“Dacia Maraini presenta Meridiano Maraini”: a tu per tu con l’autrice
Al Campania Libri Festival, in occasione del premio Elsa Morante, si è tenuto l’incontro con Dacia Maraini.
Occasione che ci porta a scavare meglio tra le righe che compongono i suoi scritti, cercando di comprendere la sua interiorità basandoci su una componente autobiografica, oltre che ideologica.
La scrittrice e saggista italiana Dacia Maraini, commossa ed emozionata, esordisce al pubblico del Teatro Politeama di Napoli, con una dichiarazione (da cui possiamo già riconoscere il suo valore personale): preferisce guadagnarsi la stima delle persone anziché la fama, in quanto quest’ultima è diventata facile da raggiungere, soprattutto con l’influsso dei social, e l’oggetto di fama dipende molto anche dalle tendenze o per fatti di cronaca.
Mentre, la stima, dice la scrittrice: “è una cosa profondissima che riguarda il comportamento, le idee, i valori, la fedeltà a questi valori che una persona in questi anni dimostra. Quindi la fama non va dimostrata, c’è e basta, mentre la stima va dimostrata.”
Nell’occasione del premio Elsa Morante, si presenta il suo Meridiano Mondadori che è un vero e proprio monumento, l’oscar della letteratura in Italia, è uno dei più importanti riconoscimenti che l’editoria può fare ad un autore.
In virtù di ciò, alla domanda che le viene posta in merito a cosa significasse per lei il Meridiano Maraini, la scrittrice risponde che si tratta, appunto di un atto di stima. Non ha perso l’occasione di esprimere la sua opinione a riguardo della bassissima percentuale di donne (5%) che colpisce questo “museo che abbraccia i grandi autori”, lo definisce, facendo riferimento anche alle antologie delle scuole su cui la Maraini ha condotto delle ricerche arrivando a sostenere che ci sia ancora discriminazione sulle donne avendo una percentuale anche in quell’ambito altrettanto bassa.
In tutto questo si trapela un certo dispiacere causato dalla mancata stima e considerazione a cui le donne talvolta vengono sottoposte; dall’altro con speranza la Maraini sottolinea che lei è riuscita a sfuggire da questa discriminazione dedicando tutta la sua vita alla scrittura e lavorandoci arduamente, e che quindi, forse, qualcosa è passato.
Da questa sua parentesi le viene posta una domanda, rimanendo nell’argomento: “Considerata un po’ la crisi della politica e dei programmi dei partiti, quanto deve essere rivalutata l’opera della scuola?”.
Maraini si è sin da sempre recata nelle scuole, e per questo, si ritiene possente di una certa esperienza. Dopo tanti anni di riflessioni, è arrivata alla conclusione secondo cui la scuola è un’istituzione che non funziona perché trascurata e considerata un’azienda, in cui l’antico preside che incarnava la figura di un uomo di cultura e stimabile lettore, si è trasformato in dirigente e sull’aspetto linguistico di questa parola che la scrittrice dice: “Possiamo già intuire il ruolo della scuola, quello di essere un’azienda che deve produrre. Io penso che questa sia una deformazione mostruosa, perché la scuola non deve produrre bensì formare il cittadino responsabile, avvalso di valori e non soltanto di informazioni”.
Dacia Maraini è la scrittrice candidata al Nobel da diversi anni. Il Nobel dipende dalle contingenze anche politiche, cioè dall’attenzione che le politiche internazionali danno ad un paese. Quindi, avere il Nobel per la Maraini è come averlo per un’Italia che crea.
Leggendo il Meridiano Maraini ripercorriamo la vita della scrittrice, visto che in esso è contenuto: “L’età del malessere” che è il romanzo con cui ha conosciuto Alberto Moravia, “Bagheria” in cui narra della sua Sicilia delle origini, “Marianna Ucrìa” che è il suo successo; dunque, sono stati accorpati i romanzi che raccontano il suo percorso, la sua vita, la sua penna e le sue idee.
“Come tracci la tua vita attraverso questi romanzi?” le viene chiesto e l’autrice spiega che alcuni libri, come “Bagheria” sono direttamente autobiografici, gli altri invece sono dei romanzi contenenti personaggi in cui l’autrice si proietta. La stessa Elsa Morante, grande scrittrice, come ricorda la Maraini, si proietta nei suoi personaggi perché è un tratto tipico degli scrittori. In ogni personaggio c’è un po’ di sé.
Infatti, Dacia Maraini dice: “Quando scrivo un personaggio metto qualcosa di mio ma si tratta, comunque, di un personaggio”, e riporta l’esempio del personaggio di Marianna Ucrìa, che le è nata dalla visione di un quadro in cui è ritratta una donna del ‘700 dall’apparenza quasi cerimoniale.
Notò nel suo sguardo del dolore che l’ha scossa perché si evidenziò un grande contrasto tra la sua apparenza, fatta di parrucche con fiori, tipiche settecentesche e la sua sostanza. Chiedendo di chi si trattasse, le hanno detto che era una donna sordomuta e per questo aveva quello sguardo disperato.
Tra l’altro, quando si chiede all’autrice come nascono i suoi personaggi, lei risponde con una metafora: “Il personaggio deve bussare alla mia porta. Stando ad un’ottica un po’ pirandelliana, io apro la porta, offro un caffè e dei biscotti, poi il personaggio racconta la sua storia e se ne va. Quando il personaggio dopo aver preso il caffè e i biscotti mi chiede una cena, un letto per dormire, vuol dire che sta lì e che vuole essere raccontato.”
Nel momento in cui lei si dedica alla scrittura va in ritiro spirituale. Visto che si tratta di una scrittrice in erba, autrice di tanti romanzi appartenenti a fasi diverse della società, gli intervistatori le pongono una domanda: “Questi personaggi che bussano alla tua porta seguono in un certo modo questi cambiamenti o si stanziano lì, in una sorta di limbo che non li sfiora?”.
Secondo la Maraini, i cambiamenti sono importantissimi. Non entrano nei romanzi in maniera ideologica né in maniera descrittiva, poiché il romanzo possiede delle strade un po’ più tortuose, nel senso che il narratore pur raccontando una storia lontana, ci mette qualcosa che riguarda il presente. Questo è tipico della narrativa, non c’è in altre arti.
“La narrativa è questa: pescare qualcosa che riguarda la storia dell’umanità e che prescinde dalla moda, intesa come realtà immediata a cui la gente risponde”, risponde la scrittrice.
Dacia Maraini è stata una donna che ha amato ed è stata amata, ci chiediamo quanta influenza avessero avuto gli uomini della sua vita nelle sue creazioni.
In merito alla scrittura lei ha una sua concezione, quella di ritenerla un tragitto esclusivamente personale. Tra l’altro, secondo lei, la scrittura si configura come una struttura musicale, e lo scrittore è riconoscibile nella sua personalità, riscontrata nello stile che è a sua volta un vero e proprio progetto musicale. Quindi ciò che lo rende unico non è soltanto la vicenda che narra.
“I grandi scrittori hanno uno stile proprio, lo stile è unico, differentemente dalle storie che appartengono a tutti”, aggiunge Dacia.
Quello che comunica le emozioni è il progetto musicale, cioè questo rapporto profondo con la materia che è un fatto fisico vero e proprio, per cui ogni persona ha una tale sua identità che non può essere modificata.
La paragona, così, all’impronta digitale: in un pollice c’è tutta la vita di una persona che rende unico ciascun uomo da un altro. L’identità in una scrittura c’è dentro un pollice, dentro ad uno stile ed ogni stile è diverso dagli altri.
Ritiene di fondamentale importanza la lettura perché non si può scrivere se non si legge, sarebbe paragonabile alla volontà di comporre musica senza conoscere Mozart. Starci dentro è la base da cui si deve sviluppare una musica propria, una capacità ritmica appartenenti a sé stessi e a nessun’altro.
“Questo è secondo me il vero scrittore”, termina l’autrice.
Infatti, lei è una lettrice accanita. Leggere è un atto di grande umiltà a cui la scrittrice non si sottrae, sebbene le arrivassero tanti libri in occasione del premio Elsa Morante, la cui importanza è deducibile dall’intelligenza e nobiltà di pensiero della sua presidentessa: Dacia Maraini.
Alessandra Lima
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