Memento mori in una notte agli scavi
Memento mori è un’antica locuzione latina che si traduce con «ricordati che devi morire».
Quando una civiltà collassa e viene spazzata via, cosa di tutto ciò resiste all’oblio?
Cosa accadrà quando quello che conosciamo tornerà alla cenere, e con esso noi?
Forse se lo saranno chiesti anche i fantasmi che ora abitano questi stanzoni tra la pietra di un rossastro sbiadito, gli stessi che una volta premevano il passo sui mosaici colorati e le mani sull’oro freddo. Sembra quasi di risentirli nel silenzio, come fossimo noi gli intrusi che ti entrano in casa nel cuore della notte destando il sonno di uomini ordinari.
Dove prima i corpi giovani proiettavano ombre sulle pareti ora ci sono le crepe del tempo, dove le voci brulicavano ora friniscono i grilli nella notte.
Nulla vi è di temibile nella vita per chi nulla teme nel non vivere più, diceva Epicuro nelle sue lettere: il problema non è il fatto del morire, ma la paura della morte.
Case consumate e distrutte, vite e amori stroncati, il terrore di essere dimenticati per sempre e di dover dire: «era tutto qui?».
Foto di Giovanni Allocca