Il Vate e Amèlie Mazoyer
Chi non conosce la dissolutezza di Gabriele D’Annunzio?
Decantata dalle sue amanti e da egli stesso, il Vate era ed è ricordato come un grande amante e in quanto tale si è sempre circondato di donne passionali.
Le più famose agli occhi dei posteri restano quattro: Maria d’Hardouin, la moglie da cui d’Annunzio non ha mai divorziato; la cameriera Emilia, detta il Caporale, probabile responsabile della cocainomania in cui d’Annunzio era precipitato; Eleonora Duse, l’attrice regina delle donne dannunziane; la pianista Luisa Baccarà, detta Smikra, che lo accompagnò sino alla morte.
Pochi, però, conoscono la figura di Amélie Mazoyer, la giovane governante conosciuta in Francia, “la bruttina assai” come il poeta pescarese la definì.
Il Comandante (perché comandante della 1ª Squadriglia navale S.A. Reggenza italiana del Carnaro) l’aveva rinominata (sua la bizzarria di ribattezzare tutti quelli che conosceva, le amanti soprattutto ed alcune parti del corpo) Aélis – che suona come hélice, elica in francese – un modo ermetico, velato ma non troppo, per sottolineare la sua abilità nel sesso orale, come ci informa Giordano Bruno Guerri nel suo La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele D’Annunzio.
I due si conobbero durante il soggiorno francese di D’Annunzio del 1911, lei ventiquattro anni e lui quarantotto. La giovane venne portata al Vittoriale, la casa dannunziana a Gardone Riviera, sulla sponda bresciana del Lago di Garda, e qui divenne sua ancella, assistente delle sue attività erotiche, protagonista delle sue bramosie notturne e partecipante attiva e passiva dei suoi ménage a trois.
La timida francese in pochi anni divenne indispensabile per il Vate: selezionava le giovani, le agghindava e le profumava per gli incontri, dava loro consigli sul come comportarsi. Ma ciò che univa i due andava anche al di là del compiacimento sessuale: i due si confidavano, vi era complicità tra loro, lei era devota al suo amante e al “suo comandante” – così lei lo ha definito nel suo diario nel giorno della sua morte: “Sono entrata insieme a lei (Luisa Baccara) ed è stato solo per vedere nostro comandante steso sul letto: era tutto finito. Ho accarezzato le sue mani ancora tiepide”.
“La sera quando tutti furono a letto, mi regalò una bella vestaglia, dei guanti per massaggi, dei profumi. Tentai invano di fargli capire che volevo assolutamente evitare di essere sua. Mi disse: “non sapete che io sono un Dio e che tutti debbano obbedirmi? Non mi obbligate a salire per cercarvi”.
“Dopo una toilette forse meno accurata di quella che aveva imparato a farmi in seguito, non essendo abituata a tante raffinatezze, scesi da lui e dovetti cedere a ciò che non mi piace e non mi è mai piaciuto. Mi stupì la bellezza del suo corpo, bianco e delicato come quello di una donna”.
“La sua bocca ancora umida di quella dell’amica, che sentivamo farsi la toilette, si incollò alla mia. Fu quello il momento in cui accettai tutto ciò che avrei dovuto sopportare, con tanta sofferenza, per stargli accanto: tutto indovinare, tutto vedere, sentire “il grido terribile” poiché la mia camera era posta sopra la sua”.
Da La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele D’Annunzio
Ed è proprio la sua camera, il suo unico locus amoenus, il luogo dove lei piange, soffre e si dispera: il luogo a darle (s)conforto. Ed è negli ambienti della sua camera dove dà vita al suo diario: un reportage delle abitudini sessuali del poeta, le gelosie tra le sue donne e le loro “lingue lunghe”. “È come guardare – spiega Giordano Bruno Guerri all’ANSA – dal buco della serratura quello che accadeva al Vittoriale. (…) per un uomo davvero insaziabile”.
“Nessuno mi conosce per quel che sono. Tutti credono che il mio libertinaggio mi sminuisca, mentre esso mi serve ad avere ancor più sete della mia arte”.
Gabriele D’Annunzio a Amélie Mazoyer il 24 giugno 1929
Antonietta Della Femina