(Non proprio) Beati tra le donne: quel che non sapevi sugli eunuchi
Il termine “eunuco” rimanda subito all’immagine di un ragazzo gracile e delicato circondato da belle donne, eppure c’è molto altro da sapere su questa figura storicamente associata alle corti d’Oriente.
Benché la pratica di mutilare i genitali maschili sia spesso accostata agli harem di tradizione musulmana, l’usanza arrivò tardi agli islamici visto che il profeta Maometto aveva vietato la castrazione di uomini e animali.
Pare, piuttosto, che la pratica di evirazione sia nata nei territori imperiali cinesi circa cinquemila anni fa per affidare ai guardiani di templi e ginecei e ai maestri di cerimonie compiti di una certa importanza senza temere interazioni problematiche con il sesso opposto o futuri casi di nepotismo.
Dalla Cina l’usanza passò alla Persia solo intorno al 750 d.C, poi a tutti i territori conquistati dagli Arabi.
Arrivata prima in Occidente, forse tramite gli Ittiti, l’evirazione venne inizialmente adottata dai Romani per il culto di Cibele, dea della fecondità e della terra. Ai nuovi sacerdoti si richiedevano in sacrificio gli organi genitali, tagliati da loro stessi durante una cerimonia orgiastica sul finire di marzo.
Dal Sacro si sfociò nel Profano quando la pratica cominciò a essere usata per creare schiavi sessuali con fattezze femminili o bambinesche. Il valore di mercato di tali schiavi cambiava in base al tipo di mutilazione: non tutti gli eunuchi venivano castrati allo stesso modo, alcuni perdevano solo i testicoli, altri anche il pene, e un’enorme differenza era data dall’età in cui l’evirazione era avvenuta.
Un ragazzo castrato dopo la pubertà aveva comunque fattezze più “virili” e una muscolatura più forte che sarebbe tornata utile in caso di lavori pesanti, mentre uno mutilato in età prepuberale aveva tratti e movenze più delicate e “femminili” che sarebbero piaciute maggiormente in associazione con il sesso e la danza.
Con il tempo la pratica venne estesa anche alla musica per preservare le voci bianche dei ragazzetti non ancora sviluppati, visto che per secoli alle donne è stato vietato di esibirsi in pubblico, in chiesa come in teatro.
Con la castrazione prepuberale infatti si preservava una voce femminile che riusciva a tenere le note per un tempo maggiore, dato che il torace maschile è più ampio e capace di trattenere più aria.
Tra il XVII e il XVIII secolo furono evirati in Occidente migliaia di bambini. In Italia, l’evirazione fu bandita dalla Chiesa cattolica soltanto nel 1878. L’ultimo eunuco fu Alessandro Moreschi, membro del coro del Vaticano che si esibì nella Cappella Sistina fino al 1922.
Benché oggi l’evirazione sia una consuetudine vietata dalla legge, è ancora praticata in segretezza in alcune culture. Si vocifera, per esempio, che i seguaci della dea Bahuchara Mata, in India, vivano privi di qualunque traccia di virilità ed escano allo scoperto solo per celebrare riti di fortuna e prosperità in occasione di nascite e matrimoni.
Claudia Moschetti
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