Un cervello complicato
di Federica Auricchio
Avete mai digitato su Google cervello maschile? Se non lo avete mai fatto, vi consiglio di provarci. Cercando informazioni a riguardo noterete che tra i risultati troverete esclusivamente vignette in cui la parte predominante nell’organo umano maschile è occupata sempre dal sesso. Effettivamente il cervello dell’uomo è da sempre ritenuto molto più semplice rispetto a quello della donna.
Queste bizzarre vignette mi hanno portata in Provenza, precisamente presso Guglielmo IX d’Aquitania. Un trovatore dal carattere sintetizzabile nell’espressione: “due facce della stessa medaglia”. Perché in alcune canzoni utilizza tematiche cortesi (Leggi il nostro articolo: “L’eco delle canzoni occitane”) e poi, in altre, le stravolge.
La canzone del gatto rosso
Questa doppia faccia di Guglielmo possiamo vederla in Farai un vers, pos mi sonelh, meglio conosciuta come La canzone del gatto rosso. Questa poesia è dedicata ai companhos e quindi cantata ad un pubblico esclusivamente maschile, ovviamente, mica le femmine possono ascoltare certe cose? Per loro sono riservate solo frottole d’amore. Ma di cosa sto parlando? Lo scoprirete solo leggendo.
La canzone si apre innocuamente, con l’immagine del poeta che vaga assonnato sotto al sole e ci racconta una storia: un giorno incontrò le mogli di don Guarino e di don Bernardo che lo salutarono in modo riservato, ma lui non disse nulla, né but né ba ma solo Babariol, babariol, babarian, cioè solo parole sconnesse e senza senso. Le due donne, trovato pane per i loro denti, decisero di portarlo a casa. Una lo prese sotto il mantello e lo portò in una stanza.
Ecco un elemento della lirica cortese: il mantello, segno di protezione che qui però è fatto oggetto di banalizzazione, visto che l’azione si muove su un piano basso, tra poco scoprirete il perché.
Il poeta poi ci racconta che le donne gli servirono del cibo e notò una cosa strana: non c’erano né cuoco né serviente in casa, erano da soli (chissà come mai). Le sorelle, pensando che facesse finta di esser muto, decisero di metterlo alla prova. Presero il loro gatto rosso, una brutta bestia grande con lunghi baffi, tanto orribile che per poco, il poeta, non perse la forza e il coraggio (che te ne fai di Dante e le tre fiere).
Dopo aver bevuto e mangiato, lo fecero spogliare e gli portarono il gatto da dietro, una lo tirò dal fianco fino al tallone e gli strinse la coda così che il gatto infastidito iniziò a graffiarlo, facendogli più di cento ferite. Il poeta però non batté ciglio, rispettando la figura del poeta mutz, sopportando ogni problema e superando la prova, proprio come farebbe un perfetto amante.
Qui però l’intenzione è ben diversa, Guglielmo lo fa per trarne vantaggio e nelle ultime strofe ci rivela la ricompensa, penso che tutti abbiate capito di cosa si tratti, un uomo farebbe tutto questo per una sola cosa e non si tratta di certo delle patate fritte (oddio, le patate c’entrano, ma non certo quelle fritte).
Ci dice infatti che le donne lo ospitarono da loro per ben otto giorni e che: “Tante volte le fottei come sentirete: 188 volte, che per poco non ruppi le mie cinghie e i finimenti; e non vi posso dire le sofferenze, tanto grandi me ne vennero” (un vero stallone, vero?).
In conclusione alla storia, Guglielmo raccomanda al suo giullare, Monet, di portare la sua canzone alle donne e dire loro che uccidano il gatto. Eh no, il nostro poeta non si accontenta, vuole prendersi gioco di tutti gli elementi cortesi e non poteva mancare il celar, la discrezione, una delle principali virtù del perfetto amatore.
Ha superato così brillantemente la prova del tacere ma poi si è perso alla fine, dopo aver soddisfatto i suoi bisogni, diserta la legge del silenzio: sia raccontando tutti i dettagli della vicenda sia perché delle due dame ci dà nome, cognome e indirizzo.
Questa poesia non è la sola in cui Guglielmo tratta dell’amore carnale, ce ne sono altre quattro come Ben vueill que sapchon li pluzor, in cui il gap (vanto) sull’abilità poetica slitta in quello delle capacità sessuali.
Questo complicato mondo maschile
La frase “era meglio prima” recitata dalle nostre nonne non è poi così veritiera, gli uomini, oggi come allora, pensano solo ad una cosa.
“Gli uomini non cambiano prima parlano d’amore e poi ti lasciano da sola. Gli uomini ti cambiano e tu piangi mille notti di perché. Invece, gli uomini, ti uccidono e con gli amici vanno a ridere di te…” cantava Mia Martini qualche anno fa e come si fa a non rivedere Guglielmo in queste strofe?
Che prima scrive canzoni d’amore e poi deride le stesse con i suoi companhos? E come non collegare tutto questo alle tante volte che, nei bagni della scuola, abbiamo sentito dire dalle nostre compagne: “Gli uomini pensano solo al sesso”.
Luoghi comuni, sicuramente, ma non solo, ci sono vari studi che hanno provato a confermare o confutare questa tesi. Un esempio ne è il libro The Male Brain di Louann Brizendine, in cui, la neuropsichiatra svela i segreti dell’organo maschile.
Ci spiega che, nel cervello maschile, lo spazio dedicato all’impulso sessuale è due volte e mezzo maggiore rispetto a quello delle donne. Ma questo non ci deve far essere categorici, non bisogna far di tutta l’erba un fascio, alla fine la questione cambia da uomo a uomo, dalle circostanze e anche dall’età.
Infatti sempre la Brizendine ci dice che il cervello maschile, dall’infanzia alla vecchiaia, subisce dei cambiamenti. Per esempio quello adolescente, inondato di testosterone, è molto diverso da quello di un neo-papà, addolcito dagli ormoni femminili. Quindi non è solo una questione di carattere sociale ma anche di carattere genetico ad influire nella nostra quotidianità.
Ora basta, non voglio dilungarmi, non ne sarei capace, di scientifico ho fatto solo il liceo. Quello su cui voglio andare a parare è che, a distanza di anni, molte tematiche sono ancora attuali. Gli anni passano ma la musica non cambia, in qualunque argomento noi ci andiamo a tuffare potremo sempre trovare qualcosa che ci rispecchi e ci faccia pensare alle analogie e alle differenze che ci sono nello scorrere degli anni.
Il passato è attaccato alle nostre spalle ed è strettamente collegato al futuro. Guardando le nostre radici resto affascinata come una bambina ad uno spettacolo di magia e, come un mago, vorrei catturare la vostra attenzione e, tra mille bollicine, farvi sognare.
disegno di Giuseppe Francione