurearmi alla magistrale in Relazioni Internazionali. Tra poco farò 26 anni. Ho aperto la pagina The Social is Feminist senza pensarci troppo, per assecondare il desiderio di avere uno spazio mio in cui poter esprimere alcune idee, anche per avere un confronto su di esse. Alla fine, quando ho iniziato ad avere un po’ di seguito, ho pensato: perché non sfruttare la piattaforma non solo come spazio di espressione ma anche come piccolo spazio di divulgazione. Ho iniziato a fare contenuti di questo tipo, sia su Instagram che su TikTok. Non è sempre facile, ma credo che i social network e media siano uno strumento potente e che, per questa ragione, siano molto utili per fare sensibilizzazione e informazione. Ho imparato tanto anche io standoci sopra.»
Che cosa sono la quarta ondata femminista e il femminismo intersezionale?
«Le ondate femministe sono dei periodi in cui vengono divisi i decenni per analizzare il processo di evoluzione del femminismo (in realtà analizzando soltanto i movimenti dei paesi occidentali, quindi fornendo comunque una panoramica parziale). La quarta ondata è l’ultima, quella iniziata con il nuovo millennio e le sue rivoluzioni digitali, e ha ereditato la visione dell’intersezionalità già cominciata nella terza ondata. Prima, i diversi tipi di discriminazione che può subire una persona venivano considerati in maniera scissa, non si vedeva una convergenza tra razzismo, sessismo, omobitransfobia, classismo e così via. In poche parole, è un approccio multidimensionale che è stato adottato grazie al lavoro delle femministe nere, che negli anni passati venivano apertamente escluse da molti dibattiti a causa del “femminismo bianco”. L’intersezionalità ha permesso una grande apertura, le battaglie sono diventate più ampie e più inclusive: la lotta è per tutt* e di tutt*.»
Il movimento femminista ha ottenuto grandi successi nel corso dei decenni, ma quali sono le battaglie per cui è importante schierarsi oggi?
«Le battaglie femministe hanno sicuramente avuto dei grandi successi nel corso dei decenni, ma solo perché alcune lotte sono state vinte, non significa che non si debba lottare ancora. Le persone lo hanno visto con molta chiarezza con la sentenza Roe v. Wade negli Stati Uniti: anche se la battaglia per l’aborto era stata vinta, quella vittoria è stata ribaltata. Può avvenire sempre, per questo è importante non abbassare mai la guardia e non dare mai niente per certo o definitivo. Le battaglie per i diritti sono sempre attive: quando si raggiungono, bisogna poi difenderli, fare in modo che nessuno ci rimetta mano. Con l’arrivo della teoria intersezionale, oggi il femminismo cerca di abbracciare più cause sociali possibili, nessuna esclusa, senza dare una “scala di priorità” alle battaglie, ma affrontando tutte le possibili dinamiche di discriminazione che una persona può subire nella società di oggi. Se si lotta per la parità, allora ci si deve assicurare che sia parità per tutt*.»
Affrontare temi e questioni di spessore ti espone a critiche, commenti negativi e messaggi di odio: come gestisci tutto questo?
«I social danno voce a tutte le persone, anche a quelle che non si rendono conto di quanto le parole e gli atteggiamenti possano fare male. Stando sui social ho ricevuto critiche costruttive, che mi hanno aiutata anche a maturare, ma anche moltissimi messaggi di odio, a volte anche stitch con vera e propria violenza verbale. Era un aspetto che mi preoccupava quando la pagina ha cominciato a crescere, e ancora un po’ mi preoccupa. Ci sono stati dei momenti in cui ho sentito la necessità di allontanarmi dai social e staccare da tutto per qualche tempo, anche solo qualche giorno. Adesso non mi preoccupo più se cancellare o meno un commento o un messaggio: se contiene odio e se può avere effetti negativi sulla mia salute mentale, lo cancello. Stessa cosa per gli haters: prima di facevo remore, adesso ho imparato a bloccare se vengo insultata. Vorrei che i social fossero un luogo in cui stare bene, un safe space personale.»
Il futuro di “The Social is Feminist”: cosa dobbiamo aspettarci? Che progetti hai in mente?
«Per adesso, la laurea. Poi chissà, non ho mai avuto una “strategia” da seguire rispetto al futuro della pagina. Preferisco navigare a vista, scegliere i contenuti giorno per giorno, secondo i miei tempi. Potrebbe subire trasformazioni oppure restare con questo format.»
Maria Paola Buonomo
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