Giacomo Matteotti, l’ultima voce della resistenza antifascista
Giacomo Matteotti viene ricordato soprattutto in relazione al suo assassinio, avvenuto il 10 giugno 1924 per mano delle forze fasciste. È un evento di enorme importanza che viene fatto coincidere, nei libri di storia, con l’inizio della dittatura fascista. Mussolini si assunse pubblicamente la responsabilità dell’omicidio, mostrando così il vero volto del fascismo e del regime che intendeva instaurare.
Ma facciamo un passo indietro per capire chi era Giacomo Matteotti e perché Mussolini ci tenesse così tanto a eliminarlo dalla scena politica italiana.
Giacomo Matteotti nasce in un paesino chiamato Fratta, a qualche chilometro da Rovigo, il 22 maggio 1885.
I suoi genitori erano agiati proprietari terrieri e i gestori di un negozio all’interno del paese. A quei tempi, la provincia di Rovigo era una delle zone più disagiate dell’intera penisola. La popolazione era composta principalmente da contadini e braccianti che vivevano in condizioni di estrema povertà.
Questo ambente di degrado ha sicuramente influenzato la sensibilità politica di Giacomo Matteotti. Infatti, durante tutta la sua attività politica ha sempre curato gli interessi delle classi più povere. Per questa ragione, durante la sua carriera politica è stato spesso accusato di aver voltato le spalle alla propria classe sociale.
Si laureò in legge a Bologna nel 1907, con una tesi intitolata La recidiva, in cui affrontò il tema della reiterazione del crimine.
Interessato quindi, fin da giovanissimo, al diritto e alla politica, già nel 1910 era stato eletto nel consiglio provinciale di Rovigo e nel 1912 divenne sindaco di Villamarzana. In poco tempo, grazie alla passione e all’impegno che metteva nell’attività politica e all’irruenza delle sue idee, divenne il leader del movimento socialista polesano.
Quando scoppiò la Prima guerra mondiale, Matteotti assunse posizioni neutrali: era assolutamente contrario all’entrata in guerra dell’Italia. In questo, ovviamente, si opponeva nettamente alle posizioni di Benito Mussolini.
Successivamente all’entrata in guerra dell’Italia, fu costretto a prendere le armi e, dopo un breve periodo in cui fu congedato per problemi di salute, nel 1916 fu mandato in Sicilia, dove rimase fino al 1919, riprendendo gli studi sul diritto e pubblicando alcuni saggi.
Terminata la guerra, tornò immediatamente a dedicarsi all’attività politica. Nel 1922 divenne segretario del Partito Socialista Unitario, un partito che si era formato a destra del PSI. Nello stesso anno Matteotti pubblicò l’ “Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia”, in cui denunciò le violenze perpetrate dai fascisti ai danni di militanti e delle istituzioni socialiste.
Arriviamo quindi alla parte più tragica e, tristemente, la più conosciuta della sua storia.
Il 30 maggio 1924 Matteotti pronunciò, di fronte la Camera dei deputati, un discorso in cui denunciò con grande coraggio le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti per vincere le elezioni che si erano tenute il precedente 6 aprile.
Undici giorni dopo, Matteotti fu rapito e assassinato dai membri della polizia politica fascista, che zittirono così una delle ultime voci della resistenza antifascista.
Nadia Rosato