La nascita del meretricio: le origini del “lavoro più vecchio del mondo”
Ronald Reagan, 40esimo presidenti degli USA, parlava della politica come del 2° lavoro più vecchio del mondo, del lavoro che più di altri era simile al suo precedente: il meretricio, la prostituzione.
Ma quanto c’è di vero in questa affermazione? Lo scopriremo insieme facendo un piccolo viaggio con la nostra macchina del tempo.
Tra le nostre antenate scimmie, lo scimpanzé è quella più simile all’uomo: ce lo conferma lo studio condotto nel Taï National Park, in Costa d’Avorio, da Cristina M. Gomes e Christophe Boesch del Max-Planck-Institut tedesco per l’antropologia evolutiva: i due ricercatori hanno infatti dimostrato l’abitudine di questi animali di barattare sesso in cambio di cibo.
Le prime forme di “prostituzione” nacquero con l’avvenire della proprietà privata e dell’eredità: la donna cominciò ad essere genitrice con il compito specifico di garantire una paternità certa. Le esigenze sessuali degli scapoli e l’esubero dei coniugati divennero così di competenza quasi esclusiva delle prostitute.
Le “case di tolleranza” nacquero a seguito della riforma di Atene del VI secolo a.C., con Solone. La cultura greca prevedeva due volti per la vita sessuale dei suoi cittadini: uno privato, il quale ruotava attorno alla figura delle donne, un altro pubblico che si incentrava sulla figura dei ragazzi (badiamo bene, l’età era importante).
Accanto alla figura dell’etèra greca (che non possedeva alcuna caratteristica della prostituta di basso rango), sorse la meretrix romana. Lo status sociale rendeva diversa ogni singola esperienza e se gli aristocratici avevano le proprie donne e i propri “bambini” (era altresì diffusa la prostituzione infantile; fu vietata con un editto attorno alla fine del I sec. d.C. dall’imperatore Domiziano) presso la propria domus, i più si recavano presso i lupanari, presso le osterie, le taverne, le Terme o i bagni pubblici.
«Nessuno ti impedisce di andare dai prosseneti (mezzani)», esclama un personaggio di Plauto, commediografo romano «a patto che tu non tocchi una donna sposata, una vedova, una vergine, una giovane o dei fanciulli di nascita libera, ama chi vuoi».
Alti e bassi con il susseguirsi di re ed imperatori, fin quando le giovani donne non cominciarono ad essere nomadi: seguivano fiere, mercati, pellegrinaggi, concili ed eserciti… anche quelli crociati. Luigi IX di Francia, conosciuto semplicemente come San Luigi, Luigi il Santo o San Luigi dei Francesi, proibì ai suoi soldati di portar donne con sé, e loro “rimediarono” con schiave musulmane (“è facile essere coraggiosi a distanza di sicurezza”, come diceva Esopo ne La volpe e l’uva).
Cortigiane, meretrices honestae, donne raffinate e acculturate, donne potenti, forti, che avevano nelle loro mani le sorti di interi stati.
In Italia, complice la presenza onnisciente della Chiesa, si è sempre continuato ad “esercitare” talvolta alla luce del sole, talvolta nascondendosi, ma coloro le quali/i quali (coloro * qual*) esercitavano seguendo il Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione avevano tasse da pagare e avevano diritto a periodici, anche settimanali, controlli medici.
Durante il fascismo i giovanotti in camicia nera avevano una parola a cui tenere fede: virilità. Non potevano battere la fiacca nemmeno sotto le lenzuola e per assicurare esperienza per sé e da trasmettere ai giovani militari per accedere al mestiere il regime richiedeva alle donne un tirocinio.
In Italia, dopo le vicine Francia e Germania, il 4 marzo 1958 vennero abolite le case chiuse, dopo ben 10 anni dalla presentazione della legge da parte della senatrice Lina Merlin.
Una giovane donna, ospite e schiava di una casa chiusa di Trento scriveva nel 1934 sulle pagine del suo diario.
«Se tutte le madri allevassero con la giusta educazione i propri figli nel rispetto di se stessi e degli altri.
Se tutte le mogli amministrassero l’intimità del matrimonio come fanno per il salario del proprio marito.
Se tutti i padri si preoccupassero di dare sempre il buon esempio, oltre che portare a casa il pane, il nostro lavoro di prostitute non avrebbe più nessun senso di esistere, perché saremmo tutte disoccupate».
Una testimonianza da brividi…e c’è ancora gente che ha il coraggio di intervenire dicendo “ma è un lavoro come un altro”, non curante del fatto che il lavoro è libero quando lo si sceglie e non quando lo si è costretti a fare.
Agli interessati all’argomento consiglio la lettura di Le Lupe di Pompei di Elodie Harper, un racconto di resistenza umana e femminile, di grida, lacrime, di libertà negata, persa o mai avuta.
Nel 2022 finalmente si dà voce alle donne ai margini dei marciapiedi e della storia.
Antonietta Della Femina
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